Henry Woodward (1714-1777)

Henry Woodward (1714-1777)

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Henry Woodward nacque a Londra il 2 ottobre 1717, figlio del proprietario di un negozio di saponi. Dopo un apprendistato presso l’attività del padre, fu educato alla Merchant Taylor’s School di Londra, distinguendosi già allora per il suo acuto ingegno. Ancora giovanissimo, nel 1730, fece la sua prima apparizione al Covent Garden Theatre, come allievo di John Rich. Non è chiaro in che modo fosse riuscito a prendere contatto con questi, fatto sta che nella sua troupe ricoprì innanzitutto i ruoli del Beggar, di Filch e di Ben Budge, tutti nell’ambito di The Beggar’s Opera di John Gay.

Da quell’anno restò per sei stagioni come apprendista al Goodman’s Fields Theatre di Henry Giffard, inframmezzando tale lavoro con sessioni estive in varie fiere e con performance occasionali all’Haymarket Theatre. Nella compagnia di Giffard, Woodward esplorò buona parte del repertorio allora disponibile per gli attori più giovani, interpretando ad esempio Dolbain nel Macbeth, Telemachus nella Penelope di Thomas Cooke e John Mottley, per arrivare a Roderigo nell’Otello ed Osric nell’Amleto, intorno al 1735-6. Si diede nel frattempo anche alla pantomima, specie nel personaggio di Arlecchino, a cui era stato instradato già da Rich e con il quale ottenne particolare successo. Lavorare in due ambiti diversi gli garantiva anche un raddoppio della paga, cosicché una stabile situazione finanziaria andava accompagnando una reputazione sempre più solida, soprattutto in ambito comico e pantomimico. Inoltre, quando nel 1731 si era cimentato nella stesura di un prologo per sé stesso, aveva dimostrato abilità anche in ambito drammaturgico. Abilità che continuerà ad esercitare attraverso pezzi di satira, solitamente rivolti contro il cattivo gusto dominante tra i suoi contemporanei in ambito teatrale.

Dopo un matrimonio con una donna di spettacolo avvenuto presumibilmente attorno al 1734, nel 1737 Woodward si unì al Drury Lane. Le quattro stagioni che vi trascorse furono inizialmente segnate dalla rivalità con l’Arlecchino tradizionale del Drury Lane, William Philips, situazione che tuttavia si concluse con l’abbandono di quest’ultimo nel ’39. In queste quattro stagioni Woodward estese notevolmente il suo repertorio, cimentandosi in circa cinquantacinque nuovi ruoli, di cui dieci erano versioni del personaggio di Arlecchino. Tra le più importanti delle sue parti di questo periodo vi furono: Witwoud in The Way of the Word di Congreve, Jeremy in Love for Love di Congreve, Sir Amorous La Foole in Epicoene di Ben Jonson, Kastril in The Alchemist di ben Jonson, Sparkish in The Country Wife di William Wycherley, Sir Joseph Wittol in The Old Bachelor di Congreve ed i personaggi shakespeariani di Pistol, Silvius e Sir Andrew Aguecheeck. La gamma si estende dalla commedia elevata alla farsa, dalla Comedy of Manners al genere pastorale. I ruoli tragici furono tendenzialmente pochi e, fatta eccezione per la parte di Ottavio nel Julius Caesar, per lo più caricaturali (come ad esempio il Poeta nel Timon of Athens) o carichi di un certo realismo mondano (come il First Citizen nel Julius Caesar).

Nel 1741, Woodward si stabilì al Covent Garden, dove rimase per ben sei stagioni. Il vasto repertorio di questo teatro gli permise di esercitare molto le sue abilità comiche con l’aggiunta di quarantasei nuovi ruoli. La sua reputazione rese possibili grossi tour estivi nelle province, specie nelle zone meridionali (Bristol, Surrey e così via). Sicuramente degna di nota fu la varietà dei personaggi interpretati: innanzitutto gli shakespeariani Touchstone, Parolles, Guiderius e Lucio, ma anche Dashwell in The London Cuckolds di Edward Ravenscroft, Young Bellair in The Man of Mode di George Etherege, Flash in Miss in her Teens di David Garrick e molti altri. Nel 1747, durante una pausa di un anno, Woodward si esibì nell’ambito del monologo satirico (di cui si era fatto, oltre che interprete, anche autore) presso lo Smock Alley Theatre di Dublino, per invito di Thomas Sheridan, il cui scopo era quello di superare e ridicolizzare i famosi monologhi realizzati da Samuel Foote, presso il teatro rivale di Capel Street. La competizione tra i due durò per anni, anche dopo il ritorno di Woodward a Londra.

Nel 1748, Woodward inaugurò una nuova collaborazione con Garrick al Drury Lane, dove rimase per una decina di anni, trionfando quasi immediatamente con un’interpretazione di Mercutio unanimemente riconosciuta come magistrale. Dopo vari successi minori nell’ambito della commedia johnsoniana, toccò nuovamente le vette col personaggio di Bobadil in Every Man in his Humour nel 1751-2, e poi con quello di Petruchio nella riscrittura di Garrick di The Taming of the Shrew nel ‘56. Sorprendentemente, enorme successo gli derivò anche dall’interpretazione di Polonius, che gli dette la possibilità di approfondire le vene di humor nero offerte dal personaggio.

Nel 1749 si riaccese la competizione con Foote quando questi iniziò a mettere in scena imitazioni di Garrick e Woodward presso l’Haymarket Theatre. Woodward rispose dapprima inserendo allusioni caustiche sul suo conto in alcuni suoi spettacoli, poi riproponendo al pubblico, con grande successo, la satira su Foote che aveva composto quando era in Irlanda. In un’occasione il conflitto si fece particolarmente acceso: mentre Woodward stava scimmiottando il rivale sul palco, tra il pubblico, formato prevalentemente da sostenitori di Foote, scoppiò un tumulto così violento che la stessa struttura del teatro ne fu minacciata. Una situazione simile ebbe nuovamente luogo nel 1752, ma successivamente le cose si ricomposero.

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Nel 1758, probabilmente anche sulla scia del successo che aveva sempre riscosso in Irlanda, Woodward si unì (nonostante i tentativi di dissuasione da parte di sua moglie e di Garrick) al progetto di Spranger Barry di aprire a Dublino il Crow Street Theatre affinché rivaleggiasse con lo Smock Alley. Il nuovo teatro inevitabilmente fallì per mancanza di un pubblico dublinese tanto ampio da sostenere due teatri. Si spostarono dunque a Cork, dove tentarono di aprire un altro teatro, ma anche questa seconda iniziativa fallì, tanto che nel 1762 la partnership fra i due poté dirsi conclusa, lasciando notevolmente intaccati i risparmi di Woodward.

Ritornato a Londra, Woodward fu subito ingaggiato dal Covent Garden, dove rimase stabilmente per otto stagioni. I nuovi ruoli interpretati da Woodward salirono a ventidue, ed eccelse particolarmente in quelli di Captain Ironsides in The Brothers di Richard Cumberland, e di Ogleby in The Clandestine Marriage di Garrick e George Colman Sr. Nel frattempo, riprese anche il filone arlecchinesco con Harlequin’s Jubilee nel 1769-70, ma alcune divergenze con le nuove linee manageriali del Covent Garden lo portarono per un periodo (1770-1) ad unire le forze con il suo storico rivale, Foote, prima ad Edimburgo poi all’Haymarket Theatre. Successivamente tornò al Covent Garden, dove restò fino alla morte, avvenuta nel 1777. Dei nove nuovi ruoli che interpretò durante quest’ultima fase, brillò in particolare in quello di Captain Absolute in The Rivals di Richard Brinsley Sheridan e in quello di Jodelett nella sua stessa riscrittura di The Man’s the Master di William Davenant. La sua ultima performance fu invece nei panni di Stephano in The Tempest. Morì probabilmente di disfunzione renale il 17 aprile 1777, accudito dall’attrice George Anne Bellamy, che era diventata sua compagna dopo la morte della moglie, avvenuta oltre dieci anni prima.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view   Richard Allen Cave, “Woodward, Henry (1714–1777)”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; [Ultima Consultazione 09/01/2020]

John Walker (1732-1807)

John Walker (1732-1807)
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John Walker – ritratto – National Portrait Gallery

John Walker nacque a Colney Hatch, nel Middlesex, il 18 marzo 1732. Non si hanno informazioni su suo padre, se non che morì quando John era ancora bambino, mentre della madre si è a conoscenza del fatto che fosse originaria di Nottingham e di famiglia dissenter. John divenne attore all’età di diciassette anni, subito dopo la morte della madre, e mosse i primi passi nell’ambiente teatrale unendosi ad una serie di compagnie di provincia, l’ultima delle quali aveva sede a Gloucester. Invece, tra le sue collaborazioni successive, poté vantare quella con David Garrick, che raggiunse al Drury Lane nel 1757. Qui ebbe inizialmente parti minori, come quella di Angus nel Macbeth, ma gli furono poi affidati ruoli tragici abbastanza centrali e alcune parti più serie all’interno di commedie.

Nel maggio 1758 Walker sposò Miss Sybilla Minors, una nota attrice comica del Drury Lane. Poco dopo il matrimonio furono ingaggiati entrambi da Spranger Barry ed Henry Woodward per unirsi al Crow Street Theatre di Dublino. Qui iniziò una lunga stagione lavorativa per Walker, che assunse molti dei personaggi che erano stati di Mossop quando quest’ultimo si era trasferito allo Smock Alley. Contemporaneamente si esibì a Bristol nelle stagioni estive.

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John Walker – ritratto – National Portrait Gallery

Nel giugno 1762 fece ritorno a Londra, dove lui e sua moglie si unirono alla compagnia di Beard al Covent Garden. La sua prima apparizione sul palco risale al 25 ottobre di quell’anno nei panni di Downright in Every Man in his Humour di ben Jonson, che si contende il titolo di ‘miglior performance’ con quelle di Cato e Brutus nel Julius Caesar.

Walker lasciò il Covent Garden nel 1767 e, dopo un soggiorno di un anno a Dublino e un’ultima stagione estiva a Bristol, abbandonò definitivamente il palco nel 1768 per intraprendere la carriera accademica. Dopo aver trascorso qualche anno nel ruolo di direttore di una scuola a Kensington, iniziò ad insegnare retorica e continuò questa professione per tutto il resto della sua vita. Nel 1775 pubblicò un Rhyming Dictionary che ebbe un successo tale da essere immediatamente ristampato, e, nel 1791, un Critical Pronouncing Dictionary che ebbe una risonanza ancora maggiore del precedente ed ottenne quasi quaranta ristampe. Walker fu nel frattempo anche amico di alcuni dei maggiori esponenti della letteratura dell’epoca, tra cui Johnson e Burke.

Morì a Londra il 1 agosto 1807. Nonostante avesse raggiunto un certo livello di fama come attore, fu riconosciuto come “though a judicious and correct, he was far from a perfect actor. His gesture was ungraceful and … his enunciation monotonous” (The Athenaeum, 1808).

Bibliografia

http://www.oxforddnb.com/view/article/28499?docPos=8 Joan C. Beal, ‘Walker, John (1732–1807)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004. [Ultima consultazione il 15/04/2016].

Charles Mathews (1776-1835)

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Charles Mathews (1776-1835)

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Charles Mathews nacque il 28 giugno del 1776 nello Strand, a Londra. Il padre era libraio a Richmond ed officiava anche come pastore. La sua passione per il teatro, specialmente quello comico, sbocciò già in tenera età, mentre lavorava come apprendista presso il padre: pare che assieme a un amico avesse convertito a teatro uno stanzone della bottega, con lo scopo di intrattenere i suoi amici. Dopo un rifiuto da parte del Covent Garden Theatre, al quale aveva fatto domanda per il ruolo di leading comedian, si impegnò per tre anni in uno studio sistematico della commedia classica e delle sue tecniche, da Shakespeare a Jonson, assistendo agli spettacoli delle compagnie maggiori e costruendosi un considerevole repertorio virtuale di ruoli. Nel 1793, per guadagnare visibilità, pagò dieci ghinee per ottenere la parte di Richmond in una messinscena del Riccardo III: in tali vesti avrebbe potuto infatti dare un saggio delle sue abilità di scherma nel duello finale contro il protagonista. Con tale esibizione riuscì finalmente ad aprirsi una strada concreta: si unì ad una compagnia dublinese, con la quale debuttò l’anno seguente interpretando con successo attori famosi (Joseph Munden, John Kemble, Mr Wathen) in veste comica.

Tuttavia, un anno dopo, deluso dalla mancanza di promozioni e dall’inadeguatezza di paga e supporto, Mathews decise di spostarsi a Londra. Durante il viaggio conobbe e strinse amicizia con un altro attore, Montague Talbot, al punto che quando ci furono dei problemi dovuti al maltempo e la nave fu costretta a fermarsi a Swansea, vi si stabilirono per diverso tempo, dopo aver trovato posto presso una compagnia locale. Durante questo periodo, Mathews sposò Eliza Kirkham Strong, nel 1797.

Nel 1798 riuscì invece a farsi assumere dalla compagnia di York, notoriamente tra i migliori trampolini di lancio per la scena londinese. Qui finalmente ottenne i ruoli che preferiva ed anche un buon successo. Dopo la morte della prima moglie nel 1803, sposò Anne Jackson, un’attrice della stessa compagnia dalla quale avrà nello stesso anno un figlio, Charles James Mathews — il quale diventerà poi attore e drammaturgo. Continuava inoltre a limare lo stile delle sue imitazioni di attori e sviluppò anche il talento come ventriloquio.

L’esperienza lo portò a Londra e, nel 1803, fece il suo debutto all’Haymarket Theatre, prima nei panni di Jabel in The Jew di Richard Cumberland, poi di Lingo in The Agreeable Surprise di Samuel Arnold. La sera successiva ripeté persino la performance davanti a re Giorgio III e alla sua famiglia.

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La stagione successiva segnò l’inizio del vero successo, portandogli commenti molto favorevoli da parte dei critici che, ritenendo il suo stile meno formale di quello di John Fawcett, meno costruito di quello di Joseph Murden ma naturale quanto quello di John Bannister, lo annoverarono tra i migliori comici londinesi. La sua abilità più di spicco pare fosse la capacità di immedesimarsi in maniera pressoché perfetta in qualsiasi persona senza neppure bisogno di costumi. Di lui si disse che aveva il potere di indossare i pensieri di un altro uomo pur tenendo i suoi vestiti, e che molti spettacoli scritti per lui non erano che canovacci scarni che lui stesso poi andava a riempire con le sue idee. Nell’estate 1804 lui e sua moglie arrivarono a firmare un contratto congiunto col Drury Lane per cinque anni, e l’autunno seguente una formidabile interpretazione di Don Manuel nel She Would and She Would Not di Colley Cibber stabilirà definitivamente il suo primato come attore comico. Per il tempo restante però era costretto a stabilire collaborazioni, anche solo stagionali, con teatri di provincia, perciò, nel 1808, concepì l’idea di realizzare, sul modello di Bannister, uno spettacolo individuale che eliminasse ogni dipendenza da compagnie minori. Questa sorta di ‘assolo’ (sebbene di fatto anche sua moglie vi prendesse parte) fu messo in scena per la prima volta ad Hull il 12 Aprile di quell’anno con il titolo The Mail Coach Adventure, or, Ramble in Yorkshire. Si trattava di una miscellanea di discorsi che esploravano pensieri, impressioni e disagi di una serie di personaggi letteralmente e metaforicamente ‘spaesati’, perché in transito tra diverse parti della Gran Bretagna e spesso anche di altre nazioni.

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Oltre ogni aspettativa dell’autore, l’evento segnò l’inizio di un’intera nuova fase della sua carriera, una fase più propriamente creativa che vide nascere innanzitutto la commedia The Travellers, or, Hit or Miss (1811), una sorta di rielaborazione del primo lavoro ideata per le scene

dei vari teatri di provincia inglesi e realizzata come ‘two-man show’ assieme a Charles. Il progetto durò solo una stagione, ma a partire dal 1812 Mathews portò in scena più volte The Mail Coach Adventure da solo, e nel 1817 lo spettacolo assunse il nuovo titolo di At Home. La tipologia di comicità che Mathews praticava era quella incentrata sulla cosiddetta ‘social quackery’, ossia sulle falsità, gli inganni e gli intrighi sociali che caratterizzavano la realtà contemporanea. In un mix tra caricatura familiare e satira sociale, Mathews costruiva caricature che coglievano perfettamente e drammatizzavano aspirazioni, ansie ed imbarazzi della sua epoca, non senza un retrogusto di riflessione e amarezza nei confronti della delusione e della perdita.

Se di lì in poi le tournée costituirono una parte fondamentale della sua carriera, anche le performance londinesi non erano state e non furono poi meno proficue. Nel 1809 l’incendio del Drury lane lo aveva costretto a spostarsi al Lyceum nel 1811 e poi al Covent Garden nel 1812. Qui lavorò tranquillamente fino a quando, nel 1814, una caduta da carrozza non lo rese zoppo. In seguito all’incidente gli furono riservati tendenzialmente ruoli secondari di personaggi anziani o storpi e, di fronte a tale scenario, Mathews preferì a un certo punto rescindere anticipatamente il contratto.

Nel 1817 si spostò all’Haymarket Theatre, dove presentò per la prima volta al pubblico londinese la versione ‘one-man’ di The Mail Coach Adventure. La prima fu vista da S. J. Arnold, che gli offrì subito un contratto per recitare ogni stagione primaverile per i successivi sette anni all’English Opera House. Fu in questa occasione che apparve per la prima volta pubblicamente il titolo At Home, prima citato solo come designazione informale in lettere alla moglie. Lo spettacolo prese in questi anni la forma definitiva di un lungo monologo da quale si diramavano aneddoti, battute e canzoni che portavano lo spettatore attraverso una serie di avventure divertenti e fornivano lo spunto per numerose imitazioni e persino per ventriloqui. Per tale tecnica lui stesso coniò il termine di ‘mono-poly-logue’, che indica un monologo in cui chi parla lo fa però attraverso diverse voci. Il titolo era invece riferito al fatto che la rappresentazione si svolgesse in uno scenario che ricreava quello di un salone privato, con Mathews vestito in abiti elegantemente ordinari, come fosse impegnato in una normale chiacchierata mondana in casa. Tale idea rivedeva totalmente il rapporto tra attore e spettatori, abbattendo la ‘quarta parete’ e rendendo il pubblico un simbolico partecipante alla ‘chiacchierata’.

Al di là di questo impegno fisso primaverile, Mathews riprese i suoi tour nelle province, organizzati durante tutto il resto dell’anno. I suoi ‘one-man-show’ erano ormai costantemente sulla bocca di tutti, e non di rado lui si avvaleva di collaborazioni con validi scrittori e drammaturghi del suo tempo. Nel 1819 realizzò A Trip to Paris, dove si era recato poco prima in tournée congiuntamente con Frederick Yates. Nel 1822 visitò anche l’America, esperienza che arricchì e segnò profondamente la sua formazione professionale. Debuttò a Baltimora, e fu un trionfo. La critica acclamò universalmente le sue performance, e fu la stella della stagione teatrale, proseguendo il suo tour tra Philadelphia, New York e Boston. Fece ritorno in Inghilterra come il maggiore commediante dell’epoca, e per di più con una nuova pièce, intitolata A Trip to America, la cui première ebbe luogo all’English Opera House nel ‘24. Nei dieci anni successivi, ogni stagione primaverile, esclusa quella del 1828, Mathews mise in scena “At Home” per quaranta serate. Nel 1828 interruppe a causa di una proposta dal Drury Lane che gli prometteva la più alta somma mai pagata ad un attore comico.

Nello stesso anno avviava la sua nuova occupazione di manager dell’Adephi Theatre, dove mise in scena At Home fino al 1834. Fu questa l’ultima stagione londinese per Mathews che, dopo una performance d’addio al teatro di Richmond (il luogo dove aveva iniziato nel 1793), sebbene ormai anziano e debole, si imbarcò con la moglie nel suo ultimo viaggio in America: aveva ricevuto un’offerta conveniente da un agente statunitense, i cui dettagli sono però stati oscurati dal tempo. Sappiamo che il piano originario, da lui ideato in prima persona, prevedeva una permanenza di almeno 18 mesi, con l’intenzione di estendere il suo tour anche al Canada ─ progetto la cui messa in pratica venne poi impedita dall’aggravarsi delle sue condizioni di salute già durante il viaggio di andata. La stessa esperienza teatrale newyorkese non partì col piede giusto: al suo arrivo, Mathews si ritrovò inizialmente coperto di accuse di calunnia e diffamazione degli americani in A Trip to America. Tuttavia, la messinscena concreta di tale pezzo cancellò presto praticamente ogni rancore, e successivamente Mathews ricevette indiscusso successo in tutte le città che visitò. Le sue performance furono ciò non di meno decimate dalla malattia, che presto impedì totalmente qualsiasi sforzo di recitazione, perché troppo gravante sui polmoni.

Tornò così in Inghilterra ben prima del previsto, e morì a Plymouth ─ dove è ancora sepolto ─ il 28 giugno 1835, nel giorno del suo cinquantanovesimo compleanno.

Qualche ultimo cenno sulla sua fama e sui riconoscimenti che ottenne renderà forse l’idea dell’impatto che la sua figura ebbe sulla scena culturale primo-ottocentesca. Innanzitutto, dopo l’uscita di At Homes, Mathews fu invitato ad esibirsi a Hampton Court e a Carlton House, e come compenso il re gli donò 100 ghinee detratte dal Privy Purse. Inoltre, Coleridge compose in suo onore una poesia estemporanea in cui la versatilità comica dell’attore è trasfigurata in una forma di panteismo teatrale: “If, in whatever decks this earthly ball, / ‘tis still great mother Nature – one in all! / hence Mathews needs must be her genuine son, / a second Nature, that acts ALL IN ONE”. Forse però il più grande tributo offertogli fu quello firmato ‘Q’ nell’Examiner del 18 marzo 1822. Il genio comico di Mathews, dichiara il critico, sta nella sua capacità, in qualche modo shakespeariana, di inventare personaggi individuali che sono al contempo rappresentativi di determinati tratti o categorie universali: “The personation of Mathews is doubtless of the very highest order, for it individualises classes of character, and so far is Shakespearian”. Sulle stesse righe continuerà un critico americano nel ’24: “This is not just acting ─ it is more, it is good feeling”.

English Translation
Charles Mathews (1776-1835)

Charles Mathews was born on the 28th June 1776 at the Strand in London. His father was a bookseller who also officiated as a priest. His passion for the theatre, particularly for comedy, developed at a young age while working as an apprentice at his father’s bookshop; together with a friend he converted a room of the shop into a theatre to entertain his friends. After requesting the position of “leading comedian” at Covent Garden Theatre and being turned down, he underwent a study of classic comedies and their techniques, from Shakespeare to Jonson, lending a hand in large companies’ shows and building a considerable repertoire of roles. In 1793, to gain visibility, Mathews paid ten guineas in order to play Richmond in a production of Richard III, as whom he was able to show his fencing skills in the final duel against the protagonist. With such a display, Mathews was able to pave his way to success; he joined up with a company from Dublin, spending the following year acting with famous actors (Joseph Munden, John Kemble, Mr Wathen) as a comedian.

However, a year later, disappointed by the lack of promotions and insufficient pay, Mathews decided to move to London. During the journey, he met and befriended another actor, Montague Talbot, to the point that when there were unforeseen issues due to bad weather and their boat was forced to dock at Swansea, they both stayed there together for quite some time after finding a place with a local company. During this time, Mathews married Eliza Kirkham Strong in 1797.

In 1798 Mathews managed to get hired by a company in York, a good way to springboard into the London theatre scene. He finally obtained the roles and success he was after. After his wife’s death in 1803, he married Anne Jackson, an actress from the same company. In that same year they had a son, Charles James Mathews, who went on to be an actor and playwright. He continued to iron out his acting style and also developed some talent as ventriloquist.

The experience later brought Mathews to London and in 1803 he made his debut at the Haymarket Theatre, first in the role of Jabel in Richard Cumberland’s The Jew, then as Lingo in Samuel Arnold’s The Agreeable Surprise. The following evening, he even repeated his performance for King George III and his family.

The next season kick-started true success for Mathews, bringing him positive critical acclaim that classed him as one of the best London comedians. His acting style was described as less formal than John Fawcett’s, less manufactured than Joseph Murden but as natural as John Bannister’s. The leading feature in his acting was the ability to connect himself almost perfectly as any character without even being in costume first. It is said he had the ability to put on the thoughts of a character like putting on the character’s clothes, and that many shows written for him were nothing but outlines that Mathews injected his ideas into. In the summer of 1804 he and his wife accepted a five-year contract at the Drury Lane theatre; that autumn an incredible performance as Don Manuel in Colley Cibber’s She Would and She Would Not cemented Mathews’ status as a comic actor. For the rest of his contracted time he was forced to establish partnerships, if only seasonally, with provincial theatres. However, in 1808, he came up with the idea to create a solo performance, that would eliminate his dependence on minor companies for work. This type of ‘solo’ work (as his wife also took part in the shows) was put on stage for the first time in Hull on the 12th April 1808 under

the title The Mail Coach Adventure, or, Ramble in Yorkshire. It was about a number of subjects, exploring thoughts, feelings and hardships of various characters, who were literally and metaphorically ‘disoriented’, while they were travelling around different areas of Great Britain, and often other nations as well.

Beyond Mathews’ expectations, the show marked the start of an entirely new creative phase of his career, one that would bring about the birth of comedy The Travellers, or, Hit or Miss (1811), a sort of new elaboration of his first idea, conceived for the stage of provincial theatres and performed as a “two-man show”. The project only lasted for one season but from 1812 Mathews brought The Mail Coach Adventure to the stage by himself; the show’s name changed to At Home in 1817. The type of comedy Mathews focused on was making fun of so-called “social quackery,” or pointing out the lies, deceit and social nuances that were a part of society at the time. In a mix of familiar caricatures and social satire, Mathews created caricatures that perfectly captured the aspirations, fears and awkwardness of his era, with a bitter aftertaste of delusion and loss.

While Mathews’ tours were a fundamental part of his career, his performances in London were no less profitable. In 1809, the Drury Lane theatre burnt down, forcing him to move to the Lyceum theatre in 1811 and then to the Covent Garden theatre in 1812. There, he worked quietly until a fall from a coach crippled him two years later. Following the accident, he was given mostly secondary roles as an old and/or crippled character; in response to this he preferred to terminate the contracts early on.

In 1817, Mathews moved to the Haymarket Theatre, where he presented a one-man show of The Mail Coach Adventure to the London public for the first time. In the audience there was S. J. Arnold, who offered Mathews a contract to perform in every spring season for the following seven years at the English Opera House. For those seven years, the show took the form of a long monologue detailing anecdotes, jokes and songs that brought the audience into a world of adventure and was the inspiration for various imitative works and even ventriloquist acts. He himself coined the term ‘mono-poly-logue’ to describe the performance style: a monologue in which the speaker talks in different voices. The title referred to the fact that the performance was conveyed in the same way one would chat in one’s own home, with Mathews dressed in simple clothing. This style redefined the relationship between actor and audience, breaking the ‘fourth wall’ and making the audience a symbolic part of the show, or ‘chat.’

Alongside his springtime performances, Mathews once again went on a tour of the provinces during the rest of the year. His one-man shows were now the talk of the town and he would often collaborate with some of the great writers and playwrights of his time. In 1819, he produced A Trip to Paris, a place he had been to before as part of a tour with Frederick Yates. In 1822 Mathews also visited America, an enriching experience that enhanced his professional skills. He debuted in Baltimore and was a success. He achieved critical acclaim and was the star of the theatrical season, continuing his tour to Philadelphia, New York and Boston. He returned to England as the leading comedian of the time. What’s more, he returned with a new work, titled A Trip to America, which premiered at the English Opera House in 1824. During every spring for the following 10 years (except for 1828) Mathews staged At Home for forty nights. In 1828, such performance did not take

place as he accepted an offer from the Drury Lane theatre that would grant him the highest sum of money ever paid to a comic actor at the time.

In that same year, Mathews became manager of the Adephi Theatre, where he continued to put on productions of At Home until 1834. This was the last season in which he performed there; after a farewell performance at the Richmond theatre (where, in 1793, he had started performing), old as he was, he went on one final trip to America with his wife because had received a convenient offer from an American agent, the details of which are lost to time. We know that his original plan was to stay for at least 18 months with plans to extend his tour to Canada – a plan that was impeded by his worsening health. His theatre experience in New York didn’t start off well as he was accused of slander and defamation of Americans in his play A Trip to America. However, the actual performance of his work soon did away with any resentment and he soon gained undisputed success in every city he visited. Despite this, his performances soon stopped altogether due to his ill health; any attempts at performing were too much pressure on his lungs.

With this, Mathews returned to England much sooner than planned. He died in Plymouth – where he is still buried to this day – on the 28th June 1835, on his 59th birthday.

An addendum to his fame and accolades should give you an idea of the impact that Mathews had on nineteenth-century culture. Firstly, after At Home premiered, he was invited to perform at Hampton Court and at Carlton House. As payment, the king gave him 100 guineas from the privy purse. In addition to this, Coleridge wrote a poem in his honour that transfigured his versatile acting style into a form of theatrical pantheism: “If, in whatever decks this earthly ball, / ‘tis still great mother Nature – one in all! / hence Mathews needs must be her genuine son, / a second Nature, that acts ALL IN ONE”. Probably, though, the greatest tribute he received was the review on the Examiner of the 18th of March 1822, signed by an anonymous “Q”. The critic declared that Mathews’ comic genius resided in his almost “Shakespearian” ability to create characters that were simultaneously individual and representative of certain universal categories: “The personation of Mathews is doubtless of the very highest order, for it individualises classes of character, and so far is Shakespearian.” Following the same lead, an American critic wrote about him in 1824: “This is not just acting ─ it is more, it is good feeling”.

Translated by Aisha Gueye
Revised by Dott.ssa Valentina Pramaggiore

Bibliografia/Bibliography

http://www.oxforddnb.com/view/article/18329?docPos=1 [Richard L. Klepac, ‘Mathews, Charles (1776–1835)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 13/04/2016]

Moody, Jane and Daniel O’Quinn (eds), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830 (Cambridge, Cambridge University Press, 2007)

Moody, Jane, Illegitimate Theatre in London, 1770-1840 (Cambridge, Cambridge University Press, 2000)

Charles Macklin (1699-1797)

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Charles Macklin (1699-1797)

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Non si conosce con esattezza la data di nascita del controverso e anticonvenzionale Charles Macklin, tuttavia sono note le sue origini irlandesi (il vero cognome era McLaughlin) e la data di morte, avvenuta a Londra nel 1797. Macklin visse a lungo, tanto che la sua opera di drammaturgo e attore si svolse nel corso dell’intero XVIII secolo. Secondo le fonti, discenderebbe da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà terriera a cui, in seguito agli eventi della Rivoluzione del 1688 ed al tradimento del sovrano James II, sarebbero stati sottratti i possedimenti. Frequentò un collegio nei dintorni di Dublino e durante questi anni interpretò il suo primo ruolo teatrale nella tragedia The Orphan di Thomas Otway, esperienza che fece nascere in lui la passione per il teatro.

Una volta trasferitosi a Londra accettò per alcuni anni lavori fra i più disparati, prima di dedicarsi completamente al teatro. Collaborò quindi con diverse compagnie, spostandosi tra il Galles, le contee inglesi centrali e le aree di Bath e Bristol. Fu proprio in questi anni che adottò uno stile più spontaneo e realistico nella recitazione, preferendolo ad uno più artificioso e costruito. Il suo carattere impulsivo, se non talvolta violento, mal si addiceva allo stile pomposo che caratterizzava la scena teatrale contemporanea. Sebbene non sia mai stato provato, pare che tale impulsività gli sia costata il licenziamento da una compagnia teatrale, dopo una performance particolarmente poco apprezzata al Lincoln’s Inn Felds, nel 1725. La percezione della relazione tra l’accento provinciale e aristocratico, la dizione teatrale e la sua visione del realismo furono ciò che caratterizzò e sostenne la sua professione di attore e di insegnante di recitazione.

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Nel 1733 recitò al Drury Lane—inizialmente con parti minori—al quale diede il proprio contributo anche a livello gestionale, diventando indispensabile sia come attore, sia come socio. Proprio durante il periodo trascorso al Drury Lane conobbe l’attrice Ann Grace con la quale ebbe una lunga relazione ed una figlia, Maria, che divenne a sua volta attrice di successo. Nel 1735, il suo carattere violento ed impulsivo lo portò a colpire con un bastone un collega durante una futile discussione, uccidendolo involontariamente; venne poi riconosciuto innocente in seguito a regolare processo.

La stagione teatrale del 1740-1741 fu caratterizzata da due eventi fondamentali per la carriera di Macklin. Il primo fu la sua comparsa nella farsa di David Garrick Lethe, or, Esop in the Shades, che inizialmente consacrò l’amicizia tra i due, trasformatasi in seguito in rivalità. Il secondo fu invece il suo sensazionale debutto nei panni di Shylock. La sua notorietà fu infatti strettamente legata a questa prima grande interpretazione in The Merchant of Venice al Drury Lane, nel 1741. Il grande successo del suo Shylock fu dovuto soprattutto al fatto che seppe conferire al personaggio una tragicità propria, ben diversa dal convenzionale ruolo comico a cui era stato relegato. Macklin fu un grande attore, capace di riscuotere notevoli consensi per ogni parte interpretata, ma rimase sempre caratterizzato da quell’impulsività caratteriale che gli procurò denunce e dispute legali, ma anche forti ostilità, come nel caso del dissidio con Garrick. Sebbene per qualche tempo sia stato costretto ad allontanarsi dalla scena, ad ogni ritorno corrispondeva un nuovo grande successo.

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A rendere immortale la sua fama di attore fu proprio Shylock, che interpretò per oltre 50 anni e al quale conferì una natura crudele e sprezzante. Per prepararsi alla parte lesse le opere dello scrittore di origini romane ed ebree Titus Flavius Josephus e frequentò locali di ritrovo di ebrei per osservare il loro comportamento e prenderne spunto per il personaggio. Macklin diede un contributo significativo al teatro settecentesco, conferendo enfasi alla caratterizzazione dei personaggi e sostenendo una realistica realizzazione dei costumi; fu inoltre uno tra i primi attori a documentarsi sulla vita di coloro che interpretava. Il suo stile di recitazione si prestò molto bene all’interpretazione di parti anche più psicologicamente complesse: memorabili il suo Iago (a fianco di David Garrick nella parte di Otello) ed il suo peculiare Macbeth, curiosamente anziano nella rappresentazione del 1774. Compose anche opere proprie, due delle quali furono considerate dei capolavori: Love à la mode (1759), satira comica che tratta il tema del trionfo dell’amore sul denaro, ridicolizzando temi come i pregiudizi, l’intolleranza e stereotipi etnici, e The Man of the World (1781), che affronta il tema del conflitto tra avidità e amore.

Gli ultimi anni della sua vita furono caratterizzati da sordità e problemi legati alla capacità di concentrazione, oltre a gravi disagi di natura economica. Morì in povertà nel 1797, alla presunta età di 107 anni, la cui veridicità non è mai stata attestata. Ciò che è senz’altro vero, è che Macklin calcò il palcoscenico e visse a contatto con l’ambiente teatrale per quasi sessant’anni, annoverandosi tra le figure più importanti del teatro inglese del Settecento.

English Translation
Charles Macklin (1699-1797)

No one knows the exact birthdate of the controversial, unorthodox Charles Macklin, however his Irish origins (his actual surname was McLaughlin) and the date of his death in London in 1797 are known. Macklin lived for a long time, so long that his work as an actor and playwright evolved over the course of the 18th century. According to sources, he was descended from landed gentry whose lands had been taken from them following the Glorious Revolution of 1688 and deposition of King James II. He attended a school near Dublin and during these years performed his first theatrical role in the tragedy The Orphan by Tomas Otway. This experience made him develop a strong passion for theatre.

Once Macklin moved to London he worked in various jobs for a few years before dedicating himself completely to the theatre. He collaborated with different companies, moving between Wales, various English counties, Bath and Bristol. It was during these years that he took on a more realistic and spontaneous acting style, preferring it to a more artificial performance. It had never been done before and it seemed that such choice ended up costing him a job with a theatre company after a poorly received performance at Lincoln’s Inn Fields in 1725. His perception of the relationship between provincial and aristocratic accents, his diction and pragmatism were what defined him and helped him maintain a career as actor and acting teacher.

In 1733 Macklin performed at Drury Lane – initially in minor roles – where he contributed as an actor and manager, becoming indispensable as both. During this time, he met actress Ann Grace, with whom he shared a long relationship and a daughter, Maria, who later became a popular actress. In 1735, his violent, impulsive nature led him to strike a colleague through the eye with his cane during a trifling discussion, unintentionally killing him; he was tried for murder but found not guilty.

In the 1740-41 theatrical season, Macklin’s career was marked by two fundamental events: his appearing in David Garrick’s show Lethe, or, Esop in the Shades, which initially kindled a friendship between him and Garrick, which soon became a rivalry; and his sensational debut in the role of Shylock. In fact, his notoriety was closely linked to this first great performance in The Merchant of Venice at Drury Lane in 1741. The great success behind his Shylock was chiefly due to the fact that he knew how to convey the character’s tragic nature, after he was relegated for so long to a conventional comical role. Macklin was a great actor, able to gain considerable support no matter the role he played, but he was marked by his impulsive nature that brought him complaints, legal disputes and a lot of hostility, as in the case of his conflict with Garrick. Although he was forced to take some time away from the stage, every return was another grand success.

Charles Macklin was immortalised by the role of Shylock, upon whom he bestowed a cruel and contemptuous nature. To prepare himself for the part, he read the works of Romano-Jewish historian Titus Flavius Josephus and went to hangouts to observe the behaviours of the Jewish

people as inspiration for the role. Macklin contributed significantly to eighteenth-century theatre, focusing on the various adaptations of the characters he played and realistic styling of their outfits; he was also one of the first actors to document his life. His acting style worked very well for more psychologically complex characters: the most memorable of his roles was as Iago (alongside David Garrick as Othello) and his curiously elderly Macbeth from his 1774 performance. Macklin also wrote his own works, two of which were considered masterpieces: Love à la mode (1759), a satirical comedy about love triumphing over money, ridiculing themes such as prejudice, intolerance and ethnic stereotypes, and Man of the World (1781), which addresses the conflict of greed and love.

The last years of Macklin’s life were marked by deafness, issues with concentration and financial hardship. He died a poor man in 1797, at the estimated age of 107, that has never been confirmed. What is for sure is that Charles Macklin performed and lived a life in the theatrical world for almost 70 years, becoming one of the most important figures of the English eighteenth-century theatre.

Translated by Aisha Gueye
Revised by Dott.ssa Valentina Pramaggiore

Bibliografia/Bibliography

https://archive.org/details/charlesmacklinac00appl “Charles Macklin; an actor’s life” [Ultima Consultazione 01/09/2020]

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-17622   Macklin [Melaghlin, MacLaughlin], Charles  [Ultima Consultazione 01/09/2020]

 

Matthew Gregory Lewis (1775-1818)

Matthew Gregory Lewis (1775-1818)

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Mattew Gregory Lewis fu scrittore e drammaturgo, nato a Londra il 9 Luglio del 1775 da Mattew Lewis e Frances Maria Sewell. Il padre fu vicesegretario di guerra e proprietario di diverse piantagioni di schiavi in Giamaica; sposò Frances Maria Sewell nel 1775, figlia di Sr. Thomas Sewell, appartenente ad una famiglia di coloni giamaicani, sorella di Robert Sewell, che divenne in seguito procuratore generale dell’isola caraibica. La madre era una donna dal grande talento musicale ed assidua frequentatrice di circoli artistici.

Il matrimonio tra i genitori di Lewis terminò nel 1781, quando lo scrittore aveva solamente sei anni, a causa della relazione della madre con un maestro di musica di nome Harrison, con il quale avrà un figlio illegittimo nel luglio dell’anno successivo. M.G. Lewis fu il maggiore dei quattro figli legittimi avuti da Frances Sewell, e mostrò fin da una tenera età uno spiccato talento artistico e musicale. In seguito alla separazione dei genitori Lewis rimase fedele alla madre, nonostante lo scandalo che aveva provocato, tanto da devolverle parte del ricavato della sua attività letteraria giovanile.

L’educazione di Mattew Gregory Lewis iniziò al Marylebone Seminary e proseguì alla Westminister School, dove entrò nel 1783 e in cui si distinse per le sue spiccate doti teatrali. Il 16 aprile del 1790 fu il giorno dell’immatricolazione di Lewis alla Christ Church School di Oxford, dove si diplomò impiegando i canonici quattro anni accademici.

Nel 1792 completò la sua prima commedia teatrale The East Indian, basata sulla storia di Sidney Bidulph, già trattata trentuno anni prima nell’omonimo romanzo di Frances Sheridan. L’opera fu messa in scena per la prima volta solo nel 1799 al teatro Drury Lane. Nel luglio del 1792 Mattew fu ospitato in Germania, alla corte del duca Karl August, dall’ambasciatore britannico Brooke Boothby. Lewis aveva intrapreso un simile viaggio con l’intento di imparare il tedesco e di prepararsi alla carriera diplomatica, seguendo il volere del padre, ma la permanenza in Germania lo portò invece ad appassionarsi alla cultura e letteratura tedesca. Tornò in Inghilterra l’anno successivo, nel 1793.

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Nel 1795, in una lettera alla madre, Lewis dichiara di aver scritto un’opera di circa quattrocento pagine intitolata The Monk, e di esserne talmente fiero da accollarsi la pubblicazione del testo nel caso in cui nessun editore si fosse dimostrato interessato. Risalgono a due anni prima notizie di Lewis intento a lavorare ad un romanzo sullo stesso stile dell’opera di Horace Walpole The Castle of Otranto, mentre l’anno precedente si diceva che fosse tanto affascinato dal romanzo di Anne Radcliffe The Mysteries of Udolpho, da voler scrivere un’opera dello stesso genere letterario. Al contrario di quelle che erano le attese, il romanzo ottenne inizialmente molti consensi, abbastanza da permettere allo scrittore di pubblicare la seconda edizione nell’ottobre del 1796. In seguito alla seconda pubblicazione la critica si mostrò però molto dura, tanto da accusare lo scrittore di avere scritto un testo con sfondi pornografici e blasfemi. Le numerose critiche ricevute negli anni successivi alla pubblicazione di The Monk, hanno comunque contribuito a rendere il romanzo estremamente popolare ed apprezzato nei decenni successivi. Nell diciannovesimo secolo vi furono numerose rappresentazioni teatrali dell’opera sia a Londra che a Dublino e, nonostante le numerose critiche, ne furono pubblicate altre venti edizioni in Inghilterra, sette negli Stati Uniti d’America, quattro tradotte in Germania e diciassette in Francia.

Nel 1798, tramite l’amico comune William Erskin, Lewis venne in contatto con la produzione letteraria di Walter Scott, all’epoca ancora sconosciuto, e ne rimase talmente affascinato da proporgli di collaborare ad un’opera in stile gotico intitolata “Tales of Terror”. L’opera uscì all’inizio del 1801 con il titolo di Tales of Wonder, contenente nove poemi scritti la Lewis, cinque ballate di Walter Scott, otto di Robert Southey ed una di John Leyden. L’opera non incontrò il favore unanime della critica ma, nonostante le molte parodie successive, ottenne un discreto successo, soprattutto in Germania.

Fatta eccezione per The Monk e Tales of Wonder, i più grandi progetti della carriera di M.G.Lewis furono legati al teatro.

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Il suo primo dramma, Castel Spectre, venne rappresentato al Drury Lane il 14 dicembre del 1797, e fu considerato una sorta di manifesto del teatro gotico inglese, tanto da essere rappresentato una dozzina di volte nel giro di breve tempo e stampato per la prima volta nel 1798 (ne furono prodotte altre dieci edizioni nei cinque anni successivi). Tra il 1799 ed il 1801, Lewis produsse diverse opere teatrali messe in scena al Drury Lane, alcune scritte interamente da lui, quali The Twins, The East Indian ed Adelmorn the Outlaw, altre tradotte da testi di drammaturghi stranieri, quali Rolla e The Love of Gain. Una volta trasferitosi al Covent Garden, scrisse una tragedia in cinque atti dal titolo Alfonso, King of Castille, ambientata a Burgos nel quattordicesimo secolo. Fu rappresentata per la prima volta il 15 luglio del 1802 e ricevette numerosi consensi. Il 22 marzo del 1803 Lewis mise in scena il dramma The Captive, sempre al Covent Garden, mentre due anni dopo, compose una nuova opera di successo intitolata Rugantino, presentata il 18 ottobre del 1805, e basata sulla traduzione del testo di Zschokke Aballino der grosse Bandit (1794). Per le sue successive produzioni teatrali, Lewis tornò al Drury Lane, dove, il primo aprile 1807, mise in scena The Wood Daemon, melodramma in due atti che ricevette maggiori consensi del già celebre Castle Spectre. Verso la fine di aprile del 1807, venne rappresentata al Drury Lane Adelgitha, tragedia storica in cinque atti, scritta in blank verse e ambientata in Italia durante la fine dell’epoca bizantina. Lewis compose altre due opere frutto di traduzioni o reinterpretazioni di testi stranieri, intitolate Venoni e Temper. Nonostante i molti successi, l’opera teatrale di Lewis maggiormente apprezzata fu Timour the Tartar, rappresentata al Drury Lane il 29 aprile del 1811. In seguito, Lewis non scrisse più per il teatro, se non qualche traduzione.

La carriera di Lewis terminò con la morte del padre, il 17 maggio del 1812. In seguito a quel tragico evento, il poeta donò generosamente parte del suo denaro a sua madre e a sua sorella, e partì per la Giamaica per curare gli affari di famiglia. Il 31 marzo del 1815 tornò in Inghilterra per discutere con William Wilberforce su come “mantenere felici i suoi schiavi dopo la sua morte”. In seguito, partì per un “tour” di un anno e mezzo, durante il quale fece visita agli amici Byron e Shelley nel loro circolo a Ginevra, nell’agosto del 1816. Nel 1817, a Venezia, incontrò nuovamente Byron che gli permise di ingaggiare la sua serva Tita per accompagnarlo in Giamaica, in quello che poi fu l’ultimo viaggio di Lewis. La traversata dell’Atlantico venne minuziosamente descritta dallo scrittore nel suo “Journal of a West India Proprietor”, che verrà pubblicato nel 1834, sedici anni dopo la sua morte. Una volta regolate le norme e le trattative riguardanti i suoi schiavi, Lewis si imbarcò per tornare in Inghilterra, ma morì durante il viaggio a causa della febbre gialla, il 16 maggio 1818.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view/  Nigel Leask,”Lewis, Matterw Gregory [called Monk Lewis] (1775–1818)”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; [Ultima Consultazione 09/01/2020]

John Philip Kemble (1757-1823)

John Philip Kemble (1757-1823)

John Philip Kemble by Sir William Beechey, 1798 (detail), Dulwich Picture Gallery

John Philip Kemble fu un attore e manager teatrale inglese. Nacque a Prescot da Roger Kemble e Sarah Ward, entrambi legati al mondo teatrale (il padre era attore e manager, mentre la madre era figlia di un impresario). Della talentuosa famiglia Kemble facevano parte anche il fratello Charles, la sorella Sarah (conosciuta più tardi come Sarah Siddons) e la nipote Fanny.

Sebbene inizialmente non fosse destinato alla carriera di attore, venne ingaggiato dal padre per la rappresentazione di King Charles the First di William Havard (in cui fu il giovane Duke of York) che andò in scena nel King’s Head di Worcester il 12 febbraio 1767. Successivamente, fu mandato a completare la propria educazione prima alla Sedgley Park School, nei pressi di Wolverhampton, poi, nel 1775, a Douai, in Francia. Tornato quello stesso anno in Inghilterra, decise di intraprendere la carriera di attore e non quella sacerdotale prospettata per lui dal padre. Venne presto ingaggiato presso una compagnia minore – forse anche grazie all’intervento della sorella Sarah – che stava già affermandosi come talentuosa attrice, e debuttò a Wolverhampton l’8 gennaio 1776 nell’opera Theodosius di Nathaniel Lee, nel ruolo di protagonista. Il suo primo ingaggio sicuro gli venne garantito nella compagnia di Joseph Younger, con sede a Liverpool. Dal giugno del 1777, mese in cui lui e Sarah giunsero a Liverpool, al settembre del 1778, il suo curriculum si arricchì con l’aggiunta di 126 nuove interpretazioni. Impersonò personaggi sia comici che tragici, tra cui quello di Othello, in cui esordì a Manchester al fianco di Sarah/Desdemona, Laertes accanto alla sorella nel ruolo di Hamlet, e poi King Lear, Shylock, Brutus, Posthumus, Pierre in Venice Preserv’d di Thomas Otway, Ranger in The Suspicious Husband di Benjamin Hoadly, Archer in The Beaux’ Stratagem di George Farquhar e Young Norval in Douglas di John Home, ancora una volta accompagnato da Sarah/Lady Randolph. Fu questo l’impressionante curriculum che presentò nel giugno del 1778 a Tate Wilkinson, manager di York, al quale chiese impiego. Wilkinson lo prese nella sua compagnia, dove Kemble lavorò per tre anni fino al 1781. In questo periodo poté anche cimentarsi nella scrittura, con la composizione della tragedia Belisarius, della farsa The Female Officer (entrambe del 1778) e della raccolta di poesie Fugitive Pieces, pubblicata a York nel 1780.

Nell’inverno del 1781 si trasferì a Dublino allo Smock Alley Theatre, sotto la guida di Richard Daly. Qui Kemble affinò la sua particolare tecnica che consisteva nell’affiancare alla sua prestanza fisica (era alto, robusto e la sua figura atletica risultava anche molto aggraziata) lo studio meticoloso del personaggio. Già Wilkinson aveva notato come Kemble fosse più naturalmente portato per ruoli dove il rigore prevalesse sulla passionalità. Questo lo rendeva apparentemente inadatto sia agli emotivi ruoli tragici, sia a quelli più disinvolti della commedia. Tuttavia, li interpretò sempre mettendone in risalto la soggettività, in linea con la corrente romantica del tempo. Fece il suo debutto irlandese nel ruolo di Hamlet il 2 novembre 1781, ricevendo però solo un modesto apprezzamento da parte della critica e del pubblico. Riscosse un fievole successo anche con il ruolo di Sir George Touchwood in The Belle’s Stratagem di Hannah Cowley, ma trovò ben presto il genere che meglio gli si addiceva: il gotico. Riuscì ad attirare l’attenzione del pubblico di Dublino con l’interpretazione di Raymond in The Count of Norbonne di Robert Jephson, adattamento teatrale del romanzo The Castle of Otranto di Horace Walpole. Dimostrò la sua grande maestria nella rappresentazione di intensi personaggi meditabondi, oscuri e pericolosi in ruoli che rese con il tempo particolarmente suoi: primo su tutti, The Stranger di Benjamin Thompson; poi, Octavian in The Mountaineers di George Colman e Penruddock in The Wheel of Fortune di Richard Cumberland. Il suo valore come attore si consolidò in quel periodo, grazie non solo alle sue doti, ma anche ai simultanei trionfi che sua sorella Sarah riscuoteva al Drury Lane. Nella sua carriera si legò sentimentalmente ad altri membri dell’ambito teatrale; si ricorda la sua relazione con Elizabeth Inchbald, il cui ritratto di Kemble in A Simple Story (1791) influì (insieme alla figura dell’eroe byroniano) sulla creazione di Mr. Rochester (Jane Eyre) da parte di Charlotte Brontë.

Kemble nei panni di Riccardo III di William Hamilton, c. 1787

Il tempo passato a Dublino aiutò molto la carriera di Kemble, che alla fine della stagione 1782-83 raggiunse la sorella a Londra. Giunto nella capitale nell’agosto del 1783, fece il suo debutto al Drury Lane nei panni di Hamlet. Il manager di Covent Garden affidò all’attore John Henderson lo stesso ruolo; dal confronto si poté notare come Kemble avesse un modo più lento e compassato di interpretare il personaggio, così che i versi pur tanto conosciuti giungessero chiari, uno a uno, al pubblico. La critica mise in luce quello che, come si è già detto, era il suo tratto peculiare: il rigoroso controllo e la ricercatezza nella performance, contro l’intensità delle passioni del suo rivale Henderson. Furono confronti che valsero in tutti i casi in cui i due si misurarono con gli stessi personaggi (soprattutto shakespeariani) come quelli di Richard III, Shylock e King John (che Kemble interpretò al fianco di Sarah/Constance). A partire da Hamlet, Kemble andò personalizzando il suo stile misurato, che non sempre fu capito e apprezzato dai contemporanei. Tuttavia, i suoi inizi sul palcoscenico del Drury Lane furono molto fortunati, e quella stessa fortuna durò anche durante la stagione successiva. Dopo una breve parentesi estiva alle dipendenze di Joseph Young a Liverpool, nel settembre del 1784, Kemble aprì la stagione teatrale nuovamente con Hamlet. Quell’anno segnò, però, anche la prima interpretazione nelle vesti di un personaggio della storia romana, Cato, nell’opera omonima di Joseph Addison, e ben presto gli “eroi romani” divennero quelli con cui venne maggiormente identificato. Quella stessa a stagione vide la prima di oltre trenta reinterpretazioni di opere del teatro classico inglese che Kemble non aveva paura di rimaneggiare, e di cui ventisei versioni vennero pubblicate in una raccolta nel 1815. John e Sarah lavorarono ancora assieme, verso la fine della stagione ’84-‘85, prima nei ruoli di Othello e Desdemona, poi in quelli di Macbeth e della sua consorte. Tra le sue pubblicazioni si ricorda anche il volume Macbeth Reconsidered, in cui confutava alcuni tratti del pensiero di Thomas Whately sul personaggio. Kemble si opponeva soprattutto alla tesi secondo cui il re scozzese rappresentava uno stereotipo di codardia, definendolo piuttosto una vittima del proprio ardimento, i cui crimini erano assolutamente in linea con il suo eroismo.

Dopo la morte improvvisa di Henderson, Kemble si ritrovò ad essere il maggiore esponente del teatro (soprattutto tragico) shakespeariano, nonostante non si fosse mai cimentato in ruoli del calibro di King Lear o Coriolanus. La sua intenzione era però quella di non restare confinato in un solo genere, e nel 1786 prese parte alla rappresentazione di Richard Coeur de Lion di John Burgoyne, in cui alternò recitazione e canto. Il 29 gennaio 1787, affiancato dalla sorella/Imogen, fu Posthumus in Cymbeline, interpretazione che, secondo il biografo suo contemporaneo James Boaden, si distinse per essere la migliore del suo tempo. Tornò allo stile gotico nell’aprile del 1787, nella trasposizione di Julia di Robert Jephson.

All’età di trent’anni, Kemble vantava già un curriculum di eccellenza e una carriera ai più alti livelli artistici. Tuttavia, a soffrirne le conseguenze fu proprio il suo fisico, debilitato dallo stress, dall’alcool e dall’oppio che usava come medicinale. Afflitto anche da solitudine, contrasse un matrimonio piuttosto affrettato con l’attrice Priscilla Bereton (nata Hopkins), con cui non trovò mai una vera affinità. Ai suoi problemi personali, si sommarono quelli professionali legati soprattutto alla cattiva gestione del teatro da parte di Richard B. Sheridan; quando alla fine della stagione 1787-88 l’acting manager Thomas King abbandonò il Drury Lane, Kemble decise di rimpiazzarlo.

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John Philip Kemble as Coriolanus, dipinto di Thomas Lawrence, 1798

L’intento principale di Kemble era quello di sfruttare la produzione shakespeariana (e dunque classica) per restaurare la gloria del teatro. Dei suoi propositi diede chiara dimostrazione con la sfarzosa messa in scena di Henry VIII del 25 novembre del 1788, in cui interpretò prima Thomas Cromwell, poi Cardinal Wolsey. Il 7 febbraio 1789 si ebbe anche la prima messa in scena di Coriolanus, acclamato da critica e pubblico. Nel 1790, però, a causa dei recenti eventi francesi, gli organi di censura inglesi decisero di cancellare la tragedia dal calendario della stagione. Le due opere già citate non furono le uniche che contribuirono ai trionfi artistici dell’era Kemble: nel 1794 fu il turno di Macbeth (“Kemble’s Macbeth”, secondo il critico contemporaneo Joseph Donohue) e nel 1795 di King Lear. Affrontò anche in questo periodo problemi personali e professionali, tra cui la sistemazione della compagnia del Drury Lane durante l’ammodernamento che durò dal 1791 fino alla riapertura del 1794, o la sua personale lotta ideologica contro i valori della Rivoluzione Francese, abbracciati da whigs e radicali, che andavano contro il suo cattolicesimo e monarchismo. Utilizzò come tramite della sua ideologia le rappresentazioni shakespeariane, simbolo dei valori tradizionali e nazionali inglesi, sollevando spesso degli scandali: si scontrò, ad esempio, con Sheridan nel 1793, per aver cancellato uno spettacolo in segno di rispetto nei confronti del re francese Luigi XVI, che proprio in quel periodo era stato giustiziato. Tra lui e Sheridan vi furono anche conflitti causati dagli imprevedibili interventi che quest’ultimo attuava nelle scelte artistiche del teatro. La stagione 1794-95 venne contrassegnata dalla sua ‘afterpiece’ Lodoiska (versione ispirata all’opera omonima di Luigi Cherubini), una sorta di miscellanea gotica che rifletteva appieno il personale gusto artistico di Kemble. Nello stesso anno, dovette pubblicamente fare ammenda per aver tentato di violare una delle attrici della compagnia, Maria De Camp, che più tardi sarebbe diventata la moglie del fratello Charles. In seguito a questi fatti, Kemble e la moglie Priscilla si diressero in Irlanda per esibirsi nelle province durante la stagione estiva e dare tempo alla faccenda di essere dimenticata.

Al suo ritorno a Londra, Kemble trovò un Drury Lane in profonda crisi economica; tutta la stagione fu piuttosto sfortunata e le sue sorti si risollevarono soltanto con la prima del ‘gothic play’ The Iron Chest di George Colman, datata 12 marzo 1796. La sua performance non fu però all’altezza dello standard a cui aveva abituato i contemporanei, a causa dell’abuso di alcolici e oppiacei e della insoddisfazione nei confronti del personaggio, Sir Edward Mortimer, del quale non giudicava abbastanza profonda e verosimile la rappresentazione del senso di colpa. Alla fine della stagione teatrale, lasciò la compagnia, dopo aver portato sul palcoscenico –per obblighi di contratto e non per scelta– un’opera attribuita a Shakespeare, palesemente falsa, che Sheridan volle riprodurre solo per ragioni economiche. Tuttavia, Kemble non lasciò definitivamente il Drury Lane, ma vi lavorò a periodi alterni sino alla fine dell’anno 1801-02, facendosi persino convincere a riprenderne la direzione nel 1800. Fu durante l’ultimo anno che Kemble dovette confrontarsi con il primo vero rivale dalla morte di Henderson: George Frederick Cooke.

L’obiettivo principale di Kemble era quello di entrare in possesso di una quota di uno dei grandi teatri dell’epoca, motivo per cui, quando la contrattazione con Sheridan risultò infruttuosa, l’attore finì per acquisire un sesto del Covent Garden –in quel periodo sotto la direzione generale di Thomas Harris. Kemble si ritrovò così ad essere azionista e membro di una delle migliori compagnie in circolazione e i suoi anni presso il Covent Garden furono tra i migliori della sua carriera. Prima di iniziare qualsiasi tipo di attività in questo nuovo contesto, Kemble si prese del tempo libero e si mise in viaggio con Robert Heathcote, nel giugno del 1802. I due giunsero prima in Francia, successivamente passarono i Pirenei per dirigersi a Madrid e, infine, a Valencia. Proprio a Valencia gli giunse notizia della morte del padre, e ripartì verso l’Inghilterra nel marzo del 1803. Tornò dunque a Londra, ma dal momento che la stagione teatrale non sarebbe iniziata fino a settembre, trascorse l’estate a recitare a Bath e Bristol. Rientrato nella capitale, debuttò nel ruolo di Hamlet anche al Covent Garden, il 24 settembre 1803. Seguirono interpretazioni di Richmond in Richard III di George Frederick Cooke, del re in Henry IV: Part 2, di Ford in The Merry Wives of Windsor e di Antonio in The Merchant of Venice, accanto proprio a Cooke nel ruolo di Shylock. Fu difficile per Kemble accettare di essere una figura di secondo piano in questo nuovo contesto, ma sapeva di non potersi imporre immediatamente come primo attore in un ambiente in cui i ruoli erano già stabiliti. Riuscì nonostante tutto a introdurre nella compagnia più di un membro della sua famiglia, e nessuno osò mai recriminare, soprattutto trattandosi della talentuosa sorella Sarah Siddons. Nuovi problemi sorsero con l’arrivo presso Covent Garden del giovane prodigio Master Betty, il cui successo amareggiava Kemble. La compagnia trascorse gli anni successivi a ricostruire la reputazione del teatro come tempio dei classici, cui contribuì l’interpretazione di Prospero nella sua rimaneggiata versione di The Tempest, del dicembre del 1806. Nella stagione 1807-08 la sua salute peggiorò notevolmente a causa della gotta e della violenta tosse che lo avevano afflitto per anni. La sua popolarità iniziò ad andare verso il declino, anche per effetto dei mutamenti socio-politici che trasformavano l’Inghilterra e i suoi valori legati al decorum, di cui Kemble era stato un emblema. A ciò si sommò la sfortuna che colpì il 20 settembre 1808, giorno in cui un rogo accidentale distrusse il Covent Garden. Il teatro venne ricostruito in stile neogreco sul disegno dell’architetto Robert Smirke, che doveva riflettere la passione per i classici di Kemble, e riaprì al pubblico il 18 settembre 1809, con la messa in scena di Macbeth con John e Sarah Siddons ancora una volta nei panni dei protagonisti. La riapertura del Covent Garden fu però legata all’aumento di prezzo dei biglietti, che doveva aiutare a risanare le finanze che l’incendio aveva stremato. Questa inflazione diede l’avvio a una serie di rivolte passate alla storia come ‘Old Price Riots’, condotte soprattutto da esponenti della ‘working class’, che vedevano il teatro perdere il proprio valore di punto di riferimento nazionale, ed il suo scopo didattico, per diventare appannaggio delle classi più agiate. Col passare del tempo, Kemble divenne oggetto del disprezzo delle masse e venne spesso ridicolizzato tramite immagini e canzoni popolari composte appositamente su di lui. Rispose finché poté con fermezza e dignità, ma finì per piegarsi alle incessanti richieste dei rivoltosi, il 14 dicembre 1809. Con coraggio, Kemble terminò la stagione, e decise prendersi del tempo per riposare nel nord del Paese. Tornò durante la stagione successiva, che utilizzò per riabilitare la propria figura, interpretando ruoli consuetudinari. Fu solo nel febbraio del 1812 che decise di calarsi in un personaggio nuovo, Brutus in Julius Caesar, la cui revisione da lui attuata fu una delle più efficaci e significative dell’epoca. Fu l’ultimo ruolo che Kemble reinterpretò da zero, portando in scena, negli anni successivi, solo personaggi già sperimentati e studiati. Alla fine dell’anno 1811-12, fu Macbeth per l’ultima volta al fianco della sorella, che si ritirava definitivamente dalle scene.  Kemble decise in questo periodo di prendere due anni di congedo dalla direzione del teatro, ma non smise di recitare. Si esibì, infatti a Liverpool, Edimburgo, Dublino, Bath e Bristol. Gli ultimi anni lo videro rivale del primo attore del Drury Lane, Edmund Kean.

Durante la sua lunga carriera, Kemble aveva guadagnato abbastanza per potersi permettere una comoda pensione e, dopo brevi viaggi in Scozia e in Francia, si fermò con la moglie a Tolosa, agli inizi del 1819, dove la sua salute trovò giovamento. Successivamente, a causa dei rapporti ancora tesi tra Francia e Inghilterra, la famiglia Kemble ritenne necessario abbandonare il paese e si trasfersi a Losanna. Nel 1820 tornò a Londra per la morte di Thomas Harris e colse l’occasione per fare testamento, nel quale lasciò la sua quota del Covent Garden al fratello Charles. Rientrò a Losanna nello stesso anno e durante la primavera del 1822 partì per il suo primo viaggio a Roma, da cui tornò molto provato. Probabilmente a causa di questo eccessivo sforzo, fu colpito da ictus e spirò il 26 febbraio 1823. Venne sepolto nel cimitero di Losanna, ma in patria gli venne eretta una statua nell’Abbazia di Westminster che lo immortalava nelle vesti di Cato, ad indicare come la sua figura fosse indissolubilmente legata, nell’immaginario collettivo, a significativi ruoli di personaggi dell’antica Roma.

Bibliografia

http://www.oxforddnb.com/view/article/15322 [Peter Thomson, ‘Kemble, John Philip, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004. [Ultima consultazione i 28/05/2016].

Joseph Donohue, The Cambridge History of British Theatre, Vol.2 (Cambridge, Cambridge University Press, 2004).

Moody J., O’Quinn  D. (ed.), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830(Cambridge, Cambridge University Press, 2007).

Thomas Holcroft (1745-1809)

 

Thomas Holcroft (1745-1809)

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Thomas Holcroft nacque il 10 Dicembre 1745 nella Orange Court di Leicester, Londra, in una famiglia di commercianti. Quando sopraggiunsero problemi economici, la famiglia si stabilì nel Berkshire, dove il padre gli insegnò a leggere utilizzando capitoli del Vecchio Testamento e libri tascabili. I genitori di Holcroft divennero in seguito venditori itineranti attraverso l’Anglia Orientale e le Midlands, mantenendo un cascinale a Rugeley, nello Staffordshire, e parteciparono a numerosi mercati e fiere. Per un certo periodo lavorò come apprendista presso un tessitore di calze ma la sua passione per i cavalli lo portò ad impiegarsi come stalliere a Newmarket nel 1757. Continuò la sua educazione studiando aritmetica e canto, e leggendo tutto ciò che aveva a disposizione. Amava specialmente i racconti del meraviglioso e i libri religiosi. In seguito lasciò Newmarket per lavorare presso il banco di calzature di suo padre a South Audley Street, Londra.

Nel 1765 Holcroft sposò una donna di nome Ann, dalla quale ebbe una figlia. Della moglie si hanno poche informazioni, ma è noto che sia morta prematuramente. Pubblicò alcuni saggi sul Whitehall Evening Post e tentò invano di aprire una sua scuola privata. Entrò al servizio della famiglia Granville Sharpe nel ruolo di domestico e segretario, ma venne licenziato a causa della sua partecipazione ad un circolo di recitazione teatrale. Se per un periodo valutò la possibilità di unirsi alla Compagnia delle Indie Orientali, scelse in seguito di dedicarsi completamente al teatro. Nel 1770 iniziò a recitare in piccoli ruoli, per poi divenire suggeritore e attore secondario al William Dawson’s Capel Street Theatre a Dublino.

Nel 1774 a causa di dissidi con attori e direttori di diversi teatri, si unì alla Booth’s Company a Carlisle insieme alla novella sposa, Matilda Tipler, e vi rimase per un anno e mezzo. Dopo aver dato alla luce un maschio e una femmina, Matilda morì, probabilmente a causa di complicazioni dovute al parto.

Holcroft Continuò a recitare nei teatri di provincia, da Edimburgo a Canterbury, proseguendo nella ricerca di nuove letture che dessero maggiore spazio alla morale che al sentimento.

Nel 1777 si trasferì a Londra dove sposò Dinah Robinson, dalla quale ebbe una figlia di nome Fanny che divenne a sua volta scrittrice, drammaturga e traduttrice. Durante questo periodo Holcroft scrisse un volume di poesie intitolato Elegies (1777), completò due afterpieces The Shepherdess of the Alps e The Maid of the Vale (traduzione dell’opera di Goldoni La buona figliuola), una serie di saggi intitolata The Philosopher e un romanzo seriale Manthorn, the Enthusiast. L’anno successivo mise in scena la sua prima commedia Rosamond, or, The Dutiful Daughter a Canterbury. Nel 1778-1779 fu collaboratore del Westminster Magazine e del Town and Country, così come dell’English Review, scrivendo soprattutto a proposito di teatro. Raccontò la sua esperienza di attore errante nel romanzo epistolare picaresco Alwyn, or, The Gentleman Comedian (1780) prendendo spunto dalle opere di Fielding e Smollett. Inoltre, scrisse due libri sulle sommosse di Gordon del 1780, probabilmente spinto da una tendenza giornalistica piuttosto che dal desiderio di denuncia politica.

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La sua commedia Duplicity fu messa in scena a Covent Garden nell’ottobre del 1781. Nel 1783 si spostò a Parigi dove gli fu affidato l’incarico di corrispondente per il giornale The Morning Herald. Durante la sua permanenza in Francia compose la tragedia Ellen, or, The Fatal Cave e un’altra opera intitolata The Noble Peasant, che trionfò nel 1784.

Di ritorno a Londra collaborò con il Wit’s Magazine, fino a diventarne il redattore principale nel 1783-1784. La traduzione dell’opera Tales of the Castle della scrittrice francese Mme de Genlis, fu la prima di una serie di commissioni molto remunerative, tra cui si annovera Le mariage de Figaro di Beaumarchais, tradotto e adattato con il titolo Follies of a Day (Covent Garden, 1784). Tra il 1785 e il 1787 vennero rappresentate le commedie The Choleric fathers (Covent Garden, 1785) e Seduction: a Comedy (Drury Lane, 1787).

Secondo l’opinione dei critici dell’epoca, lo stile di Holcroft fu caratterizzato principalmente da una rigida attenzione alla costruzione, alla morale e alla critica sociale. Nel 1786 incontrò per la prima volta William Godwin, con il quale strinse un legame di amicizia e stima reciproca. Attratti da una comune visione materialistica, entrambi concordavano sul fatto che gli individui non fossero altro che prodotti dell’ordine politico ed economico. Svilupparono dunque un anarchismo filosofico che sosteneva l’eliminazione del governo con l’intento di liberare l’umanità e lasciare che esercitasse liberamente valori fondamentali quali sensibilità e senso di giustizia.

Nei primi anni ’90 del 1700, ottenne un grande successo teatrale con The Road to Ruin (Covent Garden, 1792), una delle sue commedie più conosciute ed apprezzate. L’opera intitolata The German Hotel (adattamento di Trau, Shau, Wem! di Johann Christian Brandes) rappresentata nel 1790 al Covent Garden, inizialmente attribuita alla sua penna, fu invece probabilmente composta da James Marshall (Hogan). Le sue rappresentazioni contribuirono allo sviluppo della satira e di un criticismo morale riformista all’interno del teatro comico.

Holcroft, come molti altri suoi contemporanei, visse con entusiasmo gli ideali della rivoluzione francese, reputata l’inizio del progresso sociale, verso un mondo idilliaco e privo di ingiustizie. Il drammaturgo decise di contribuire al dibattito scrivendo e pubblicando romanzi rivoluzionari quali Anna St Ives e la prima parte di Rights of Man di Thomas Paine. Nel 1792 prese parte alla Società dell’Informazione Costituzionale, il cui scopo era quello di creare un pubblico informato e cosciente riguardo la scena politica nazionale e internazionale.

Nel 1793 Godwin pubblicò la sua Political Justice, nella quale riprendeva e sviluppava le idee elaborate insieme ad Holcroft e ad altri amici e colleghi. L’opera provocò scalpore, in parte a causa della sua difficile comprensione, in parte perché trasformò i precetti della rivoluzione in argomenti generici ed astratti.

Nel 1793, la ‘British Convention’ tenuta dai riformisti a Edimburgo fu bruscamente interrotta dalle autorità che accusarono i partecipanti di tradimento, per poi arrestarli. Holcroft, così come Godwin ed altri intellettuali, si aspettavano la medesima reazione da parte del governo inglese nei loro confronti ma, nonostante ciò, continuarono a scrivere e comporre. Proprio in questo periodo Holcroft lavorò ad un nuovo romanzo e due opere teatrali, Love’s Frailties; or Precept Against Practice (Covent Garden, 1794) e The Rival Queens; or Drury Lane and Covent Garden (Covent Garden, 1794). Le organizzazioni lealiste acquistarono un potere sempre maggiore, che spinse il governo, nel maggio del 1794, a sospendere l’habeas corpus e a vietare ogni tipo di aggregazione e pubblicazione considerata sovversiva. Holcroft venne imputato insieme ad altri per tradimento e venne imprigionato a Newgate. Fu poi rilasciato in seguito alla caduta delle accuse e si vendicò pubblicando A Narrative of Facts, Relating to a Prosecution for High Treason (1795), che includeva le lettere di altri accusati e della sua stessa difesa. Il coraggio di Holcroft ne fece ben presto un modello per gli intellettuali riformisti.
Contribuì regolarmente alla redazione del Monthly Review dal 1792 al 1796 e ideò nuovi spettacoli che ebbero però poco successo, come The Deserted Daughter (Covent Garden, 1795) basata su The Fashionable Lover di Richard Cumberland, The Man of Ten Thousand (Drury Lane, 1796), The Force of Ridicule (Drury Lane, 1796) e Knave or Not (basato sulle opere di Goldoni La serva amorosa e Il padre di famiglia, 1798), nella cui prefazione Holcroft attribuì i suoi insuccessi scenici alla persecuzione politica.

L’opera He’s much to Blame (Covent Garden, 1798) interruppe la serie di insuccessi con ben 23 rappresentazioni, ma le successive The Inquisitor (Haymarket, 1798) e The Old Cloathman (Covent Garden, 1799) non ebbero la stessa fortuna.

Nel 1799 si sposò per la quarta volta con Louisa, figlia dell’amico L. S. Mercier, e pianificò un viaggio in Europa per allontanarsi dai pregiudizi e dal pubblico inglese. La nuova famiglia Holcroft lasciò l’Inghilterra nel Maggio del 1799 e si trasferì ad Amburgo per un anno. Qui Holcroft scrisse alcune lettere—Letters concerning emigration—mai pubblicate, incontrò varie figure intellettuali e tentò invano di fondare un periodico, The European Repository. Visse poi per due anni a Parigi, traducendo l’opera di un amico, e nell’ottobre del 1802 fece ritorno in Inghilterra. La sua carriera riprese quota con le opere Deaf and Dumb (Drury Lane, 1801), melodramma inglese traduzione dell’opera Coelina di Guilbert de Pixérécourte, e A Tale of Mystery (1802). La composizione Travels from Hamburg, through Westphalia, Holland, and the Netherlands, to Paris (1804), cronaca di viaggio scritta in forma filosofica, racchiudeva gli ideali e il fascino esercitato dalla condizione socio-politica europea sul pubblico inglese, soprattutto dopo la rivoluzione e le guerre napoleoniche.

Holcroft ebbe ancora due grandi successi teatrali con la commedia Hear both Sides (1803) e il melodramma The Lady of the Rock (1805). Pubblicò inoltre un romanzo picaresco intitolato Memoirs of Brian Perdue (1805) che in parte si rifaceva allo stile riflessivo di Sterne. Il suo antieroe popolano, le scene di vita quotidiana, la satira e il criticismo sociale anticiparono gli elementi della ‘Newgate novel’ e della narrativa di Dickens.

Tentò una nuova forma di poesia narrativa con Tales in Verse (1806) ma, così come la rappresentazione The Vindictive Man (Drury Lane, 1806), ebbe scarso successo. Continuò a scrivere e a lavorare in ambito teatrale, ma l’asma di cui soffriva iniziò a peggiorare, così come la sua salute fisica. Dopo essersi riconciliato con Godwin, morì nel 1809 e venne seppellito nel grande cimitero di Marylebone.

William Hazlitt completò alcune opere di Holcroft utilizzando lettere, diari e altri documenti, per poi pubblicare Memoirs of the Late Thomas Holcroft nel 1816, ristampato e commentato svariate volte, fino al 1925. Holcroft fu inserito nella letteratura liberale e nella cultura politica come un autore ‘emerso dal popolo’. A partire dal 1960, un rinnovato interesse delle classi sociali più basse nei suoi confronti portò nuovamente alla luce le sue opere; dalle commedie, ai melodrammi, ai romanzi.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view   Gary Kelly, “Holcroft, Thomas (1745-1809), Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; [Ultima Consultazione 09/01/2020]

Oliver Goldsmith (1730-1774)

    Oliver Goldsmith (1728?-1774)

Oliver Goldsmith, autore irlandese, nacque il 10 novembre 1728 a Pallas in Irlanda, quinto figlio del curato Charles Goldsmith e della moglie Ann, figlia del Revd. Oliver Jones, maestro della scuola diocesana di Elphin. L’educazione di Oliver fu di stampo protestante ma, al contrario della maggior parte delle persone che professavano la sua stessa religione, egli mostrò fin da bambino un grande interesse verso la cultura e la lingua celtica. L’autore non fu dotato di un aspetto particolarmente gradevole, tanto da essere paragonato ad una scimmia nel corso della sua carriera e puntualmente deriso per via del suo aspetto. Nel 1749 terminò i suoi studi al Dublin’s Trinity College e, nei tre anni successivi, provò diversi lavori (avvocato, insegnante ed ecclesiastico) prima di optare definitivamente per la carriera di medico. Dopo essere venuto a conoscenza di questa decisione, un suo generoso zio gli permise di iniziare gli studi presso la University of Edimburgh, ma dopo poco più di un anno si ritirò senza avere preso il diploma, a causa dei continui sbeffeggiamenti da parte dei suoi compagni dovuti al suo aspetto e alla presunta povertà della sua famiglia. Dopo essersi ritirato dal college, decise di compiere un Grand Tour della durata di un anno (1753), durante il quale visitò Francia, Germania, Svizzera, e nord Italia. Nel 1754 proseguì gli studi di medicina a Leiden dove si diplomò (anche se non ci sono prove certe a riguardo), per poi tornare a Londra nel 1756.

Nel 1758 iniziò a lavorare all’opera Memories of Voltaire, riuscendo a pubblicare la versione definitiva tra febbraio e novembre del 1761. Ciò che però consacrò la carriera di Goldsmith fu la pubblicazione di The Citizen of the World nel 1762, una sorta di collezione di lettere scritte dal punto di vista di un cinese in visita in Inghilterra, il quale descrive in maniera approfondita gli usi e i costumi europei dell’epoca settecentesca. Inoltre, l’autore fu uno dei fondatori del Samuel Johnson’s literary circle, circolo composto da altri sette scrittori tra cui il noto Edmund Burke.  Goldsmith, nonostante la stima che i colleghi nutrivano nei suoi confronti, era pervaso da un grande senso di inferiorità rispetto agli altri autori del circolo per via del suo aspetto strano e del suo atteggiamento particolare, e a causa di ciò, iniziò a provare una forte gelosia verso di loro. Tra il 1764 ed il 1766 pubblicò diverse opere, quali An History of England in a Series of Letters, The Traveller, Essays by Mr.Goldsmith, The Vicar of Wakefield, e nel 1768 compose la sua prima commedia teatrale, The Good Nature’d Man, messa in scena per la prima volta il 29 gennaio al Covent Garden e pubblicata il 5 febbraio. Con The Good Nature’d Man e con la sua successiva composizione teatrale She Stoops to Conquer, lo scrittore mirò a portare sul palco un tipo di opera che, invece di analizzare la società da un punto di vista moralistico, rappresentava in qualche modo la ‘recessione dell’uomo’ da una prospettiva quasi comica, che puntava a strappare una risata al pubblico. Nel 1769 Goldsmith fu ingaggiato per lavorare a The Roman History mentre, il 26 maggio dell’anno successivo, pubblicò The Deserted Village, opera che lo scrittore progettò con l’intento di dare voce alla sua opinione fortemente contraria alla rivoluzione industriale e, in particolare, all’Enclousure Acts, legge che aveva costretto molti contadini a lasciare le proprie terre per spostarsi in città. Goldsmith attaccò con fermezza l’industrializzazione della società e la smisurata crescita urbana, parlando in maniera quasi nostalgica della società rurale. Tra il 1770 ed il 1772 tornò a pubblicare diversi testi quali, Poems on Several Occasions, Life of Bolingbroke, The Haunch of Version e The History of England to the Death of George II, mentre nel 1772 mise in scena l’opera teatrale Threnodia Augustalis.

Dal marzo 1773 iniziò a lavorare presso il “Westminister Magazine”, e il 15 marzo dello stesso anno fece rappresentare She Stoops to Conquer al Covent Garden, pubblicandola una decina di giorni dopo. Gli ultimi lavori di Oliver Goldsmith furono The Grumbler, opera teatrale in un solo atto messa in scena al Covent Garden a fine 1773 e lo stesso anno progettò di scrivere Universal Dictionary of Arts and Science.

Il 4 aprile del 1774 Oliver Goldsmith morì per un’insufficienza renale nella sua abitazione di Londra. Due anni dopo fu organizzata una commemorazione in suo onore presso l’abbazia di Westminster, e fu eretto un monumento corredato da un epitaffio in latino redatto dall’amico e collega Samuel Johnson.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view John A. Dussinger,”Goldsmith, Oliver (1728?–1774)”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; [Ultima Consultazione 09/01/2020]

 

David Garrick (1717-1779)

David Garrick (1717-1779)

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David Garrick fu attore, drammaturgo e manager teatrale. Nacque a Hereford il 19 febbraio 1717, figlio di un ufficiale dell’esercito, e trascorse i suoi anni formativi a Lichfield. L’istruzione era una priorità per i genitori di Garrick, che a partire dal 1729 frequentò una grammar school , mentre nel tempo libero iniziò ad appassionarsi al teatro. Il suo primo ruolo fu quello di Sergeant Kite in una rappresentazione di attori-bambini intitolata The Recruiting Officer e composta da George Farquhar. Garrick trovò ben presto un estimatore della sua arte nell’archivista del tribunale ecclesiastico di Lichfield, Gilbert Walmesley. Quest’ultimo lo prese sotto la sua ala e, quando seppe che voleva trasferirsi a Londra, utilizzò la propria influenza per far sì che venisse seguito da un precettore perché avesse un più facile accesso all’università.

Giunto a Londra, Garrick studiò giurisprudenza, più per soddisfare le richieste dei genitori che per passione, ma alla morte del padre, nel marzo del 1737, abbandonò la carriera giuridica. Inizialmente entrò in affari con il fratello Peter, con il quale avviò un’attività commerciale. Diede mostra delle sue qualità di uomo d’affari che in seguito gli risultarono utili nel suo ruolo di manager teatrale.

Garrick ebbe modo di mettere in scena la sua prima opera, la sarira Lethe, or Aesop in the Shades al Drury Lane il 15 aprile 1740. Alcuni dei più importanti attori dell’epoca, come Kitty Clive, Henry Woodward e il suo altro grande amico Charles Macklin, eccelsero sul palco, nonostante si trattasse di una rappresentazione molto breve. Questo repentino successo fece sì che Garrick iniziasse a pensare seriamente ad una carriera stabile nel teatro.

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Nell’autunno del 1740 portò in scena l’opera The Mock Doctor di Henry Fielding, in una stanza della St. John’s Gatehouse. La Gatehouse era la sede del Gentleman’s Magazine, il quale patrocinava le rappresentazioni e pubblicò l’epilogo che Garrick scrisse per l’opera—abitudine letteraria che ebbe per molti anni. Il modo di recitare dell’epoca, legato ai dettami della moda augustea, veniva disprezzato da Garrick e Macklin i quali decisero di sovvertirne le regole.

La sua prima performance professionale ebbe luogo nel marzo del 1741 presso il teatro illegittimo di Giffard; fu Harlequin in una pantomima, al fianco di Richard Yates.

Recitò poi a Ipswich, dove interpretò Aboan in Oroonoko diretto da Thomas Southerne, e successivamente portò in scena la commedia The Incostant di George Farquhar. Quando fece ritorno a Londra, le sue qualità e la sua versatilità erano già affinate ed evidenti.

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Garrick debuttò nella capitale il 19 ottobre 1741 nel ruolo di Richard III al Goodman’s Fields Theatre di Giffard. Ben presto il suo nome, la sua freschezza recitativa e i suoi tratti espressivi divennero estremamente popolari. Egli voleva rappresentare, a partire da quel ruolo tragico così significativo, tutta la gamma di passioni umane. In realtà fu soprattutto grazie al senso di novità che trasmetteva che dovette l’attenzione del pubblico londinese, il quale vide in lui la personificazione dei tipici valori romantici, quali la sympathetic imagination. La sua versatilità venne ribadita quello stesso anno con l’interpretazione di Clodio in Love Makes a Man di Colley Cibber (Ottobre 1741) e di Bayes in The Rehearsal di George Villiers, Duca di Buckingham (Febbraio 1742). Il 30 novembre 1741 venne messa in scena una farsa in due atti scritta dallo stesso Garrick, The Lying Valet, che godette di grande popolarità per un lungo periodo. Garrick si fece conoscere ed apprezzare per la sua scrittura—sia come autore originale che come adattatore di opere altrui—ma anche per le sue doti di attore; le sue interpretazioni risultarono talmente innovative da far sì che si distinguesse dai suoi contemporanei.

Decise di recitare la stagione successiva allo Smock Alley di Dublino, ma prima di partire mise in scena al Drury Lane tre rappresentazioni speciali per il pubblico londinese: Bayes, King Lear e Richard III, con le quali ebbe uno strabiliante successo. In quell’occasione conobbe l’attrice Peg Woffington, della quale si innamorò e con cui visse per qualche tempo una volta rientrato nella capitale britannica. A Londra continuò a recitare presso il Drury Lane Theatre, che attraversava un periodo di grande splendore e che annoverava tra i suoi attori lo stesso Garrick, Peg Woffington, Charles Macklin, Hannah Pritchard e Kitty Clive. Il gruppo sbaragliò facilmente la concorrenza del Covent Garden, rappresentata dall’attore tragico James Quin, appartenente ad una scuola di recitazione antiquata e ormai superata. Garrick eccelse nel ruolo di Hamlet, ma anche nell’interpretazione di due personaggi comici tra i più apprezzati del suo repertorio: Abel Drugger in un adattamento di The Alchemist di Johnson, e Archer in The Beaux’ Stratagem di Farquhar. Nonostante l’ottima stagione teatrale appena terminata, gli attori del Drury Lane si ritrovarono senza paga a causa delle discutibili capacità gestionali di Fleetwood, manager del teatro. Con Garrick come portavoce, la compagnia si appellò al Lord Chamberlain, ma senza successo. Fleetwood, nel frattempo, aveva dato inizio alla nuova stagione teatrale escludendo quel gruppo di attori che si era sollevato contro la sua direzione e, ancora una volta, toccò a Garrick porsi come guida e negoziare con il manager il loro ritorno sulle scene. In seguito alle trattative, Garrick accettò il compromesso proposto da Fleetwood, che intendeva riprendere con sé tutti gli attori tranne Macklin. Quest’ultimo, sentendosi tradito dal collega, si scagliò contro di lui con un pamphlet dai toni molto accesi. Al ritorno al Drury Lane, nel dicembre del 1743, Garrick si trovò di fronte un manipolo di sostenitori dell’ex collega, che lo costrinsero con la loro veemenza ad abbandonare il palco. Fu in questo periodo che iniziò seriamente a pensare di intraprendere anche la carriera manageriale. Inoltre, attraverso la scrittura di prologhi ed epiloghi, che leggeva e interpretava direttamente per gli spettatori, divenne un maestro nelle relazioni pubbliche.

All’inizio del 1744 interpretò per la prima volta Macbeth, che definì come uno dei ruoli più difficili da preparare; solo nel 1748, dopo essere stato affiancato da Hannah Pritchard nella parte di Lady Macbeth, trovò più semplice impersonare il protagonista della tragedia shakespeariana. La relazione con Peg Woffington iniziò ad incrinarsi, tuttavia i due continuarono a recitare insieme durante la stagione 1744-1745, che vide Garrick nel ruolo di Sir John Brute e Woffington in quello di Lady Brute in The Provok’d Wife di Vanbrugh. Nella sua interpretazione di King John, invece, venne affiancato da Susannah Cibber, con cui mantenne un forte legame di amicizia fino alla morte di lei nel 1766.

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Dopo un periodo di malattia ed esaurimento per le troppe rappresentazioni, dal dicembre 1745 al maggio 1746, lavorò a Dublino. La relazione con Peg Woffington terminò prima della sua partenza per sospetta infedeltà e figli illegittimi. Nonostante gli attriti con Thomas Sheridan, il successo di Dublino raggiunse i livelli di quello di Londra, grazie anche all’espressività dei dipinti di William Hogarth che permise al suo Riccardo III di essere conosciuto in tutta l’Inghilterra. Di ritorno dalla capitale irlandese, si accordò immediatamente con John Rich, direttore del Covent Garden, per la messa in scena di sei spettacoli. Speranzoso di un futuro riavvicinamento con il Drury Lane, e malgrado i contrasti con il nuovo direttore James Lacy, continuò la stagione al Covent Garden e venne affiancato dal rivale James Quin, le cui doti recitative vennero tristemente eclissate dal giovane pretendente Garrick. La sua fama continuò ad aumentare anche grazie alla farsa Miss in her Teens, andata in scena il 17 gennaio 1747, mentre il 12 Febbraio di quello stesso anno portò in scena il suo personaggio più seducente, Ranger in Benjamin’s Hoadly; si dice che la sua notorietà tra il pubblico femminile incrementò il numero di incassi.

Finalmente, nella primavera del 1747, venne firmato un regolare contratto tra Garrick e Lacy per la direzione congiunta del Drury Lane, che rimase in atto fino alla morte di Lacy nel 1774.

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Nel 1779 sposò la giovane ballerina Eva Maria Vegel alla quale rimase fedele fino alla morte. Fu devoto al suo lavoro, amministrò il Drury Lane con arguzia, scelse personalmente i vari attori, si premurò delle condizioni del teatro e richiese sempre rappresentazioni di alto livello. Sotto la sua guida, il Drury Lane diventò uno dei teatri più importanti del Regno Unito e i suoi attori vennero seguiti fino alla vecchiaia grazie alla creazione del fondo teatrale per l’aiuto agli attori disabili e in pensione, istituito nel 1766.

Il teatro fu ristrutturato e riaprì il 15 settembre 1747 con la rappresentazione de Il Mercante di Venezia, con cui mostrò definitivamente la sua vena shakespeariana, tanto da essere etichettato nel 1751 come la “casa di William Shakespeare”.

La rivalità tra i due teatri, Drury Lane e Covent Garden, si fece sempre più accesa ma grazie al giusto mix tra novità e vecchi successi, Garrick non permise al manager rivale, Dodsley, di avere la meglio.

Nel maggio del 1750, in occasione delle nuove elezioni, Garrick sostenne il partito dei Whig con un’intensa propaganda.

In seguito ad un breve viaggio a Parigi, raccolse idee e scoprì gli sviluppi teatrali della capitale francese, che lo ispirarono per il successivo programma del Drury Lane. La direzione del teatro ebbe i suoi alti e bassi, e fu colpita da varie sommosse: una patriottica contro le performances con attori francesi, e un’altra contro il dimezzamento del prezzo per gli spettatori che entravano nel terzo atto.

Garrick ormai stanco e stressato dal continuo lavoro decise di prendersi una vacanza e lasciare momentaneamente la direzione del teatro a George Colman, che iniziò a lavorare insieme a Lacy.

Il tour del 1763, che comprese varie città europee come Parigi, Lione, Monaco, Torino, Venezia, Roma e Napoli lo rese noto presso diverse corti e gli permise di stringere amicizie con personaggi molto importanti quali Diderot, Lady Spencer o Madame Riccoboni. La malattia lo costrinse però a fermarsi e fare ritorno a casa, prendendosi un periodo di convalescenza.

Il pensiero di tornare a calcare il palco dopo due anni di pausa però gli provocò una mancanza di autostima, che lo portò ad inviare una serie di volantini satirici riguardanti la sua carriera, prima del suo ritorno sulle scene, avvenuto nel 1765.

out of; (c) Stratford-upon-Avon Town Hall; Supplied by The Public Catalogue Foundation

Inoltre, pubblicò un saggio sulla recitazione nel 1744 e continuò a scrivere molte opere per il Dury Lane, come ad esempio The Irish Widow (1772) e A Christmas Tale (1773). La sua presenza sul palco divenne, con il passare degli anni, sempre più rara a causa di problemi di salute, quali la gotta e l’artrite.

Il suo più grande successo fu Il Giubileo, messo in scena nel 1769 in onore della nascita di Shakespeare.

Continuò la direzione del Drury Lane nonostante la malattia lo stesse lentamente consumando. Nel 1776, i biglietti per i suoi ultimi spettacoli, con i suoi più celebri personaggi, andarono quasi subito esauriti.

La direzione del Drury Lane passò nelle mani di Sheridan mentre Garrick trascorreva le sue giornate tra il celebre club Almack’s Assembly Rooms e qualche incursione in teatro.

Morì il 20 gennaio del 1779, i funerali tenutisi il 1 febbraio furono un’occasione quasi teatrale per ricordarlo, tanto che il capo cerimoniere fu lo stesso Sheridan.

Garrick ebbe un’influenza enorme sul teatro britannico che non fu circoscritta all’epoca in cui visse. Egli cambiò radicalmente lo stile di recitazione britannico, ponendo alla base del teatro l’energia e il coinvolgimento del pubblico. Grazie alla sua innovativa visione scenica, permise alle opere di Shakespeare di diventare vere e proprie rappresentazioni iconiche del teatro inglese. Fu il primo a padroneggiare le relazioni col pubblico oltre che con i propri attori, costantemente sostenuti e incitati perché dessero il massimo dell’impegno e fossero in grado di lavorare in squadra.

La rivoluzione che apportò al teatro fu di grande impatto e divenne un esempio da seguire nei secoli successivi.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-13359  Batty, Mark (2004), “Hippisley, John (1696–1748)”, Oxford Dictionary of National Biography (online ed.), Oxford University Press  [Ultima Consultazione 09/01/2020]

Charles Dibdin, ‘The Younger’, (1768-1833)

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Charles Dibdin, ‘The Younger’, (1768-1833)

Charles Dibdin “il Giovane”, noto anche come Charles Isaac Mungo, nacque il 27 ottobre 1768 a Londra, primogenito dell’attore Charles Dibdin e dell’attrice Harriet Pitt. Visse in un’epoca di grande proibizionismo, ma fu sempre dedito al teatro, per il quale nutriva un enorme interesse, grazie anche all’influenza del noto genitore. Ricevette il soprannome di Mungo in ragione di un ruolo interpretato dal padre nell’opera The Padlock (1768) del drammaturgo Isaac Bickerstaffe, dal quale invece ereditò il suo secondo nome.

Charles fece il suo debutto teatrale insieme al fratello, Thomas John, in The Jubilee di Garrick nel 1775. In seguito alla separazione dei genitori, però, venne affidato insieme a Thomas John ad un parente della madre, per poi venire mandato in collegio nel nord dell’Inghilterra all’età di nove anni. Cinque anni dopo Charles tornò a Londra per cominciare un apprendistato di sette anni presso il banco dei pegni di Mr. Cordy a Snow Hill.

Dibdin, tuttavia, preferiva la letteratura all’attività commerciale, come testimoniano alcune opere pubblicate a partire dal 1792, la prima delle quali fu la raccolta di poesie Poetical Attempts: by a Young Man. Nel 1797, lasciò il banco dei pegni per debuttare come intrattenitore al Royalty Theatre nel one-man show Sans six sous, titolo che nasconde un gioco di parole sulla sua povertà e un riferimento al teatro del padre, il Sans Souci Theatre.

Nello stesso anno sposò l’attrice Mary Bates, dalla quale ebbe undici figli. In seguito al matrimonio i due coniugi firmarono un contratto della durata di tre anni con Philip Astley, proprietario dell’Amphitheatre of the Arts, per il quale Dibdin scrisse canzoni, prologhi, epiloghi ed opere musicali in atto unico.

Nel 1799 marito e moglie si unirono ad una compagnia equestre itinerante che li portò ad esibirsi a Liverpool, Bristol e Manchester, mentre nel 1800 divenne impresario del teatro Sadler’s Wells di Londra, la cui fortuna fu accresciuta anche dalle nuove opere scritte dallo stesso Dibdin, che soddisfacevano il gusto per lo spettacolo e per il sentimentalismo patriottico del pubblico. Un esempio fu The Wild Man (1809), in cui l’assoggettamento volontario dell’‘uomo selvaggio’ al potere imperiale sembra rappresentare la costituzione dell’impero britannico come un processo benevolo giustificato da una motivata superiorità morale.

Nel 1804 Dibdin installò al Sadler’s Wells una grande vasca che gli permise di pubblicizzarlo come teatro acquatico in cui si svolgevano battaglie navali realistiche e salvataggi di bambini da parte di cani Terranova.

Nelle sapienti mani di Dibdin e del suo maggior collaboratore Joseph Grimaldi, il clown più popolare nel teatro dell’epoca, la pantomima si trasformò in un genere urbano, soprattutto grazie alla sua forma versatile, che permetteva di rappresentare scene della città moderna, e alla satira, che prendeva di mira le manie del mondo metropolitano.

Charles Dibdin mantenne il ruolo di manager del Sadler’s Wells anche dopo il disastro avvenuto il 15 ottobre 1807, quando 18 persone morirono durante una fuga precipitosa causata da un falso allarme per un incendio. Tuttavia, la fama del teatro era ormai in decino: la fine delle guerre Napoleoniche ridusse l’interesse del pubblico per il tipo di intrattenimento offerto da Dibdin, mentre la moglie morì nel 1816, lasciandolo solo e pieno di debiti. Proprio a causa di questi, l’attore fu imprigionato nel 1819, ma venne rilasciato due anni dopo, in seguito alla vendita delle sue azioni del Salder’s Wells.

Continuò a scrivere canzoni, pantomime e poesie come Young Arthur, or, The Child of Mystery: a Metrical Romance; fu direttore di scena al Royal Amphitheatre dal 1822 al 1823 e manager del Surrey Theatre tra il 1825 e il 1826. Nel 1826 pubblicò A History of the London Theatres, mentre la sua ultima farsa, Nothing Superfluous, risale al 1829. Le sue memorie, completate nel 1830, non furono date alla stampa fino alla pubblicazione della versione ridotta del 1956.

Charles Isaac Mungo Dibdin morì il 13 gennaio 1833, senza essere riuscito ad eguagliare la fama del padre o il successo teatrale del fratello, ma essendosi distinto grazie all’amministrazione del Sadler’s Wells Theatre, alla sua fede incrollabile e alla sua salda morale.

English Translation
Charles Dibdin, ‘The Younger’, (1768-1833)

Charles Didbin the younger, also known as Charles Isaac Mungo, was born on the 27th October 1768 in London, firstborn of actor Charles Didbin and actress Harriet Pitt. He lived in a time of great prohibitionism but was always dedicated to the theatre, to which he harboured great interest thanks, in part, to the influence of his then-famous parents. He was given the nickname Mungo because of a role he portrayed in The Padlock (1768) by Isaac Bickerstaffe, from whom he inherited his second name.

Charles made his theatrical debut together with his brother, Thomas John, in David Garrick’s The Jubilee in 1775. However, following their parents’ separation, Charles and his brother were put into their mother’s care and sent to a boarding school at the age of nine. Five years later, Charles returned to London to start a seven-year apprenticeship with a pawnbroker at Snow Hill.

Still, Didbin preferred literature to business, as can be seen from his published works from 1792 onwards, the first of which was the collection of poetry titled Poetical Attempts: by a Young Man. In 1797, he left his apprenticeship to debut as a performer at the Royalty Theatre in a one-man show called Sans six sous, a title with a hidden play on words referring to his poverty and his father’s theatre, the Sans Souci Theatre.

That same year he married actress Mary Bates, with whom he had eleven children. Following the marriage, the couple signed a three-year contract with Philip Astley, owner of the Amphitheatre of the Arts, for whom Didbin wrote songs, prologues, epilogues and one-act musical plays.

In 1799 Didbin and his wife joined a touring equestrian company that took them to perform in Liverpool, Bristol and Manchester; in 1800, he became manager of the Sadler’s Wells Theatre in London. There, his new works were very appreciated, satisfying the public’s patriotism and taste for performing arts. One example of this was The Wild Man (1809), in which the voluntary submission of the ‘wild man’ to imperial power seemed to make the creation of the British Empire out to be a benevolent act justified and driven by a sense of moral superiority.

In 1804 Didbin had a large pool installed in the Sadler’s Wells which allowed him to advertise the theatre as an aquatic theatre, where performances of realistic naval battles and children’s rescues by Newfoundland dogs took place.

In the skilful hands of Didbin and his main collaborator Joseph Grimaldi, the most popular clown in the theatre of the time, the pantomime transformed into an urban genre, thanks most of all to its versatile art form, that allowed the representations of scenes of the modern city, and to the satire that targeted the quirks of the metropolitan world.

Charles Didbin remained the manager of Sadler’s Wells even after the disaster that took place on the 15th October 1807, when 18 people died during a stampede caused by a false fire alarm. However, the theatre’s fame had started to decline: the end of the Napoleonic wars reduced public interest in the type of entertainment Didbin offered, whilst his wife died in 1816, leaving him alone and in debt. Due to the outstanding debts, the actor was jailed in 1819 but released two years later following the sale of his shares of Salder’s Wells.

He continued to write songs, pantomimes and poems like Young Arthur, or, The Child of Mystery: a Metrical Romance; he became stage manager of the Royal Amphitheatre from 1822-1823 and manager of the Surrey Theatre from 1825-1826. In 1826, he published A History of the London Theatres, meanwhile his last show, Nothing Superfluous, took place in 1829. His memoirs, completed in 1830, weren’t printed until the abridged version was published in 1956.

Charles Isaac Mungo Didbin died on the 13th January 1833, without having succeeded at equalling his father’s fame or his brother’s theatrical success. Nevertheless, it should be mentioned that he distinguished himself for his good administration of the Sadler’s Wells Theatre, his unwavering faith and his sound morals.

Translated by Aisha Gueye
Revised by Dott.ssa Valentina Pramaggiore

Bibliografia/Bibliography:

Moody, Jane, Illegitimate Theatre in London, 1770-1840 (Cambridge, Cambridge University Press, 2000)

http://www.oxforddnb.com/view/article/7586?docPos=2 [Matthew Kilburn, ‘Dibdin, Charles Isaac Mungo (1768–1833)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 12/04/16]

Richard Cumberland (1732-1811)

Richard Cumberland (1732-1811)

Richard Cumberland, by George Romney, circa 1776 - NPG 19 - © National Portrait Gallery, London

Per quanto ricordato principalmente per la sua produzione teatrale, Cumberland scrisse anche diverse opere in prosa e in versi. Tra i suoi lavori in prosa si contano diversi romanzi sentimentali sulla scia di Richardson e Fielding, nonché diversi saggi. L’opera in prosa più celebre composta dall’autore è Memoirs of Richard Cumberland, Written by Himself (1806), in cui riportò interessanti descrizioni di alcuni suoi contemporanei. Si mise alla prova in tutti i generi poetici e tradusse versi dal latino e dal greco. Tra le sue opere in versi più degne di note ci furono le poesie Calvary, or, The Death of Christ (1792) e Retrospection (1811), scritte in blank verse. Cumberland è inoltre ricordato per aver ispirato il personaggio di Sir Fretful Plagiary nell’opera di Richard Brinsley Sheridan The Critic (1779). Sir Fretful Plagiary esemplifica il tipico drammaturgo senza talento e vanesio, incapace di accettare critiche, un po’ come lo stesso Cumberland.

Richard Cumberland nacque nel 1732 e passò la sua infanzia a Cambridge. Figlio di un pastore della Chiesa Anglicana, aveva come nonno materno il rettore del Trinity College a Cambridge, Richard Bentley, mentre il suo bisnonno paterno era stato l’arcivescovo di Peterborough. A sei anni venne mandato a studiare a Bury St Edmunds, dove si distinse per la sua mente brillante e per la predisposizione per la poesia. A dodici anni passò alla Westminster School, rimanendoci fino al 1747. In quell’anno venne infatti ammesso al Trinity College per completare gli studi universitari, che si conclusero nel 1752. Con l’aiuto del padre venne in seguito assunto come segretario dal conte di Halifax, per cui svolse diversi incarichi fino al 1762. Nel 1759 sposò Elizabeth Ridge, da cui ebbe sette figli. Ciò nonostante, diverse fonti sostenevano che Cumberland fosse omosessuale.

Mentre lavorava per il conte di Halifax, Cumberland portò avanti il suo interesse per il teatro e compose i suoi primi play, che non furono mai messi in scena. Il dramma musicale The Summer’s Tale (1765) fu la prima opera composta da Cumberland a ottenere un discreto successo e ad essere rappresentata al Covent Garden. Questa venne seguita da una commedia sentimentale, The Brothers (1869), ispirata dal Tom Jones di Henry Fielding, che venne molto apprezzata dal pubblico. The West Indian, messa in scena nel 1771 al Drury Lane e diretta dal famoso David Garrick, ottenne un successo tale da arrivare ad essere rappresentata anche oltreoceano. La trama non era brillante, ma sapeva cogliere ed evidenziare i sentimenti dei personaggi, toccando i cuori degli spettatori. L’anno dopo Cumberland portò un’altra commedia sentimentale sul palco, The Fashionable Lover, e ad essa seguirono tante altre opere negli anni successivi.

Male Poster featuring the painting Richard Cumberland, C.1771 by George Romney

Intanto, nel 1875, Cumberland venne assunto come segretario del Board of Trade e nel 1780 fu mandato in Spagna per intrattenere relazioni finanziarie, esperienza che ispirò i suoi scritti in prosa Anecdotes of Eminent Painters in Spain during the Sixteenth and Seventeenth Centuries. Ritornò senza aver concluso nessun affare e senza essere pagato quanto gli spettava. Cumberland decise allora di ritirarsi a Tunbridge Wells, dove rimase fino alla morte, continuando a scrivere i suoi play. In questo periodo venne composta The Walloons (1782), su cui influì notevolmente la sua esperienza in terra spagnola.

L’opera di maggiore successo di Richard Cumberland, tutt’ora ritenuta la più significativa della sua produzione teatrale, fu The Jew. La commedia fu messa in scena al Drury Lane nel 1794 e catturò l’attenzione pubblica per la sua rappresentazione dell’Ebreo Sheva che, distaccandosi da secoli di convenzioni teatrali, non era descritto come un malefico usuraio, bensì come l’eroe positivo del play. L’opera fu tradotta in tedesco, in ebraico e in yiddish.

Negli ultimi anni di vita Cumberland curò una rivista, The London Review, che però non fu accolta con entusiasmo. Morì nel 1811, lasciando il mondo della cultura incerto sulle parole da usare per commemorarlo. Se da un lato era stato molto apprezzato dal pubblico per le commedie sentimentali, dall’altro lato, la maggior parte dei suoi colleghi guardava alle opere di Cumberland e all’autore stesso con derisione.

Sitografia:

http://www.gutenberg.org/files/38709/38709-h/38709-h.htm#ar40 [“CUMBERLAND, RICHARD”, The Project Gutenberg EBook of Encyclopaedia Britannica, 11th Edition, Volume 7, Slice 8, 2012. Consultato il 17/07/2019.]

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-6888?rskey=rsoWpY&result=4 [Arthur Sherbo, “Cumberland, Richard”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2006. Consultato il 17/07/2019.]

https://www.britannica.com/biography/Richard-Cumberland-British-dramatist [“Richard Cumberland British Dramatist”, Encyclopaedia Britannica. Consultato il 17/07/2019.]

John Baldwin Buckstone (1802-1879)

John Baldwin Buckstone (1802-1879)

John Baldwin Buckstone, by (Octavius) Charles Watkins, 1850s - NPG P944 - © National Portrait Gallery, London

Egli conquistò i suoi contemporanei grazie alle sue doti di attore comico. Buckstone aveva un volto espressivo e una voce strascicata, che sapeva usare con maestria per conquistare e divertire i suoi spettatori. Compose oltre 150 play  che spaziavano dal melodramma alla farsa e si distinsero per il loro humor e i personaggi ben caratterizzati. Un aspetto significativo della sua produzione teatrale era quello di avere un carattere “popolare”: egli cercava di convogliare nelle sue opere tutti quegli elementi che il pubblico della sua epoca apprezzava. Questo aspetto gli garantì una grandissima popolarità in vita, che si estese anche oltreoceano fino all’America. Tuttavia, in seguito alla sua morte nel 1879 la sua opera non riuscì più a suscitare interesse e venne presto dimenticata.

Nato e cresciuto a Londra, dopo una breve esperienza nella Marina da ragazzino, Buckstone intraprese il praticantato per diventare avvocato, carriera che abbandonò presto per potersi dedicare alla sua vera passione: il teatro. A diciannove anni si unì ad una compagnia itinerante, con la quale girò per i teatri del sud-est dell’Inghilterra per diversi anni. Durante questo periodo Buckstone conobbe il famoso attore Edmund Kean, che lo spronò a coltivare il suo talento di attore comico. Nel 1823 tornò a recitare nei teatri di Londra e l’anno successivo divenne un membro della compagnia teatrale del Coburg’s Theatre.

John Baldwin Buckstone, by Daniel Maclise, circa 1836 - NPG 2087 - © National Portrait Gallery, London

Nel 1827 Buckstone si spostò all’Adelphi Theatre, dove impersonò alcuni dei suoi ruoli più importanti. Nel 1829, per esempio, interpretò Gnatbrain nella famosa opera Black-Eyed Susan di Douglas William Jerrold. A partire dal 1833 iniziò a collaborare con l’Haymarket Theatre come attore e drammaturgo, inizialmente per brevi periodi e poi stabilmente a partire dal 1839. Per questo teatro egli compose diverse opere, per lo più drammi e farse, si ricordano, ad esempio, Ellen Wareham e Uncle Tom. Tra il 1840 e il 1842 Buckstone fece una tournée negli Stati Uniti, dove le sue opere godevano di una discreta notorietà. Al suo ritorno, collaborò con il Drury Lane e il Lyceum Theatre, per poi tornare a tempo pieno all’Haymarket Theatre, dove divenne il principale scrittore di commedie popolari.

John Baldwin Buckstone, by William Walker & Sons, 1865 - NPG x4862 - © National Portrait Gallery, London

Quando Benjamin Webster lasciò la posizione di manager dell’Haymarket Theatre nel 1853, Buckstone prese il suo posto. Grazie a lui, il teatro si trasformò nel luogo simbolo della commedia inglese. Buckstone produsse infatti moltissime opere e lavorò con attori d’eccellenza. Alla sua direzione fu tuttavia contestata la scelta di fare affidamento sempre sullo stesso cast, difetto che a portò gli spettatori a disertare le sue rappresentazioni. Nel 1877 Buckstone fu costretto a ritirarsi dalla scena, sia per difficoltà finanziarie dovute a errori manageriali, sia per la sua salute in peggioramento. Dopo aver dichiarato bancarotta nel 1878, morì l’anno seguente.

Sitografia:

http://www.gutenberg.org/files/19699/19699-h/19699-h.htm [“BUCKSTONE, JOHN BALDWIN”, The Project Gutenberg EBook of Encyclopaedia Britannica, 11th Edition,Volume 4, Part 3, 2007. Consultato il 15/07/2019.]

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-3876?rskey=SglYwP&result=1 [Donald Roy, “Buckstone, John Baldwin”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2008. Consultato il 15/07/2019.]

https://etd.ohiolink.edu/!etd.send_file?accession=osu1486560879963651&disposition=inline [Gressmann, Malcolm George, The Career of John Baldwin Buckston – Dissertation, The Ohio State University, 1863. Consultato il 15/07/2019.]

Joanna Baillie (1762-1851)

 

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Joanna Baillie (1762-1851)

Joanna Baillie nacque a Bothwell, nel Lanarkshire, l’11 settembre 1762 presso una famiglia che vantava illustri antenati e parenti, tra i quali il patriota scozzese William Wallace, e William e John Hunter, rispettivamente fisico e chirurgo. Joanna era l’ultimogenita di tre figli e aveva una sorella gemella che morì poco dopo la nascita.

Era molto legata ai suoi fratelli, da bambina amava gli spazi aperti, e non era appassionata di libri e letture. Inoltre, insieme alla sorella, si divertiva ad ascoltare storie di fantasmi che trattavano tematiche sovrannaturali e ben presto iniziò a manifestarsi la sua forte passione per la recitazione e la narrazione di storie. Frequentò un collegio a Glasgow, nel quale le sue doti vennero valorizzate ed emerse il suo talento per il disegno, la musica, la matematica e, soprattutto, la composizione di opere teatrali.

In seguito alla morte del padre, avvenuta nel 1783, Joanna, la sorella Agnes e la madre si trasferirono a Londra, dove riuscì ad inserirsi nella società letteraria grazie all’aiuto della zia, moglie di un poeta abbastanza conosciuto. La sua prima poesia fu A Winter Day che, similmente alle tragedie che compose in seguito, è in versi sciolti. Ben presto iniziò a scrivere drammi, studiò le opere di autori francesi quali Molière e Voltaire, e i drammaturghi inglesi delle precedenti generazioni, tra cui Shakespeare.

Baillie si trasferì in seguito a Colchester, dove ebbe l’ispirazione per comporre Plays on the Passions. Proprio a Colchester iniziò a scrivere la tragedia Basil e la commedia The Tryal, entrambe riguardanti la tematica dell’amore, e la tragedia De Monfort, incentrata sull’odio. La struttura dell’opera Plays on the Passions era ambiziosa, in quanto cercava di dare spazio alle passioni più forti della mente umana, trattando ognuna di esse in forma di commedia e di tragedia. Di fondamentale importanza per l’autrice erano la sympathetic curiosity e l’analisi dei sentimenti. Ogni pièce doveva concentrarsi sulla nascita di una passione prevalente, e ciò che veniva drammatizzato erano i complessi meccanismi psicologici nascosti che portano ad un comportamento deciso e passionale.

De Monfort venne rappresentato al Drury Lane nel 1800 e, sebbene fosse stato allestito con somma cura e attenzione, non ebbe particolare successo. Il nuovo approccio analitico adottato da Baillie diede adito a controversie e critiche, spingendo l’autrice a non rivelare la sua identità fino alla pubblicazione di un secondo volume di Plays on the Passions, composto da: The Election, commedia sull’odio, e Ethwald e The Second Marriage, rispettivamente tragedia e commedia incentrate sul tema dell’ambizione. Plays on the Passions fu aspramente attaccato dal critico letterario scozzese Francis Jeffrey, il quale rimproverava a Baillie lo scopo delle opere, e nonostante riconoscesse il grande talento dell’autrice, Joanna lo considerò uno dei suoi più fastidiosi antagonisti.

Né Baillie, né la sorella Agnes si sposarono; di entrambe sono spesso ricordate la disponibilità e socialità, ma anche le illustri amicizie consolidate in campo scientifico e artistico, tra i quali si annoverava Walter Scott.

Nel 1804 pubblicò il volume intitolato Miscellaneous Plays, composto da due tragedie e una commedia, per il quale Baillie scrisse una prefazione indirizzata al lettore nel quale difendeva il ruolo delle sue opere, attribuendo loro la legittimità di pièce teatrali. L’autrice sosteneva di voler scrivere opere che potessero essere messe in scena, e annoverate tra i drammi di importanza nazionale. Tuttavia, le sue composizioni furono spesso accusate di non avere spessore, tanto da portare Baillie a sviluppare la convinzione che i critici non leggessero con attenzione le sue prefazioni e la sottovalutassero in quanto donna. Inoltre, sottolineava il fatto che all’epoca fossero di moda solo spettacoli sfarzosi e che le sue rappresentazioni si addicessero a teatri di piccole dimensioni, cosicché fosse possibile cogliere al meglio la mimica degli interpreti e l’importanza attribuita ai dettagli psicologici.

Nel 1810 Baillie decise di cambiare tematiche e compose The Family Legend, incentrato su questioni prettamente scozzesi. Il successo—al quale contribuirono in parte anche il prologo di Walter Scott e l’epilogo di Henry Mackenzie— fu tale che decise di far rappresentare nuovamente De Monfort, che a quel punto fu altrettanto apprezzato.

L’ultimo volume di Plays on the Passions fu pubblicato nel 1812 e comprendeva: le tragedie Orra e The Siege, e la commedia The Alienated Manor, incentrate sulla paura, e il dramma musicale The Beacon, il cui tema era la speranza. In seguito compose Metrical Legends of Exalted Characters, pubblicato nel 1821, che racconta in versi le gesta di personaggi storici quali Cristoforo Colombo e William Wallace.

Baillie decise di donare metà dei suoi guadagni per scopi caritatevoli e si interessò ad attività filantropiche, inoltre aiutò nuovi poeti ad emergere e molti scrittori ad attraversare periodi difficili. Era molto avveduta nell’ambito dell’industria editoriale ed usò le sue conoscenze per facilitare e promuovere giovani talenti e scrittori che desideravano essere inseriti nell’ambiente culturale dell’epoca.

La religione fu molto importante per l’autrice che, nel 1826, pubblicò The Martyr, tragedia a carattere religioso scritta per la sola lettura, e nel 1831 compose un opuscolo nel quale prendeva in esame varie dottrine.

Gli anni successivi non furono molto prolifici in quanto non godette di buona salute, tuttavia ciò non le impedì di continuare la stesura di Plays on the Passions. In quel periodo pubblicò infatti una tragedia e una commedia sulla gelosia, e una tragedia sul rimorso, accolte con entusiasmo dalla critica. Inoltre, nel 1840 diede alla stampa, incoraggiata dall’amico e poeta Samuel Rogers, Fugitive Verses e nel 1849 la poesia Ahalya Baee, destinata ad un circolo ristretto. Baillie attese con trepidazione la pubblicazione di un volume che contenesse tutte le sue opere. Tale volume fu pubblicato nel 1851 poco prima della sua morte, che avvenne quando aveva quasi raggiunto il novantesimo anno d’età, traguardo decisamente avanzato per l’epoca.

Joanna Baillie fu sempre molto apprezzata per il suo atteggiamento contenuto e modesto, e per la sua innata capacità di sondare l’animo umano per analizzarne le emozioni. Donna avveduta e perfettamente inserita nella scena culturale dell’epoca, vantava amicizie con le più importanti scrittrici del suo tempo, e la vivace creatività fu sempre una sua caratteristica distintiva. Il contributo apportato all’innovazione in ambito teatrale le fu riconosciuto anche in seguito, e in molti dovettero rivalutare l’importanza precedentemente attribuitale.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view  Norma Clarke, “Baillie, Joanna (1762–1851)”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; [Ultima Consultazione 09/01/2020]

Elizabeth O’Neill, Lady Becher (1791-1872)

Elizabeth O’Neill, Lady Becher (1791-1872)

L’attrice Elizabeth O’Neill nacque nel 1791 in Irlanda. Il padre, John O’Neill, era un actor-manager del teatro di Drogheda, dove Elizabeth iniziò a calcare le scene sin da bambina. In seguito passò a Belfast dove rimase per due anni, e quindi a Dublino, dove apparve nei ruoli di Giulietta, Jane Shore nell’opera omonima di Nicholas Rowe, e Ellen in una versione drammatica tratta dal poema The Lady of the Lake di Walter Scott. Acquistando rapidamente popolarità, nel febbraio del 1814 recitò da protagonista in Adelaide, or, The Emigrants di Richard Lalor Sheil al Crow Street Theatre.

Il 6 ottobre dello stesso anno, ingaggiata da Thomas Harris, fece il suo debutto a Londra al Covent Garden, nella parte di Giulietta, al fianco di William Conway nei panni di Romeo. Ebbe subito un grande successo fra il pubblico londinese, e per le sue brillanti interpretazioni fu definita da numerosi critici l’erede della celebre Sarah Siddons. Le performance tragiche di O’Neill suscitavano grande commozione nel pubblico, soprattutto tra gli uomini che, a quanto si dice, erano particolarmente soggetti a svenimenti durante i suoi spettacoli.

L’attore William Charles Macready lodò l’eleganza della sua recitazione e il candore del suo aspetto. Altri ammiravano la musicalità della sua voce e la sua bellezza “classica”, mentre William Hazlitt fu affascinato dai suoi lineamenti espressivi, che suscitavano l’empatia del pubblico.

Dal 1814 al 1819 O’Neill affascinò gli spettatori londinesi con i suoi ruoli tragici, fra i quali Giulietta, Belvidera in Venice Preserv’d e Monimia in The Orphan, entrambe di Thomas Otway, e Jane in Jane Shore di Nicholas Rowe. Recitò anche in parti inedite nelle tragedie Evadne, or, The Statue di Richard Lelon Sheil, e Fazio di Henry Hart Milman. Nonostante le sue più famose interpretazioni siano nell’ambito della tragedia, si fece notare anche per alcune commedie, nei personaggi di Lady Teazle in The School for Scandal di Richard Brinsley Sheridan, Widow Cheerly in The Soldier’s Daughter di Andrew Cherry, e Lady Townly in The Provok’d Husband di Colley Cibber.

La sua brillante recitazione influenzò Percy Bysshe Shelley nella composizione dell’opera The Cenci. Egli rimase profondamente colpito dalla grazia e dall’intenso pathos delle performance di O’Neill, soprattutto nel ruolo di Bianca in Fazio di Milman, tanto da prenderla a modello per il personaggio di Beatrice in The Cenci. Uno dei suoi insuccessi fu invece l’interpretazione di Lady Randolph in Douglas di John Home; Sir Walter Scott e William Charles Macready giudicarono il ruolo poco adatto allo stile di recitazione e all’aspetto di O’Neill.

Dopo soltanto cinque anni di carriera, Elizabeth abbandonò le scene nel 1819. L’esibizione del 13 luglio di quell’anno, che doveva essere la sua ultima apparizione prima Natale, fu invece l’ultimo spettacolo dell’attrice. Il 18 dicembre 1819 lasciò definitivamente il teatro e sposò William Wrixon-Becher (1780-1850), membro del parlamento per la circoscrizione irlandese di Mallow e facoltoso proprietario terriero nella contea di Cork, poi nominato baronetto nel 1831. O’Neill, ormai Lady Wrixon-Becher, morì il 29 ottobre 1872.

Bibliografia:

http://www.oxforddnb.com/view/article/1892 [K. D. Reynolds, ‘O’Neill, Elizabeth married name Elizabeth Wrixon-Becher, Lady Wrixon-Becher] (1791–1872)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004]

Donohue, Joseph W. Jr., Dramatic character in the English Romantic Age (Princeton, Princeton University Press, 1970)

Crisafulli, Lilla Maria and Fabio Liberto (eds), The Romantic Stage, A Many-sided Mirror (Amsterdam, Rodopi, 2014)

John Rich – John Lun (1692-1761)

John Rich  – John Lun (1692-1761)

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John Lun – nell’atto della recitazione

John Rich, noto come il ‘padre della pantomima inglese’, nacque nel 1692, figlio di Christopher Rich, manager teatrale. È noto per aver introdotto la pantomima nel teatro inglese, per aver interpretato lui stesso la parte di un Arlecchino muto e danzante dal 1717 al 1760 e per aver introdotto un tipo di intrattenimento che va sotto il nome di spectacle, che oggi potremmo chiamare identificare come caratterizzato da effetti speciali. I suoi spettacoli si sforzavano di rendere realistica la scena mediante spari di cannone, la presenza di animali, e molteplici illusioni di scenari bellici. A partire dal 1728, Rich divenne sinonimo di produzioni sfarzose e di successo.

Nel 1714, alla morte del padre, Rich ereditò da quest’ultimo il controllo del Lincoln’s Inn Fields e qui, nel 1716, sotto lo pseudonimo di Lun, vestì per la prima volta i panni di Arlecchino in un’opera di intrattenimento senza titolo, che divenne poi una pantomima riproposta annualmente. Grazie a quest’opera il teatro iniziò a decollare e guadagnò punti nello scontro con la più forte compagnia del Drury Lane. Quando Alexander Pope scrisse la prima versione della Dunciad, ma ancora nella seconda e terza edizione, Rich apparve come incarnazione del disagio dell’epoca e dello svilimento del gusto. Nel Dunciad Variorum del 1732, Pope nomina John Rich come angelo della dea Dullness:

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John Lun – nel ruolo di Arlecchino

Immortal Rich! how calm he sits at ease Mid snows of paper, and fierce hail of pease; And proud his mistress’ orders to perform, Rides in the whirlwind, and directs the storm.” (III l. 257-260)

Negli anni ‘30 e ’40 del Settecento, Rich lavorò molto sia producendo nuove opere sia rimettendo mano alle pantomime già esistenti. Il pubblico apprezzava molto il suo modo di esprimere emozioni attraverso la danza. Ebbe meno fortuna nella direzione del Covent Garden Theatre, che iniziò nel 1732 e portò avanti fino all’arrivo di Garrick, nel 1746, quando il teatro conobbe finalmente una stagione favorevole. Fu però durante la direzione di Rich che avvenne lo scontro tra il Romeo and Juliet di Barry e Mrs Cibber al Covent Garden e quello di Garrick e Miss Bellamy al Drury Lane, e la conseguente competizione tra i due attori principali nel King Lear.

A 60 anni, nel novembre 1752, si esibì per l’ultima volta. Rich fu molto celebre anche a corte, tanto che nel 1740 si esibì di fronte al principe del Galles. Morì il 26 novembre 1761 nella sua casa vicino al Covent Garden.

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John Lun – nel ruolo di Arlecchino

Rimangono celebri i brevi versi di Garrick, scritti alla sua morte, in cui appare chiaro come le sue performances fossero pura pantomima, senza l’ausilio di parole:

“When Lun appeared, with matchless art and whim, He gave the power of speech to every limb: Tho’ masked and mute, conveyed his quick intent, And told in frolic gesture what he meant.”

Bibliografia

https://www.britannica.com/biography/John-Rich “John Lun”, Encyclopaedia Britannica [Ultima consultazione 09/01/2020].

 

James Quin (1693-1766)

James Quin (1693-1766)

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James Quin nacque il 24 febbraio 1693 a Londra, figlio illegittimo di Elizabeth Grindzell e James Quin; i genitori si erano sposati nonostante il primo marito di Elisabeth fosse ancora vivo. Il giovane Quin fu mandato a Londra per studiare legge al Trinity College, ma ben presto si avvicinò al mondo delle compagnie teatrali, aspirando ad una carriera da attore.

Fece la sua prima comparsa a Dublino poco dopo la morte del padre, avvenuta nel 1710, ma fu a partire dal 1715 che intraprese una vera e propria carriera teatrale a Londra, entrando a far parte della compagnia del Drury Lane Theatre. Il debutto nella capitale risale al febbraio 1715, nel ruolo di Vulture in The Country Lasses di Charles Johnson. In seguito, Quin continuò a recitare al Drury Lane in ruoli minori. Nel 1716, l’attore interpretò il ruolo di Bajazet in Tamerlane di Nicholas Rowe al posto del collega John Mills e ottenne un enorme successo. Sebbene egli fosse molto apprezzato dal pubblico del Drury Lane, gli furono sempre affidati ruoli minori.

Alla fine del 1717 lasciò il Drury Lane per la compagnia del manager John Rich al Lincoln’s Inn Fields Theatre, dove rimase per 16 anni, durante i quali raggiunse l’apice della sua carriera.

Nell’aprile del 1718, fu giudicato colpevole di omicidio colposo per aver ucciso in duello William Bowen, un altro attore, il quale lo aveva provocato. Quin non fu punito severamente, poiché l’accaduto fu considerato un incidente piuttosto che un crimine. A causa del difficile carattere dell’attore, infatti, erano frequenti le discussioni e i battibecchi con i colleghi Charles Macklin e Theophilus Cibber.

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Durante le stagioni che trascorse al Lincoln’s Inn Fields Theatre, James Quin interpretò ruoli in diverse tragedie e commedie, come ad esempio quello di Othello, Macbeth e King Lear nelle opere shakespeariane. La sua interpretazione di Falstaff venne ricordata a lungo, poiché fu un ruolo in cui non ebbe rivali. Sebbene gli venissero offerti vari ruoli, egli scelse sempre accuratamente quali accettare, perché non riteneva di essere adatto per l’interpretazione di personaggi romantici ed eroici.

Inoltre, nel periodo che va dalla morte dell’attore Robert Wilks nel 1732 al debutto londinese di Garrick nel 1741, Quin fu uno degli attori più pagati e fu molto richiesto sia a Londra sia a Dublino, soprattutto durante la stagione estiva.

Nel 1734, Quin tornò al Drury Lane, richiamato dal nuovo manager Charles Fleetwood, per aiutarlo nella gestione del teatro, e vi rimase fino all’estate 1741. Nel marzo del 1742 fu di nuovo insieme alla compagnia di Rich, questa volta però al Covent Garden, dove rimase fino alla fine della sua carriera, nel maggio 1751. Tra il 1752 e il 1753 Quin recitò ancora qualche volta al Covent Garden, ma solo in occasione delle serate benefiche di Lacy Ryan, suo grande amico.

Il suo stile fu declamatorio, lento ma incisivo. Nel 1746, la sua leadership fu sfidata da David Garrick con un nuovo stile di recitazione, che lo fece trionfare quando i due recitarono insieme al Covent Garden, rispettivamente Quin nel ruolo di Horatio e Garrick in quello di Lothario in The Fair Penitent di Rowe. Nonostante ciò, Quin non portò mai rancore, anzi i due strinsero amicizia e, successivamente, recitarono insieme al Drury Lane.

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Dopo il ritiro dalle scene, durante l’estate, fu spesso ospite nelle case dell’aristocrazia di tutto il Regno Unito dove recitava in alcuni dei suoi ruoli più famosi. Nel gennaio del 1766 le sue condizioni di salute si aggravarono e fu costretto a rientrare a Bath, dove morì il 21 gennaio. Fu sepolto nell’abbazia della città con un epitaffio scritto dallo stesso Garrick. Fu molto ammirato da Walpole, e rimase celebre per la sua rappresentazione di Falstaff, considerata la più riuscita dell’epoca.

Bibliografia

Moody, Jane and Daniel O’Quinn (eds), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830 (Cambridge, Cambridge University Press, 2007)

Donohue, Joseph (ed.), The Cambridge History of British Theatre, Vol. 2 (Cambridge, Cambridge University Press, 2004)

http://www.oxforddnb.com/view/article/22962?docPos=2 [Peter Thomson, ‘Quin, James (1693–1766)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; online edn, 2004; consultato il 23/03/2016]

John Palmer (1744-1798)

John Palmer (1744-1798)

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John Palmer – ritratto – National Portrait Gallery

John Palmer nacque a Londra nel 1744. Il padre Robert prese parte all’esercito britannico e lavorò come portiere al Drury Lane. Della sua gioventù si sa ben poco, se non che la sua famiglia lo incitò più volte ad unirsi all’esercito, ma Palmer declinò sempre con la ferma intenzione di diventare attore. Riuscì nel suo intento quando, nel 1762, Samuel Foote lo accolse, per il ruolo di Harry Scamper, nella sua nuova farsa The Orator, rappresentata all’Haymarket Theatre. Non fu tuttavia un debutto particolarmente clamoroso, e Palmer restò all’Haymarket ancora per poco, per poi passare al Drury Lane di Garrick già nel maggio del 1762 recitando nel ruolo di Buck in The English Gentleman of Paris. Ma anche la collaborazione con Garrick non si rivelò particolarmente fruttuosa, specie in termini economici: dopo aver recitato a lungo in parti minori (tra le quali spiccava giusto quella di George Barnwell in The London Merchant di George Lillo), abbandonò la compagnia in seguito al rifiuto da parte di Garrick di concedergli un aumento di stipendio. Nel 1764, si unì alla compagnia di Norwich per un tour dell’Inghilterra orientale. Con questa riuscì ad ottenere ruoli più prestigiosi e a crearsi una discreta reputazione. Inoltre, nello stesso anno sposò Miss Frances Berroughs, un’ereditiera locale, che presto tradì con una ragazza di origini meno nobili. Anche se tornò subito dalla moglie, la vicenda destò uno scandalo tale da finire sulle pagine di giornali popolari come il Public Clamor. Lui e sua moglie furono persino cacciati dalla famiglia di lei, e dovettero cercare rifugio a Londra. Anche qui, la sua fama lo precedette e gli rese inizialmente impossibile ogni ingaggio importante. Dovette allontanarsi per un po’ viaggiando tra Nottingham, Northampton e Derby perché le acque si calmassero, e quando nel 1766 le cose finalmente sembravano aggiustarsi grazie a una proposta di Foote per l’Haymarket, una disastrosa caduta da cavallo di Foote bloccò ogni progetto. Passò quindi da un piccolo ingaggio all’altro: con Barry per il ruolo di Iago, con Beard al Covent Garden, con Garrick addirittura come comparsa, poi finalmente di nuovo all’Haymarket nei panni di Ben Budge in The Beggar’s Opera di John Gay.

Ma proprio quando sembrava che la carriera di Palmer non sarebbe mai decollata, il caso venne inaspettatamente in suo aiuto. Uno dei suoi problemi maggiori era sempre stato quello dell’omonimia con un altro attore. Costui, più anziano di una ventina d’anni e noto anche come Gentleman John, era sempre rimasto fedele al Drury Lane. Quando nel ’67 era sul punto di esibirsi nel ruolo di Harcourt in The Country Girl (l’adattamento di Garrick di The Country Wife di William Wycherley), si ammalò improvvisamente, e il ruolo fu prontamente affidato da Garrick al suo omonimo, il quale, dopo averlo imparato in un solo giorno, lo interpretò abbastanza bene da riuscire a strappare a Garrick un contratto a lungo termine. Pian piano riuscì così ad affermarsi, anche grazie alla morte nel ’68 dell’altro John Palmer, che dalla malattia non si era mai ripreso. Ampliò gradualmente il suo repertorio, producendosi in una serie di esibizioni sia comiche che tragiche, tra cui Edmund nel Re Lear, Kastrel in The Alchemist di Ben Jonson e Wellbred in Every Man in his Humor sempre di Jonson.

John Palmer nei panni di George Barnwell, 1792- Bath Central Library

In 37 anni di carriera, Palmer interpretò ben 375 ruoli diversi. Il desiderio di impressionare Garrick era tale da fargli accettare qualsiasi parte, così da poter dimostrare la sua grande versatilità. Tuttavia, data la giovane età, faticava ad ottenere grandi ruoli principali al Drury Lane. Per necessità economiche (Garrick ancora non si decideva a concedergli paghe consistenti), nel 1769 iniziò a passare la stagione estiva a Liverpool, e continuò fino al 1775, quando si trasferì prima a Dublino, poi a Birmingham, e successivamente all’Haymarket. Nel 1776, intanto, Garrick aveva lasciato la conduzione del Drury Lane a Sheridan, con il quale Palmer ebbe più fortuna: divenne, infatti, il primo attore a recitare nel ruolo di Joseph Surface in The School for Scandal quando il pezzo debuttò nel 1777.

Fu proprio durante il suo floruit come attore che Palmer decise invece di darsi al management teatrale. Inizialmente, la sua idea fu quella di aprire un nuovo teatro, il Royalty, per sfuggire ai meccanismi di monopolio di Drury Lane e Haymarket. La realizzazione del progetto fu ritardata da insufficienza di fondi e contro-propaganda degli altri teatri, cosicché l’apertura, programmata per il maggio 1786, ebbe luogo solo nel giugno 1787. In tale occasione Palmer recitò in prima persona nei panni di Jacques in As You Like It, e lo spettacolo fu seguito da un aprèslude composto da una provocatoria messinscena del Miss in her Teens di Garrick, e infine da un’apologia, esposta anch’essa da Palmer, della sua nuova attività teatrale. Tuttavia, il teatro ebbe vita breve: a causa di una licenza non completamente in regola, spesso dovette pagare delle multe ed alcuni degli attori furono persino (brevemente) imprigionati. Nel 1788, il Royalty chiuse i battenti, con un Palmer in debito cronico e sull’orlo della bancarotta.

John Palmer in The Stranger, 1798- Bath Central Library

La sua vena opportunistica lo portò allora a gestire, per la stagione 1788-9, niente meno che il Drury Lane, all’interno del quale si nascose dalla legge per un certo periodo. Riemerse qualche mese dopo per passare al Royal Circus, dove produsse una serie di spettacoli, tra cui un’estremamente popolare Demotion of the Bastille. In estate fece apparizioni regolari all’Haymarket, e per la stagione 1790-1 fu ingaggiato al Drury Lane. I suoi compensi erano tuttavia nettamente inferiori rispetto al passato, e nel 1793 partì per cercare fortuna in Scozia. Tornò l’anno successivo, fu riportato al Drury Lane da John Philip Kemble (coadiuvante di Sheridan nella gestione finanziaria). Continuò ad esibirsi lì fino alla sua morte, completando i suoi soliti ingaggi all’Haymarket con occasionali visite nelle province. Verso la fine della sua carriera, riuscì ad interpretare, nello stesso anno (il ’96), Shylock all’Haymarket e finalmente Amleto al Drury Lane. Le sue ultime interpretazioni furono invece quella di Father Philips in The Castle Spectre di Mathew Lewis al Drury Lane, e del ruolo principale di The Stranger di Benjamin Thompson, il 2 agosto 1798. Durante quella performance, Palmer morì sul palco. Nello stesso anno, erano già venuti a mancare prima sua moglie, a febbraio, poi suo figlio Robert (attore anche lui), a luglio. Almeno quattro, o forse persino sei, dei restanti sette figli, diventarono attori.

Bibliografia

Bull, John. ‘Palmer, John (1744–1798)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004. DOI : https://doi.org/10.1093/ref:odnb/21198 [Ultima consultazione il 09/01/2020].

Henry Mossop (1729-1773)

Henry Mossop (1729-1773)

Ridley, Henry Mossop, 1729 - 1773. Irish tragedian

Henry Mossop fu attore e manager teatrale. Incerte le informazioni sulla sua nascita: tra il 1727 e il 1728 (altre fonti riportano però il ’29) probabilmente a Tuam, ma in ogni caso nella contea di Galway. Figlio di un uomo di chiesa, fu cresciuto a Dublino da uno zio, libraio, che lo spinse ad intraprendere lì gli studi. Entrò al Trinity College nel 1745, all’età di diciassette anni, con l’intenzione di divenire un uomo di chiesa.

Non è noto come poi sia nata la sua devozione per il teatro, probabilmente anch’essa incoraggiata dallo zio e da un viaggio a Londra nel ’48. Ad alcuni primi tentativi di dissuasione dall’intraprendere una simile carriera da parte di attori londinesi come David Garrick e John Rich, seguirono incoraggiamenti da parte di Thomas Sheridan, manager dello Smock Alley Theatre di Dublino. Qui avvenne il suo debutto nel 1749, nel ruolo di Zanga in The Revenge di Edward Young ─ interpretazione immediatamente accolta come magistrale, persino da Lord Byron. La carriera di Mossop, dopo la grande fortuna iniziale, fu costellata negli anni successivi da una serie di ulteriori successi in ruoli centrali, fra cui quello di Othello, quello di Iago e quello di Cassius in Julius Caesar. In generale, assunse da quel momento ruoli sempre più impegnativi, specialmente nel senso di una particolare volubilità dei personaggi interpretati, tra cui figurano Hotspur nell’Henry V, Bajazet nel Tamerlane di Rowe o Aboan nell’Oroonoko di Thomas Southerne.

Tuttavia, una lite con Sheridan lo portò dopo soli due anni all’abbandono dello Smock Alley, e nel 1751 fu ingaggiato al Drury Lane da un Garrick evidentemente ravveduto sul suo conto, insieme al quale, dopo un debutto nei panni di Richard III, recitò a Londra per tre stagioni. Qui ripropose i ruoli dublinesi e ampliò il suo repertorio. Si consolidò, inoltre, la sua fama di attore di bell’aspetto, voce chiara, volto espressivo e fiero, atteggiamento talvolta (come sottolinearono in alcune parodie attori come Charles Churchill) eccessivamente enfatico.

Nella stagione ‘54-55 un’offerta retributiva molto conveniente lo riportò per poco a Dublino, ma già nella stagione successiva Mossop fece ritorno al Drury Lane, dove sarebbe rimasto per altre tre stagioni. La fine definitiva della collaborazione con Garrick si ebbe nel 1759, quando Mossop tornò a recitare ancora una volta a Dublino, ma presso il Crow Street Theatre. L’anno seguente decise di farsi carico dello Smock Alley, ergendolo a degno rivale del Crow Street. Enfatizzando strategicamente la competizione con Spranger Barry, manager del Crow Street, riuscì ad attirare ulteriormente le attenzioni del pubblico, specialmente quelle di donne influenti ─ alla cui protezione di fatto mirava ─ come Miss Caulfield, contessa di Brandon, e Lady Rachel MacDonald.

Al termine della stagione 1767-68 Barry fu costretto infine ad arrendersi al superiore successo di Mossop, e si trasferì a Londra. Per i tre anni successivi, Mossop mantenne indisturbato il primato sia al Crow Street che allo Smock Alley, esibendosi alternatamente in entrambi. L’inizio del suo declino si ebbe a partire dal 1771, quando fu aperto un ulteriore teatro rivale in Capel Street, che attraeva a sé molti degli spettatori prima fedeli ai teatri di Mossop. L’ultima esibizione di Mossop ebbe luogo il 6 marzo dello stesso anno, nei panni di Belcour nel The West Indian di Richard Cumberland. Ad accelerare l’abbandono delle scene fu la crescente malattia di Mossop, da sempre cagionevole di salute ma negli ultimi anni oppresso da una polmonite talmente acuta da costringerlo al ritiro. Ciò nonostante, nel 1771, intraprese un viaggio a Londra per reclutare nuovi attori, ma proprio nella capitale fu arrestato per debiti. Venne rilasciato solo nel gennaio successivo dopo aver dichiarato bancarotta.

Nell’estate del 1772, su consiglio dei medici, si trasferì nel sud della Francia, e, tornato a Londra con scarsi miglioramenti nel 1774, vi morì in povertà il 27 dicembre. Nel corso della sua vita non si era mai sposato, ma da una breve convivenza con Sarah Ford intorno il 1754 ebbe una figlia, Harriet Ann Ford, che diventò anch’essa attrice.

Bibliografia

http://www.oxforddnb.com/view/article/19411 John C. Greene, ‘Mossop, Henry (1727/8–1774)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 12/04/2016]

Edmund Kean (1789-1833)

Edmund Kean (1789-1833)

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Edmund Kean fu un attore teatrale inglese. Nacque e trascorse i primi anni della sua vita in condizioni molto disagiate, per lo più affidato alle cure di alcuni parenti poiché la madre ­–attrice di professione– trovava difficile prendersi cura del figlio. La casa più stabile in cui visse fu quella della zia Charlotte Tidswell, anch’essa attrice presso il Drury Lane. Fu dunque grazie alla zia che il giovane Edmund venne a contatto con il mondo del teatro, e fu proprio sul supposto legame di Tidswell con il duca di Norfolk (che l’aveva introdotta al Lane) che Kean costruì il mito della propria discendenza aristocratica. Della sua infanzia non si hanno notizie certe, ma è plausibile che già in età precoce la madre lo facesse esibire –per trarne guadagno– sia presso i salotti della media borghesia, sia nelle taverne. Ben presto venne riconosciuto come enfant prodige, immagine che lo fece spesso paragonare ed entrare in competizione con un altro giovane prodigio del tempo, Master Betty, col quale però non volle mai lavorare.

Prima del 1800, Kean apparve sul palco del Drury Lane e, successivamente, prese parte ad alcuni spettacoli della compagnia itinerante di John Richardson, in cui si esibiva come acrobata. Fu a Richardson che dovette il suo primo ruolo, quello di Young Norval in “Douglas” di John Home. Nella primavera del 1804 si unì alla compagnia di Samuel Jerrold a Sheerness e abbandonò il nome utilizzato fino ad allora, Master Carey, per adottare quello con cui è tutt’oggi conosciuto. Il più grande desiderio di Kean era quello di eccellere nei ruoli tragici, obiettivo che si dimostrò molto difficile da raggiungere, poiché la sua recitazione differiva troppo da quella impostata e controllata di John Philip Kemble, ancora in voga all’epoca. In seguito all’assegnazione di soli ruoli secondari, Kean abbandonò la compagnia e fece ritorno a Londra. Anche nella capitale, però, non ebbe fortuna e si trovò a recitare nuovamente in un altro teatro itinerante. I successivi impieghi a Belfast e Stroud –dove giunse nel 1808– si rivelarono un ulteriore fallimento tanto che, dopo alcuni ruoli di scarso rilievo all’Haymarket nel 1806 e nella compagnia di Sarah Baker a Canterbury, si unì nuovamente a Samuel Jerrold, nel settembre del 1807. Durante questa seconda permanenza a Sheerness, Kean poté cimentarsi in ruoli maggiori, ma fu costretto a lasciare la compagnia perché accusato di aver offeso un dignitario del luogo. Trovò così sistemazione a Gloucester, presso la compagnia di William Beverley, dove non trovò mai piena soddisfazione a causa dei ruoli secondari a lui assegnati.

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Grazie alle capacità che aveva sviluppato durante gli anni di spettacoli itineranti, gli venne affidato il ruolo di Harlequin nella pantomima “Harlequin Mother Goose” e fu proprio durante questa interpretazione che conobbe Mary Chambers, al suo fianco come interprete di Columbine. I due si innamorarono e si sposarono nel luglio del 1808 a Stroud, per poi spostarsi insieme a Cheltenham sotto la guida del manager John Boles Watson. Inizialmente, in questo nuovo contesto, Kean interpretò molti ruoli principali, che però si ridussero notevolmente nel momento in cui la compagnia si recò a Birmingham. A causa della frustrazione derivante dal lavoro e dell’abuso di alcool, Kean contrasse numerosi debiti nella città, tanto da essere costretto a lasciarla in segreto nel giugno del 1809 per recarsi a Swansea, dove fu scritturato, insieme alla moglie, da Andrew Cherry. Nel settembre dello stesso anno, Mary diede alla luce il loro primo figlio, Howard, e nel gennaio del 1811, dopo l’arrivo a Waterford, nacque il loro secondogenito, Charles John, che sarebbe diventato a sua volta attore. Dopo che Cherry rifiutò di aumentare il salario di Edmund, i Kean lasciarono la compagnia, ma si ritrovarono ridotti alla povertà. La fortuna girò quando Richard Hughes, nel gennaio del 1812, offrì loro un posto nel circuito di Exeter, dove Kean poté finalmente cimentarsi nei ruoli che aveva sempre sognato di interpretare –Richard III, Hamlet, Othello e Macbeth. Nonostante ciò, Kean si sentiva comunque indispettito dal fatto di dover ancora interpretare il personaggio comico di Harlequin. Fu in questo stesso periodo che, anche e soprattutto a causa del suo alcolismo, il matrimonio con Chambers naufragò.

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Kean accettò nel 1813 l’offerta del London’s Olympic Theatre, salvo pentirsene poco dopo, quando gli venne proposto impiego presso il Drury Lane dal manager Samuel Arnold –che dovette declinare per motivi contrattuali. I due teatri raggiunsero un accordo solo nel 1814 e Kean poté finalmente debuttare al Drury Lane il 26 gennaio nei panni di Shylock, rimpiazzando idealmente John Kemble. La sua personalità focosa e irruenta veniva spesso alla luce durante le performace tragiche, ma sempre in modo da dare corpo e linfa ai personaggi, i quali venivano acclamati da tutte le diverse fasce gli spettatori, diversamente da ciò che accadeva con Kemble. Kean fu in grado di riempire il teatro per tutte le sessantotto serate della stagione. Il 12 febbraio 1814 si esibì per la prima volta a Londra come Richard III, parte che interpretava in maniera particolarmente eccellente poiché era in grado di infondergli quella passionalità e, talvolta, quel furore e senso di pericolo che da sempre contrassegnavano la sua personalità. Fu grazie a queste qualità che si distinse nell’interpretazione di Iago prima e di Othello poi, ruoli che avrebbe recitato a intermittenza per lungo tempo. Veemenza e furia si legavano bene a parti che risaltavano per scatti di passione momentanei, mentre risultavano meno adatti a figure come quella di Hamlet, il cui dramma è prevalentemente interiore –conosciuto unicamente dal pubblico e solo più tardi anche dagli altri personaggi.

Alla fine della sua seconda stagione al Drury Lane, aggiunse al suo repertorio i ruoli di Romeo, Richard II e Macbeth, ma solo con quest’ultimo riuscì a convincere pienamente la critica. Kean fu dunque paragonato sia a Kemble che a Cooke, i cui villain erano permeati di energia e incontrollabile passione. Al di fuori dei ruoli shakespeariani, recitò anche in commedie nei ruoli di Reuben Glenroy in “Town and Country”, di Thomas Morton e Penruddock in “The Wheel of Fortune” di Richard Cumberland, oltre a Zanga in “The Revenge” di Edward Young e Abel Dugger in “The Tobacconist”, ma la sua versatilità venne messa molto in discussione dalla critica. Il successo nelle vesti di Sir Giles Overreach in “A New Way to Pay Old Debts” di Philip Massinger, vide reazioni opposte da parte di pubblico e letterati dell’epoca; ad esempio, colpì negativamente Byron, che rimase molto perplesso di fronte al delirio nell’ultimo atto, e positivamente Hazlitt, che invece vide in quella scelta la grandezza dell’attore. Il rapporto con il pubblico si incrinò per la prima volta nel marzo del 1816, quando, al momento della performance, Kean non si presentò sul palco, ma riuscì a farsi successivamente perdonare interpretando una sua versione originale ed inedita del “Bertram” di Charles Maturin. Nell’ottobre del 1816 tornò a recitare Shakespeare, ma l’interpretazione di Timon, seppur ammirata, non ebbe il riscontro economico desiderato. Intanto, al Covent Garden, l’arrivo di William Charles Macready, la performance d’addio di Kemble e la prima apparizione lì di Junius Brutus Booth segnarono una serie di successi con cui la sola figura di Kean non poteva rivaleggiare. Inoltre, Kean non apprezzò che Booth avesse plasmato il proprio modo di recitare sulla sua figura e decise di distruggere la reputazione professionale del rivale. Con l’uscita di scena di Booth e il ritiro di Kemble, Kean si aggiudicò il titolo di padrone incontrastato dei palcoscenici tragici.

Kean aveva solo trent’anni, ma l’abuso di alcool e i problemi di salute causati dalle malattie veneree fecero sì che fossero più le performance saltate di quelle messe in scena. Rimaneva un grande interprete delle parti che già aveva perfezionato, ma non si trovava più nella condizione di padroneggiarne di nuove. La stagione 1817-1818 vide quattro prime disastrose, tra cui quelle nei panni di Barabas in “The Jew of Malta” di Marlowe e dello shakespeariano King John. Kean aveva un carattere difficile con cui trattare e fu proprio un alterco con l’autore Charles Bucke –causato dalle sue subdole tattiche per ritardare la messa in scena dell’opera– a fargli perdere il supporto del pubblico, costringendolo a delle scuse ufficiali che però non convinsero le parti offese. I guai con Bucke si sommarono a quelli economici, tanto che nell’estate del 1819 il teatro in cui lavorava fu dato in affitto. Kean si propose come offerente, ma perse la commissione a favore di Robert William Elliston, che lo volle alle sue dipendenze, costringendolo a rinunciare ad un tour in America. Il primo ruolo che interpretò sotto la guida di Elliston fu quello di Richard III nel novembre del 1819 e, proprio in quell’occasione, nacque una vera e propria rivalità con Macready, il quale recitava nel medesimo ruolo presso il Covent Garden. Il conflitto fra i due proseguì favorendo notevolmente le entrate dei due teatri, e fu ulteriormente alimentato dall’interpretazione di Coriolanus –ruolo in cui, in precedenza, aveva eccelso Kemble, e che non si addiceva alla personalità di Kean. Successivamente, ebbe maggiore successo con il ruolo di King Lear, al quale infuse grande spirito tramite i suoi notori scatti d’ira, che si adattavano al personaggio e che non andavano ad intaccare il grande pathos dell’opera. Nell’estate del 1820, in occasione della sua ultima performance prima dell’agognato viaggio in America, riuscì a riempire l’intero teatro.

Il 29 novembre dello stesso anno salì sul palco per la sua prima newyorkese presso l’Anthony Street Theatre nelle vesti del suo rinomato Richard III. Raggiunse una stabilità emotiva e fisica che non aveva mai avuto prima, soprattutto grazie alla possibilità di selezionare liberamente i ruoli e alla mancanza di competizione, e tra il dicembre del 1820 e il maggio del 1821 incontrò grande successo a New York, Philadelphia, Boston e Baltimora. Commise però l’errore di esibirsi anche durante l’estate, periodo in cui gli americani disertavano spesso il teatro. Al secondo mancato sold-out, Kean rifiutò di andare in scena di fronte ad un pubblico così esiguo, e la stampa ingigantì tanto la situazione da costringerlo a lasciare l’America nel giugno del 1821. Tornato al Drury Lane, apparì con “Richard III” il 23 luglio 1821 e nella stessa settimana fu anche Othello e Shylock, prima che il teatro chiudesse fino al mese di novembre. Sebbene fosse iniziata molto bene, la sua ottava stagione al Lane –in cui interpretò, tra gli altri, il nuovo personaggio di Wolsey in “Henry VII”– non fu particolarmente fortunata, tanto che il teatro finì con il trovarsi quasi sul lastrico. Kean affrontò la situazione abbandonando Londra, e vi tornò solo nel novembre del 1822. Il piano di Elliston era quello di risollevare le sorti del teatro ingaggiando tre attori del Covent Garden, tra i quali il giovane e promettente Charles Mayne Young. Quando Kean tornò, recitò con Young in “Othello”, facendo nascere delle voci sulla presunta competizione tra i due, la quale dette notevole risalto al Drury Lane sui giornali, portando tra le sue file un pubblico sempre più numeroso. Kean e Young furono poi, rispettivamente, Jaffeir e Pierre in “Venice Preserv’d” di Thomas Otway, e Posthumus e Iachimo in “Cymbeline”. Al momento di rinnovare il contratto con Elliston, i due si scontrarono e, a peggiorare la situazione si aggiunse la decisione del manager di assumere Macready, che Kean considerava una minaccia. Kean non tornò al Lane fino a che le performance di Macready non si furono esaurite, ma i suoi quattro mesi sul palcoscenico passarono quasi inosservati.

Fin dal 1820, Kean aveva intrattenuto una relazione extra-coniugale con Charlotte Cox, che si concluse molto male per l’attore, portato a processo dal marito della stessa Charlotte. Non appena il contratto con il teatro cessò di essere in vigore, Kean fuggì a Brighton e poi, assieme alla moglie, si trasferì in Francia. Nel luglio del 1824 firmò un nuovo contratto per trentatré performance con Elliston. Sei mesi dopo, il processo terminò con la vittoria del querelante, Cox, che portò alla fine di entrambi i matrimoni, e della fortuna di Kean.

In seguito al processo, nel gennaio del 1825, Kean tornò con spavalderia sul palco nei panni di Richard III ma, nonostante avesse interpretato il ruolo in maniera impeccabile, dal pubblico si levarono molte voci di critica; la stessa cosa accadde anche pochi giorni dopo durante l’interpretazione di Othello. Il Times portò avanti una vera e propria campagna contro di lui, e Kean fu costretto, ancora una volta, a delle scuse pubbliche, a seguito delle quali gli spettatori gli concessero di recitare più o meno ininterrottamente per le seguenti serate del suo contratto. Lo stesso non accadde durante il successivo tour delle province e iniziarono a farsi sempre più evidenti i segni di una impopolarità che, a lungo andare, distrusse la sua reputazione. Decise così di trasferirsi in America, dove riscontrò un discreto successo, soprattutto a New York, dove si esibì nel novembre del 1825. Anche ad Albany l’audience rimase tranquilla durante la performance, ma a Boston, il 19 dicembre, tra il pubblico scoppiò una rivolta e Kean fu costretto ad abbandonare il palco. Il tour proseguì, portandolo da Charleston a Montreal, dove fu accolto con grande entusiasmo dal pubblico canadese, per il quale un attore di tale calibro era un’assoluta rarità. Nel 1826 tornò a Londra con la convinzione di poter comprare la quota del Drury Lane che era stata di Elliston, ma fu probabilmente vittima di un inganno, perché era già stata acquistata dall’americano Stephen Price.  Se durante il tour americano la sua salute era migliorata, la situazione peggiorò nuovamente dopo la cocente delusione, e i trattamenti al mercurio a cui si sottopose in quel periodo gli resero probabilmente ancora più difficile memorizzare nuovi ruoli, portandolo all’insuccesso della performance “Ben Nazir: the Saracen” dell’amico Colley Grattan, nel maggio del 1827.

Iniziò in seguito a pensare al ritiro dalle scene, ma prima decise di vendicarsi di Price recitando la sua ultima stagione al Covent Garden, invece che al Drury Lane. Price rispose facendo interpretare le parti principali al figlio, Charles Kean. Nonostante tutto, le interpretazioni di Edmund presso il Garden superarono gli standard a cui si era attenuto nell’ultimo periodo al Lane. Nell’estate del 1828 decise di recitare a Parigi, dove ricevette però solo una tiepida accoglienza, che lo convinse a ripartire per l’Inghilterra. Nell’ottobre del 1828 tornò nuovamente al Covent Garden, ma già nel gennaio successivo la sua salute peggiorò tanto da costringerlo a tre mesi di pausa forzata. Nell’aprile del 1829, un ulteriore peggioramento obbligò Kean ad interrompere a Cork il tour irlandese ma, una volta a Londra, si scontrò con Charles Kemble, direttore del Covent Garden. Dal dicembre 1829 a marzo del 1830 Kean fu di nuovo al Drury Lane, dove venne accolto positivamente fino a che non tentò di interpretare un nuovo ruolo, Henry V, fallito a causa dei suoi noti problemi di memoria. Di conseguenza, Kean annunciò un secondo ritiro seguito da una serie di messe in scena volte a celebrare il suo addio al teatro, durante l’estate del 1830. Sfortunatamente, i suoi risparmi non gli consentivano di supportarsi economicamente lontano dal palcoscenico e, troppo malato per tentare nuovamente la sorte in America, fu costretto a fare ritorno al Drury Lane, nel gennaio del 1831. Nella primavera dello stesso anno si assicurò una quota del King’s Theatre di Richmond, nel Surrey, e quando fu di nuovo abbastanza in salute, recitò all’Haymarket. In un momento in cui la sua salute sembrava migliorata, tornò al Drury Lane per recitare al fianco di Macready, ed entrambi ottennero un grande successo con la messa in scena di “Othello”, nel novembre del 1832. I due recitarono insieme fino a che la salute di Kean non peggiorò nuovamente. Quando il nuovo azionista del Lane, Captain Polhill, rifiutò di prestargli dei soldi, Kean si vendicò recandosi al Covent Garden, dove recitò nel ruolo di Othello, affiancato da suo figlio nelle vesti di Iago. A causa di un malore, non fu però in grado di terminare la performance del 25 marzo e fu ricondotto a Richmond dove morì dopo alcune settimane di agonia, il 15 maggio 1833. Fu sepolto nella Old Church di Richmond e, sei anni dopo, gli fu dedicata una targa commemorativa dal figlio Charles. La sua figura, che lo farà ricordare come uno degli attori più carismatici del teatro inglese, verrà ripresa tre anni dopo la sua morte da Alexandre Dumas padre come emblema dello spirito ribelle del Romanticismo.

Bibliografia

http://www.oxforddnb.com/view/article/15322 [Peter Thomson, ‘Kean, Edmund (1787–1833), Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 30/06/2016]

Joseph Donohue, The Cambridge History of British Theatre, Vol.2 (Cambridge, Cambridge University Press, 2004)

Charles Kean (1811-1868)

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Charles Kean (1811-1868)

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Charles John Kean fu un attore e manager teatrale, figlio di Edmund Kean e Mary Chambers. Ricevette una buona educazione scolastica e frequentò l’Eton College, da cui dovette però ritirarsi quando la fortuna del padre precipitò. Al momento della separazione dei genitori prese le parti della madre, venendo quindi completamente tagliato fuori dalla vita del padre, con cui riprese i rapporti solo verso la fine degli anni ’20. Charles tentò di basare la propria reputazione sul cognome che portava, ma, quando a sedici anni debuttò nel ruolo di Young Norval in “Douglas” di John Home, la ricezione non fu quella sperata e in seguito recitò poco in pochi ruoli (Achmet in “Barbarossa”, Frederick in “Lover’s Vows” e Lothair in “Adelgitha”). La reazione negativa derivò anche dal tentativo di modellare il proprio modo di recitare su quello del padre, che non aveva mai convinto pienamente parte del pubblico. Decise così di fare esperienza nei teatri di provincia prima di riprovare a conquistare il pubblico cittadino. Riconciliatosi con il padre, vi recitò assieme a Glasgow ed Edimburgo, dove ebbe finalmente le prime soddisfazioni. Tornato al Drury Lane, si esibì nei panni di Romeo nel dicembre del 1828, ricevendo critiche abbastanza negative. Tornò, senza gran fortuna al tour delle province e recitò per alcune sere con il padre a Cork e Dublino. Iniziò poi la sua carriera all’Haymarket il 6 ottobre 1829, nel ruolo di Reuben Glenroy in “Town and Country” di Thomas Morton; seguirono due notti in cui recitò in “The Iron Chest” di George Colman, con cui si aggiudicò finalmente anche a Londra pareri quantomeno positivi.

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Nel 1830 si recò in America, dove ebbe un discreto successo nelle città maggiori. Tre anni dopo fece ritorno a Londra, trovando impiego presso il Covent Garden. Interpretò Hamlet per la prima volta il 25 febbraio, poi recitò in “Reputation, or, The State Secret” il 4 marzo, mentre il 25 marzo 1833, giorno dell’ultima performance del padre, recitò accanto a lui e alla futura moglie Ellen Tree/Desdemona nel ruolo di Othello. Recitò accanto a Tree anche nell’adattamento della nuova opera di Sheridan Knowles “The Wife” il 24 aprile dello stesso anno. Successivamente, Kean viaggiò nelle province e si ripromise di non tornare a recitare a Londra sino a che non gli fosse stato assicurato il salario di 50 sterline, il più alto raggiungibile in quel periodo. Verso la fine dell’anno, lui e Tree avviarono un tour in Germania, trovando ad attenderli un fallimento quasi totale. Fu durante questa esperienza che i due si fidanzarono, ma l’opposizione delle madri di entrambi impedì, in quel momento, il matrimonio. I due, secondo le fonti, non ebbero più contatti sino all’impiego all’Haymarket del 1840.

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Kean continuò a conquistare il pubblico britannico a Dublino, Brighton, Liverpool, Birmingham e Edimburgo, divenendo uno degli attori preferiti dall’alta società, e guadagnandosi il patrocinio dei duchi di St Albans. Lavorò costantemente sul perfezionamento di Hamlet e le lodi della stampa londinese lo aiutarono ad alzare notevolmente il valore del suo ingaggio in città. Il primo a proporgli un contratto fu Macready, ma a Kean non allettava l’idea di porsi alle sue dipendenze. Accettò così l’offerta di Alfred Bunn, manager del Drury Lane, attirandosi però l’inimicizia di Macready. L’8 gennaio 1838 Kean ottenne uno straordinario trionfo nei panni di Hamlet e con quella performance si ritagliò un posto nel pantheon del teatro. Fu grazie a questo personaggio che si aggiudicò il favore della regina Vittoria e rinsaldò quello dell’alta società. Durante quel periodo recitò per quarantaquattro serate, ben ventidue volte nel ruolo di Hamlet, diciassette in quello di Richard III, cinque nel drama “A New Way to Pay Old Debts” e una come Shylock. Il suo Hamlet venne definito completo, legante e, quando necessario, ricco di energia, senza mai essere intaccato dalla vuota retorica. I suoi ruoli erano contrassegnati da finezza, dettagli realistici e una forza che veniva sempre e comunque modulata. L’approccio di Kean venne descritto come malinconico e filosofico, con lampi di passionalità.

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L’unica critica che gli veniva mossa riguardava alcune pause considerate troppo lunghe e il sentimentalismo lacrimevole, che evidentemente non gli si addiceva. Rimaneva comunque, secondo il Morning Post, la perfetta combinazione degli stili romantico e classico.  Le uniche recensioni negative provennero da ambienti influenzati da Macready; ciò fece sì che, nonostante la grande reputazione che si era guadagnato, Kean non venisse re-impiegato durante il maggio successivo. Viaggiò nuovamente nelle province e recitò per una stagione all’Haymarket, mentre dovette rinunciare a un tour in America per motivi di salute. Fatto ritorno all’Haymarket, affiancò al suo ruolo canonico quelli di Macbeth e Richard III, che lo resero diretto rivale di Macready. Durante il tour provinciale, lavorò con Tree soprattutto nella messa in scena di “Romeo and Juliet”, che anticipò la versione dell’Haymarket del 1841, diretta da lui stesso. Tuttavia, Romeo venne fin da subito considerato un personaggio che mal si adattava alle sue qualità.

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Il 29 gennaio 1842 sposò finalmente Ellen Tree; si trattava di un matrimonio singolarmente felice per l’epoca, che influì positivamente sulla carriera di entrambi e da quel momento in poi i due si esibirono insieme come “Mr and Mrs Charles Kean”. Kean rinnovò e variò il proprio repertorio per recitare accanto alla sua sposa, passando da ruoli romantici a quelli più realistici e moderati del domestic drama. Fu una scelta saggia, perché le sue qualità ben si adattavano a quel tipo di personaggi e di recitazione; tuttavia non abbandonò mai il teatro classico. La sua recitazione si basò da quel momento in poi sulla mitigazione della passionalità, sia nella voce che nei modi, proprio come si addiceva ai ruoli realisti. In questo periodo prese parte alle rappresentazioni di “The Lady of Lyons”, “The Stranger” e “The Gamester”, mentre sotto la sua direzione venne messo in scena “The Rose of Aragon” di Sheridan Knowles. Nell’anno successivo nacque l’unica figlia dei Kean, Mary. Il 20 gennaio 1844 presso il Drury Lane Kean portò in scena Richard III alla “maniera di Macready”, cioè con grande accuratezza filologica dei dettagli, dai costumi, al testo, alle scenografie. Esportò lo stesso modo di recitare anche fuori dalla città, prima con il tour delle province, che durò due anni, e successivamente con un viaggio in America, dove rimase per altri due anni, a partire dal settembre del 1845. Si occupò nel 1846 della produzione di “Richard III” e “King John” presso il Park Theatre di New York, ma nessuna delle due fruttò abbastanza, così Kean decise di concentrarsi su altre opere. Trovò infine quella giusta, “The Wife’s Secret” di George Lovell, di cui si occupò nell’ottobre del 1845 in America, che portò anche all’Haymarket nel gennaio del 1848 e che rimase nel suo repertorio fino alla fine della sua carriera e di quella della moglie.

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Il 1848 segnò per lui l’anno di svolta: venne infatti nominato Director of Royal Theatricals presso il Windsor Castle, come parte di un nuovo progetto atto ad assicurare il supporto della casa reale ai teatri. I Kean recitarono durante la prima stagione in “The Stranger” e nei più classici “Hamlet” e “The Merchant of Venice”. Mantennero la loro posizione fino al 1857 e Charles fu uno dei primi manager a traghettare il teatro vittoriano verso l’eccellenza che avrebbe poi col tempo consolidato. Negli anni tra il 1850 e il 1859 il Princess’s Theatre divenne, sotto la sua conduzione (e per i primi due anni con il co-management di Robert Keeley), il principale teatro londinese. Per aprire la stagione del 1852 scelse “King John”, ripetizione della spettacolare messa in scena che aveva tentato di far trionfare in America nel 1846. Il maggiore successo di quell’anno venne però segnato da un nuovo play, “The Corsican Brothers” di Dion Boucicault, di cui fu direttore e primo attore, che venne portato sul palcoscenico per ben 243 volte. “Much Ado about Nothing” e “The Merry Wives of Windsor” furono due degli altri grandi successi della stagione. Seguirono, nell’anno successivo, “Macbeth” e “Sardanapalus” di Lord Byron, il melodramma “Faust and Marguerite” e “The Courier of Lyons” di Charles Reade.

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Nel 1854 si aggiudicò la guida del teatro e l’impiego della sua compagnia per altri cinque anni. Fu questo un periodo di grandi soddisfazioni, a partire dal 13 gennaio 1855, quando ricevette grandi e unanimi elogi per la sua interpretazione di Louis XI, che portò sul palcoscenico per novantuno volte e che rimase nel suo repertorio fino alla fine della sua carriera. Fu poi la volta di “Henry VIII”, il 16 maggio, in cui entrambi i Kean recitarono in ruoli nuovi, riscuotendo un enorme successo di critica e pubblico durante le cento notti di quella stagione, le cinquanta di quella successiva e le tredici dell’ultima presso il Princess’s Theatre. Il 28 aprile ci fu la prima di “The Winter’s Tale”, mentre il 1 settembre fu la volta di “Pizarro”, che venne portata in scena con grande accuratezza storica e dei dettagli. A queste si alternarono “A Midsummer Night’s Dream” (a cui i Kean non presero parte), “Richard II”, “The Tempest” e “King Lear”, che però non ebbe sul pubblico lo stesso positivo impatto che ebbe sulla stampa per le ambientazioni dark e quasi barbariche che aveva prediletto. Seguì perciò la rappresentazione vivace e magnifica di “The Merchant of Venice”, che venne resa ancora più verosimile dalla replica dei luoghi della città e che fu inoltre uno dei play più significativi della sua ultima stagione da manager di quel teatro. Proprio in quell’ultimo anno di direzione, subito dopo “The Merchant of Venice”, Kean portò sul palcoscenico più che altro riproposizioni di opere scelte, aggiungendo come novità solo “Henry V”. Nella sua ultima notte come manager del teatro, venne rappresentato uno dei suoi capolavori, “Henry VIII”; a fine spettacolo, Kean tenne un discorso di fronte al pubblico, ripercorrendo gli anni del suo operato e i suoi intenti manageriali.

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La conduzione del Princess’s Theatre aveva sfiancato le finanze della famiglia e Kean cercò il successivo impiego pensando anche al profitto che avrebbe potuto trarne. I Kean si volsero alle province, dove riempirono i teatri nonostante gli aumenti di prezzo dei biglietti. Tuttavia, il mantenimento della compagnia comportava spese molto alte nonostante gli alti guadagni. Kean riuscì a farsi assumere per la stagione 1861-62 presso il Drury Lane e fece ritorno al  Princess’s dal 10 luglio al 16 ottobre 1862. Successivamente, i coniugi decisero di avviare un tour all’estero, partendo dall’Australia e, dopo essere passati per California, Vancouver, Panama e Jamaica giunsero a New York, dove le loro performance vennero ritardate a seguito dell’assassinio del presidente Lincoln. Riuscirono a esibirsi il 26 aprile 1865 e in seguito viaggiarono per l’America e tornarono a New York, sul palcoscenico del Broadway Theatre, nell’aprile del 1866.

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Rientrati a Londra, a maggio dello stesso anno, Kean venne eletto membro della Royal Geographical Society, mentre a giugno, insieme alla moglie, portò in scena al Princess’s Theatre “Henry VIII”, “Louis XI”, “Hamlet”, “The Merchant of Venice” e “The Jealous Wife”. A settembre cominciarono un nuovo tour delle province, dove, senza sorprese, riempirono i teatri. A partire dal gennaio del 1867 si recarono a Bristol, Bath, Edimburgo ed altre città. Infuse ai suoi ultimi ruoli un individualismo unico e complesso e li rese personaggi multi-dimensionali, realistici e ricchi anche nei dettagli fisici. Le sue performance erano ricercate ma scevre di inutili artifici formali, di troppa teatralità o di troppe convenzioni.

Riprese il suo ruolo di Louis XI a Liverpool il 28 maggio 1867 e fu proprio a seguito di questa performance che fu colpito da un infarto, dal quale non si riprese più. Morì il 22 gennaio 1868 a Londra, e venne seppellito nell’Hampshire, accanto a sua madre.

English Translation
Charles Kean (1811-1868)

Charles John Kean was an actor and a theatre manager, son of Edmund Kean and Mary Chambers. He received a good education and attended Eton College, however he withdrew from his studies there when his father’s luck turned for the worse. When his parents separated he took his mother’s side and his father cut him off, only reconnecting with him towards the end of the 1820s. Charles tried to base his own reputation on his family name but when he debuted as Young Norval in John Home’s Douglas, the reception was not what he’d hoped for and he later starred in few roles (Achmet in Barbarossa: A Tragedy, Frederick in Lover’s Vows and Lothair in Adelgitha; or, The Fruits of a Single Error). The negative reception was due, in part, to Kean’s attempts to emulate the acting method of his father, which never fully satisfied the audience. So, he decided to gain experience in small-town theatres before trying again to win over the public. After reconciling with his father, they performed together in Glasgow and Edinburgh, where he finally experienced his first success. He returned to Drury lane and stepped into the role of Romeo in December of 1838, with a quite negative reception. Down on his luck, Charles went back on the road, performing with his father for some nights in Cork and Dublin. He then started his career at the Haymarket Theatre on the 6th October 1829 in the role of Reuben Glenroy in Thomas Morton’s Town and Country, followed by two nights where he performed in George Colman’s The Iron Chest, which finally won him praise from London’s critics.

In 1830 Kean travelled to America, where he was quite successful. Three years later, he returned to London, finding employment near Covent Garden. He played Hamlet for the first time on the 25th February, then starred in Reputation, or, The State Secret on the 4th of March. On the 25th March 1833, at his father’s last performance, Charles performed alongside him and his future wife Ellen Tree (in the role of Desdemona), in the role of Othello. Charles also performed alongside Tree in Sheridan Knowles’ then-new production The Wife on the 24th April that same year. Later on he travelled through the provinces and vowed he would not return to act in London if he wasn’t guaranteed a salary of 50 pounds, the highest earnable wage at the time. Towards the end of the year, he and Tree started a tour in Germany, an ambitious task that was met with almost total failure. It was during this tour that the two got engaged, but the objection of their mothers prevented the marriage from taking place. It is said the two were no longer in contact up until they were both employed at the Haymarket Theatre in 1840.

Kean continued to win over the British audience in Dublin, Brighton, Liverpool, Birmingham and Edinburgh, becoming one of the upper class’ favourite actors and earning a sponsorship from the Duke of St Albans. He worked constantly on perfecting his act as Hamlet and the commendations of the London press boosted his offers for roles from valuable contacts. The first to offer him a role was Macready but Kean didn’t like the idea of being on his payroll. Instead he accepted an offer put forward by Alfred Bunn, manager of Drury Lane, attracting the ire of Macready. On the 8th January 1838 Kean’s role as Hamlet brought him considerable success; with such performance he earned his place in the theatrical hall of fame and it was thanks to it that he won the favour of queen Victoria,

which consolidated his fame among the upper class. During that period, he acted for forty-four nights: 17 as Richard III, 5 in the drama “A New Way to Pay Old Debts” and once as Shylock. His portrayal of Hamlet was described as accomplished, elegant, and, when the scene required it, full of energy, without being unnecessarily rhetorical. His roles were marked by finesse, realistic detail and an always varying vitality. Kean’s approach was described as melancholy and philosophical, with flashes of passion.

The only criticism that he received pertained to some of his pauses, considered to be too long, and a weepy sentimentalism which did not suit him. Nevertheless, they remained, according to the Morning Post, a perfect combination of romantic and classical styles. The only negative reviews appeared under Macready’s influence; despite the great reputation Kean had made for himself, the reviews made it so that he was not re-employed in May. He travelled once more through the provinces and performed for a season at the Haymarket Theatre, while he had to abandon a tour in America for health reasons. He returned to the Haymarket and to his usual roles performed as Macbeth and Richard III, which made him Macready’s closest rival. During the provincial tour, Kean worked with Tree mostly in the production Romeo and Juliet, which anticipated the Haymarket Theatre version in 1841 he himself directed. However, Romeo was immediately considered a character that did not fit his acting style.

On the 19th January 1842 he finally married Ellen Tree; it was a particularly happy marriage that had a positive influence on both their careers. From that moment on, the two performed together as “Mr and Mrs Charles Kean.” Kean revamped his repertoire so he could perform alongside his wife, passing over romantic roles in favour of the more realistic and mild interpretations of domestic drama. It turned out to be a good choice as his acting style fitted that type of characters; however, he never abandoned classical theatre. His acting was based on toning down his passionate acting both in voice and form to better adhere to more ‘realistic’ roles. During this period, he took part in performances of The Lady of Lyons, The Stranger, and The Gamester, while directing a production of Sheridan Knowles’ The Rose of Aragon. During the following year, Kean’s only daughter Mary was born. On the 20th January 1844 at Drury Lane he produced Richard III “in Macready’s style,” that is a philologically accurate production in terms of costumes, content and scenery. He then employed the same style also outside London: first in his two-year tour of the provinces and, later, in America, where he stayed for another two years, from September 1845. In 1846, he was in charge of the production of Richard III and King John at New York’s Park Theatre but neither proved successful, thus Kean decided to focus on other plays. He found a keeper in George Lovell’s The Wife’s Secret; he took charge of the production in October 1845 in the US and staged it at the Haymarket Theatre in January 1848. It remained a part of his repertoire until the end of his and his wife’s careers.

The year 1848 was a turning point for Kean: he was nominated Director of Royal Theatricals at Windsor Castle as part of a new project aimed at gaining the support of the royal family for theatres. The Keans performed during the project’s first season in The Stranger and in the classics Hamlet and The Merchant of Venice. Kean kept his position until 1857 and he was one of the first managers to propel Victorian theatre towards the excellence it would eventually attain. Under his management from 1850-59 (and with the cooperation of Robert Keeley for the first two years), the Princess’s Theatre became London’s leading theatre. In 1852, he opened the season with King John, a repetition of the spectacular production that he had tried to bring to success in America in 1846.

The big success of that year, however, came from Don Boucicault’s new play The Corsican Brothers, in which Kean was both actor and director, and that went on to show another 243 times. Much Ado About Nothing and The Merry Wives of Windsor were two of the other major successes of that season. During the following year, these were followed by Lord Byron’s Macbeth and Sardanapalus and Charles Reade’s melodrama Faust and Marguerite and The Counter of Lyons.

Kean was finally appointed manager of Princess’s Theatre and contracted his company from 1854-59. This was a period of great satisfaction for him, starting from the 13th January 1855 when he received unanimous praises for his interpretation of Louis XI, a role which he played 91 times and remained a part of his repertoire until the end of his career. Subsequently on the 16th May, both Keans interpreted new roles in the drama Henry VIII, which was a tremendous success for 100 nights in that season, 50 in the following season and 13 in the last at the Princess’s Theatre. On the 28th April, the first production of The Winter’s Tale took place; on the 1st of September Pizarro was staged with special attention paid to historical accuracy. They were alternated with productions of A Midsummer Night’s Dream (in which Kean did not take part), Richard III, The Tempest and King Lear, which unfortunately did not have the same positive impact on the public compared to the press due to the dark, almost barbaric settings that Kean favoured. Consequently, the following production to hit the stage was a vibrant, magnificent version of The Merchant of Venice with distinct attention to historical accuracy in the city scenes; it was one of Kean’s most significant works of his last season as manager of the theatre. On his last night, one of his masterpieces, Henry VIII, was put on stage and, at the end of the show, Kean gave a talk, recounting the years of his work and management at the theatre.

Managing the Princess’s Theatre exhausted the Kean family’s finances and so Kean looked for a different job that could be more profitable. The family once again looked to the provinces, where they fully booked theatres despite the rising ticket prices. However, maintaining the company was costing them a lot of money despite their high income. Kean managed to get hired at Drury Lane for the 1861-62 season and returned to the Princess’s Theatre from the 10th July to the 16th October 1862. He and his wife decided to launch a tour abroad, starting from Australia and, after passing through California, Vancouver, Panama and Jamaica, they arrived in New York, where their performance was delayed following President Lincoln’s assassination. They were able to perform on the 16th April 1865 and afterwards they travelled around the US and returned to New York on the Broadway Theatre stage in April 1866.

In May of that same year, upon the family’s return to London, Kean was chosen as a member of the Royal Geographical Society. In June, he and his wife put on performances of Henry VIII, Louis XI, Hamlet, The Merchant of Venice and The Jealous Wife. In September, they started a new tour of the provinces where, to no surprise, they sold out theatres. From January 1867 they travelled to Bristol, Bath, Edinburgh and other cities. Kean embodied each of his roles onstage with a unique and complex individuality, turning them into multi-dimensional characters, realistic and rich in both character and physical detail. His performances were refined but free of any useless formalities or theatrics.

Kean reprised his role as Louis XI at Liverpool on the 28th May 1867 and it was just after this performance that he suffered a heart attack from which he never recovered. He died on the 22nd January 1868 in London and was buried at Horndean, Hampshire, next to his mother.

Translated by Aisha Gueye
Revised by Dott.ssa Valentina Pramaggiore

Bibliografia

 http://www.oxforddnb.com/view/article/15203?docPos=1 [M. Glen Wilson, ‘Kean, Charles John (1811–1868)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultatoil 03/07/2016]

 Joseph Donohue, The Cambridge History of British Theatre, Vol.2 (Cambridge, Cambridge University Press, 2004)

Moody J., O’Quinn  D. (ed.), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830(Cambridge, Cambridge University Press, 2007)

Elizabeth Farren, Countess of Derby (1759?-1829)

Elizabeth Farren, Countess of Derby (1759?-1829)

Elizabeth Farran (o Farren, cognome con il quale era conosciuta nel mondo teatrale) nacque con grande probabilità nel 1759, sebbene una targa commemorativa nella chiesa di Huyton indichi l’anno 1762. Figlia di George Farran, un attore di origini irlandesi, ex chirurgo e farmacista di Cork, e di Margaret Wright, figlia di un birraio di Liverpool. In seguito alla morte del padre, avvenuta nel 1770, Elizabeth si trasferì a Manchester insieme alla madre e alle sorelle, dove negli anni 1773-1774 fu ingaggiata come cantante sotto la direzione del manager James Whitley. Fu tuttavia Joseph Younger, manager del Theatre Royal di Liverpool, ad offrirle la possibilità di lavorare come attrice all’età di quindici anni, nei ruoli di Rosetta in Love in a Village di Isaac Bickerstaff e di Lady Townly in The Provok’d Husband di Colley Cibber e John Vanbrugh.

Nel 1777, dopo che Elizabeth fu presentata da Younger a George Colman, manager dell’Haymarket Theatre, la famiglia Farran si trasferì a Londra per assistere al debutto della giovane attrice nella parte di Kate Hardcastle in She Stoops to Conquer di Goldsmith, il 9 giugno 1777. La performance le fece ottenere la parte di Rosina nell’adattamento di Colman di Le Barbier de Seville, The Spanish Barber di Beaumarchais.

Grazie al suo aspetto piacevole e raffinato, Farren ricevette attenzioni da molti uomini, ma fu sempre ben attenta a difendere la propria reputazione, viaggiando e frequentando la società sempre in compagnia della madre. Al contrario, l’attrice si adoperò molto per migliorare la propria recitazione e le proprie doti vocali, impegno che le fece ottenere un nuovo ingaggio all’Haymarket Theatre nell’estate del 1778. Successivamente, sebbene fosse stata criticata per aver interpretato un breech part in The Suicide di Colman, la popolarità di Farren crebbe in modo notevole soprattutto grazie alla sua grande capacità di interpretare ruoli di donne raffinate e socialmente altolocate, come Lady Townly in The Provok’d Wife di John Vanbrugh.

Nell’ottobre 1778 recitò sia al Covent Garden sia al Drury Lane, dove apparve per la prima volta nel ruolo di Charlotte Rusport in West Indian, per poi limitare la propria attività al Drury Lane e all’Haymarket Theatre durante la stagione estiva. Fin dall’inizio della sua carriera, Farren fu considerata la maggior rivale dell’attrice Frances Abington, anch’ella specializzata nella rappresentazione di donne raffinate, ma Farren riuscì a prevalere sia sul palco sia in società.

Gli anni ‘80 furono dominati dal suo grande trionfo sui palcoscenici londinesi. Nel suo repertorio, Farren vantava i ruoli di Hermione in The Winter’s Tale, Beatrice in Much Ado about Nothing e soprattutto Lady Teazle in The School for Scandal di Richard Brinsley Sheridan. Inoltre, la supervisione degli spettacoli privati nella dimora del duca di Richmond tra il 1787 e il 1788 venne affidata proprio all’attrice, anche grazie all’intercessione di Edward Smith Stanley, dodicesimo Conte di Derby. Quest’ultimo, separato dalla moglie, provava un profondo interesse per Farren, con la quale probabilmente ebbe una relazione che rimase platonica fino alla morte della consorte. Le interpretazioni di Elizabeth Farren furono delle vere e proprie occasioni sociali per l’attrice poiché vi assistevano numerosi personaggi di spicco dell’élite della società londinese, quali Giorgio III, la Regina Carlotta e il principe del Galles. Negli anni ’90 Farren conservò la propria popolarità al Drury Lane pur interpretando pochi ruoli inediti. In seguito alla morte della moglie di Lord Derby, avvenuta nel marzo 1797, i due decisero di sposarsi e per Farren giunse il momento di abbandonare le scene. L’8 aprile seguente, la sua ultima apparizione teatrale sul palcoscenico del Drury Lane fu ammirata da un pubblico ben più nutrito del solito e ad inizio maggio l’attrice poté finalmente convolare a nozze ed entrare a far parte a pieno titolo dell’aristocrazia inglese. Nonostante Farren avesse già più di trent’anni, nei quattro anni seguenti diede a Lord Derby quattro figli e fu ampiamente conosciuta per le sue doti di padrona di casa a Knowsley House, nei pressi di Liverpool. Farren morì nella sua casa il 23 aprile 1829 e venne sepolta nella cripta di famiglia a Ormskirk, dove sarebbe stato sepolto anche il marito cinque anni dopo.

Le doti interpretative di questa attrice furono apprezzate da numerosi personaggi del tempo. James Boaden, in Life of Mrs Siddons, descrisse l’abbandono delle scene da parte di Farren come la causa della degenerazione della commedia in farsa. Horace Walpole stesso la descrisse come la più perfetta attrice che avesse mai visto. Infine, il giorno del matrimonio di Farren, Sarah Siddons apparve sul palco del Drury Lane per recitare alcuni versi dedicati alla perdita da parte del mondo teatrale della sua prima musa comica.

Bibliografia:

  • Moody, Jane and Daniel O’Quinn (eds), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830 (Cambridge, Cambridge University Press, 2007)
  • http://oxforddnb.com/view/article/9191?docPos=1 [Peter Thomson, ‘Farren , Elizabeth (married name Elizabeth Smith Stanley, countess of Derby) (1759×62–1829)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 11/03/2016]

Lucia Elizabeth Vestris (Matthews) (1797-1856)

Lucia Elizabeth Vestris (Matthews) (1797-1856)

Madame Vestris ritrattada James Charles Armytage, 1897. Tavola allegata al libro “Our actresses.”

Attrice e cantante britannica nata il 2 marzo 1797 a Londra, Lucia Elizabeth Vestris era la figlia primogenita di Gaetano Bartolozzi e della moglie Theresa Jansen, a sua volta figlia di un insegnante di danza e musica. Molto probabilmente Lucia imparò il francese e l’italiano a casa grazie alle origini dei genitori, per poi studiare canto con i maggiori maestri dell’epoca, avendo dimostrato presto un talento come cantante e musicista. Nel 1813 sposò Armand  Vestris, famoso ballerino di origini italiane e maestro di balletto al King’s Theatre a partire dall’anno successivo.

Madame Vestris nei panni di Don Mazzerio. Photo credit: National Trust Images

Presentandosi al pubblico come Madame Vestris, l’attrice debuttò il 20 luglio 1815 nel ruolo principale de Il ratto di Proserpina di Peter Winter ad un evento di beneficienza organizzato dal marito. La sua performance e la sua bellezza furono molto apprezzate dagli spettatori, che continuarono ad ammirarla durante la stagione in corso e quella dell’anno successivo.

Nel 1816 Vestris interpretò Susanna ne Le nozze di Figaro di Mozart, per poi lasciare l’Inghilterra insieme al marito a causa dei debiti di quest’ultimo. Nel dicembre dello stesso anno debuttò al Théâtre des Italiens di Parigi. L’attività e gli spostamenti di Vestris di questo periodo di lontananza dalla Gran Bretagna rimangono incerti ma, quando l’attrice tornò in Inghilterra nel 1819, il marito non era con lei: egli era infatti rimasto a Napoli, dove sarebbe morto nel 1825.

Lucia Elizabeth Vestris nei panni di Don Giovanni ,protagonista della burletta di W.T. Montcrieff, “Giovanni in London.

Nel 1820 Vestris fu ingaggiata da R. W. Elliston, nuovo manager del Drury Lane, dove debuttò interpretando il ruolo di Lilla nell’opera buffa di James Cobb The Siege of Belgrade (1791). Nel maggio dello stesso anno l’attrice ottenne un successo strepitoso nella burletta Giovanni in London di William Thomas Moncrieff, una versione burlesque del Don Giovanni di Mozart. L’attrice si contraddistinse per la sua bellezza scandalosa nei panni maschili del protagonista dell’opera, mettendo in mostra le gambe perfette e diventando così l’oggetto del desiderio e dei pettegolezzi del pubblico per almeno dieci anni. Madame Vestris alimentava tali dicerie anche attraverso le svariate relazioni amorose con uomini che finanziavano il suo stile di vita stravagante (nonostante i suoi compensi fossero già molto elevati per l’epoca), che però finirono per lasciarla in grandi difficoltà finanziarie.

La critica elogiava il suo stile francese e la sua voce da mezzosoprano, qualità che però non riuscirono mai a farla emergere tra i grandi cantanti d’opera del periodo e vennero sempre offuscate dalle sue interpretazioni di numerose breeches parts (tra le quali Captain Macheath in The Beggar’s Opera di John Gay), le quali fecero decollare la sua carriera e la resero la beniamina del pubblico fino al suo ritiro.

Madame Vestris nei panni di Pandora in “Olympic Revels, or Prometheus and Pandora” (1831)

Nel 1830 Lucia Elizabeth Vestris affittò l’Olympic Theatre e ottenne a suo nome la licenza per mettere in scena esclusivamente opere musicali; fu quindi prima donna a gestire un teatro a Londra autonomamente, poiché la maggior parte delle donne dell’epoca non disponeva della possibilità di amministrare i capitali necessari all’affitto di un teatro. Il suo approccio alla gestione teatrale divenne sinonimo di lusso, garbo e femminilità. Oltre all’utilizzo di costumi ricchi e bellissimi e di scenografie pittoresche, Vestris mise in atto alcuni accorgimenti che la resero, secondo alcuni storici del teatro, una vera e propria riformatrice teatrale: gli spettacoli all’Olympic non si protraevano mai oltre le ore undici, le visite degli spettatori dietro le quinte furono abolite e le scenografie ed i costumi utilizzati vantavano, oltre alla squisita eleganza, una notevole accuratezza storica. Questi piccoli cambiamenti resero il teatro di Madame Vestris uno dei luoghi più mondani che la bella società potesse frequentare durante le ore di svago.

Anche le condizioni lavorative di chi si esibiva all’Olympic Theatre erano considerate ottime: scenografie innovative, giusti contratti di lavoro e quantità di prove adeguate attraevano attori e commediografi come Planché, Liston, Benjamin Webster. Vestris stessa si esibiva regolarmente nel suo teatro, presentandosi al pubblico in molteplici ruoli nelle extravaganzas mitologiche prodotte con i suoi co-autori principali (James Robinson Planchè, Charles Dance e Bayle  Bernard), contribuendo alla diffusione di questo genere comico che si proponeva come un’alternativa raffinata della pantomima. Il repertorio illegittimo dell’Olympic durante l’amministrazione di Vestris comprendeva anche farse ed opere storiche eleganti, spesso ambientate nella Londra della Restaurazione o in altre corti europee. I drammi rappresentati includevano tutti parti musicali e, pur potendo ospitare un terzo del pubblico del Drury Lane, dal 1831 al 1839 Madame Vestris seppe sfruttare con successo il potenziale del suo teatro, anche in un periodo di declino generale.

Madame Vestris nei panni di Felix in “The Alcaid”. Londra 1824, Victoria and Albert Museum

La collaborazione tra Madame Vestris e Charles James Mathews, scrittore e attore, ebbe inizio nell’autunno 1835, quando la manager dell’Olympic Theatre lo assunse per sviluppare insieme uno stile di commedia leggera sofisticata e “realistica” che riscosse molto successo. I due si sposarono il 18 luglio 1838, per poi tentare di risanare le loro finanze con un tour in America. Purtroppo il tour si rivelò un fallimento e i due attori tornarono a Londra nel 1839, dove decisero di abbandonare l’Olympic, a causa del quale erano ormai ricoperti di debiti, per affittare il Covent Garden. Qui Madame Vestris portò sul palcoscenico commedie classiche, tra le quali anche note produzioni di Shakespeare come A Midsummer Night’s Dream (1840), Love’s Labours Lost (1839), Merry Wives of Windsor (1840), ma anche commedie inedite. Presto, però, il teatro fu colpito da un periodo di crisi in cui il guadagno fu scarso, se non assente. Vestris fece meglio di molti dei manager che l’avevano preceduta, ma quando Charles Kemble, uno dei proprietari del teatro, vide la possibilità di fare fortuna dopo il debutto della figlia in ruolo cantato della Norma (1841), l’uomo si rifiutò di rinnovare il contratto di Madame Vestris, che dovette dichiarare fallimento nel maggio del 1842.

Nel periodo successivo la coppia lavorò per qualche tempo al Drury Lane, poi all’Haymarket Theatre, ma la loro situazione finanziaria non migliorò. Per cercare di pagare i debiti, i due attori lavorarono ininterrottamente tra Londra e le province, e nel 1847 assunsero la direzione del Lyceum Theatre, tornando a mettere in scena le extravaganzas di Planché con rinnovato successo. Il realismo nella recitazione di Mathews e della moglie fu ulteriormente sviluppato grazie all’introduzione nel programma teatrale di drammi francesi tradotti ad opera di G.H. Lewes, avvenuta dopo l’inaspettato successo di A Day of Reckoning nel 1849.

Ciononostante, presto sorsero ulteriori problemi economici e, nel luglio 1854, Vestris abbandonò le scene, ritirandosi a vita privata, gravemente malata di cancro. Dopo aver mantenuto il management del Lyceum per un altro anno, Mathews fu arrestato per debiti e riuscì a tornare a Londra solamente cinque giorni prima della morte della moglie, che spirò l’8 agosto 1856.

Madame Vestris accompagnata da spaniels. Litografia, ca 1831-1835. Philadelphia Museum of Art

Madame Vestris nacque in un contesto elitario di arte e intrattenimento che le permise di acquisire una profonda conoscenza dell’imprenditoria teatrale. Proprio per questa ragione l’attrice era profondamente consapevole del bisogno di rinnovare il teatro per ovviare ai problemi della scena londinese, individuando soluzioni originali, come dimostra la sua gestione dell’Olympic Theatre. Tra le altre cose, Madame Vestris seppe comprendere e negoziare i contrasti tra le antiche abitudini teatrali aristocratiche e le ambizioni della classe media emergente.

Vestris sapeva sfruttare con abilità il proprio fascino sensuale e la sua reputazione scandalosa, ed utilizzare la propria femminilità come garanzia di buon gusto per i teatri che amministrava: anche per questo viene oggi riconosciuta da molti critici come una delle più importanti professioniste della sua generazione, il cui ruolo nella politica di emancipazione sessuale del teatro aprì la strada alle attrici e manager degli anni successivi.

Bibliografia

http://www.oxforddnb.com/view/article/18331?docPos=2 [Jacky Bratton, ‘Vestris , Lucia Elizabeth (1797–1856)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 22/04/16]

Moody, Jane, Illegitimate Theatre in London, 1770-1840 (Cambridge, Cambridge University Press, 2000)

Donohue, Joseph (ed.), The Cambridge History of British Theatre, Vol. 2 (Cambridge, Cambridge University Press, 2004)

Frances Anne (Fanny) Kemble (1809-93)

Frances Anne (Fanny) Kemble (1809-93)

Frances Anne Kemble nacque il 27 novembre 1809 a Londra in una famiglia di artisti: il padre, Charles Kemble, era attore e manager teatrale, la madre attrice, la sorella Adelaide era considerata una talentuosa cantante e gli zii paterni John Philip Kemble e Sarah Siddons furono rispettivamente il maggiore tragediografo e la più grande attrice della loro generazione. Fu educata a Bath e in Francia, senza però cimentarsi nella lettura di Shakespeare se non a partire dall’adolescenza.

Nel 1829, a causa delle precarie condizioni economiche della famiglia dovute alla prossima bancarotta del Covent Garden Theatre, di cui il padre era manager, Fanny fu spinta a diventare attrice. Nonostante non avesse mai calcato nessun palcoscenico prima di allora, debuttò il 5 ottobre 1829 come Giulietta, al fianco dei genitori nei ruoli di Mercuzio e Lady Capuleti. Grazie al suo talento, l’afflusso a teatro crebbe tanto da posticiparne la chiusura. Seppur non dotata di una bellezza tradizionale, trovò nel carisma un modo alternativo per ammaliare il pubblico e per sopperire alla mancanza di tecnica che traspariva soprattutto nelle interpretazioni dei grandi ruoli shakespeariani, nei quali si era precedentemente cimentata la zia Sarah Siddons, con la quale nascevano spontanei paragoni. Grazie alle sue grandi capacità di apprendimento, riusciva a imparare molto velocemente nuove parti e presto iniziò a recitare un ruolo diverso ogni mese; si ricordano le interpretazioni da protagonista in Venice Preserv’d, tragedia di Thomas Otway, The Grecian Daughter, tragedia di Arthur Murphy e The Provoked Husband, commedia di Colley Cibber (basata su frammenti di John Vavbrugh). Successivamente, accanto ai ruoli canonici di Lady Macbeth, Portia, Beatrice e Constance, recitò in un adattamento di The Stranger di August von Kotzebue. Il ruolo in cui si distinse e con il quale raggiunse un più stabile successo fu quello di Julia in The Hunchback di James Sheridan Knowles del 1832, scritto appositamente per lei, nonostante la commedia fosse il genere in cui meno si sentisse a proprio agio. Giunse persino a recitare in un dramma storico, da lei scritto e recitato, dal titolo Francis the First (1833), che non ottenne però il successo sperato, nonostante il suo nome e la sua fama.

Non bastarono i grandi risultati raggiunti durante la sua carriera a far amare davvero a Kemble la recitazione, che ella considerò sempre inferiore rispetto alla poesia e al romanzo. Per questo, intendeva abbandonare la professione (che reputava, secondo quanto scrisse in Record of a Girlhood, una violazione della dignità della donna, costretta a vivere sotto lo sguardo e sulla bocca di tutti) non appena raggiunta una certa sicurezza economica.

A causa di problemi economici dovuti all’abbandono dei teatri da parte del pubblico (che preferiva in quel periodo il teatro di varietà, le cosiddette music halls), nel 1832 Fanny e suo padre partirono per un tour americano della durata di due anni. Debuttarono a New York presso il Park Theatre in settembre. Le critiche non furono sempre positive, soprattutto per problematiche dovute all’impatto tra culture, ma in generale si riconobbe che i Kemble erano i primi veri grandi attori a calcare i palcoscenici americani. Seguì un tour biennale delle maggiori città del Continente, il cui successo fu legato anche e soprattutto alle interpretazioni di Fanny. Nel 1835 pubblicò due volumi del suo diario, che suscitarono contrariate reazioni nei lettori, ma che restano memorabili per la freschezza dello stile e l’acutezza delle sue osservazioni.

A Philadelphia conobbe Pierce Butler, erede di piantagioni in Nord Carolina e Georgia. Il corteggiamento lo portò a seguire i Kemble nel loro tour, fino a che la ragazza non decise di accettare la sua proposta di matrimonio. L’unione venne celebrata nel 1834 proprio a Philadelphia; come da patti, Kemble continuò a recitare per le due settimane successive alla cerimonia, per poi ritirarsi (con grande sollievo da parte sua) dalle scene. La vita coniugale non fu però come Kemble si era prospettata, sia perché la sua discendenza non aristocratica non era vista di buon occhio dai Butler, sia, soprattutto, perché il suo pensiero abolizionista si scontrava con lo sfruttamento degli schiavi perpetrato nelle piantagioni. Durante una permanenza di quattro mesi nella piantagione di famiglia in Georgia, ebbe modo di vedere in prima persona le condizioni degli schiavi, e nonostante suo marito fosse un padrone magnanimo (rispetto alla norma) nulla le impedì di riconoscere l’orrore di un sistema che vedeva nel possesso di un altro essere umano il proprio fondamento e guadagno. Dei pochi mesi trascorsi alla piantagione tenne un diario che vide la luce solo nel 1863 dal titolo Journal of a Residence on a Georgian Plantation in 1838-1839. Del testo venne evitata la diffusione negli stati americani del Sud, dove giunse, infine, contribuendo ad alimentare la diffidenza nei confronti di una straniera che intendeva intromettersi negli affari di una società così diversa dalla sua.

I differenti punti di vista sulla questione misero in crisi un matrimonio già instabile, che portò Kemble a viaggiare per lunghi periodi, nel tentativo di ridare vitalità al rapporto attraverso un tempo di separazione. Kemble viaggiò in Inghilterra tra il 1840 e il 1843 e poi di nuovo nel 1845. Durante questi anni tentò di ignorare le prove dei costanti tradimenti da parte di Butler, ma prove indicano che già nel 1847 cercò in più modi mezzi di sostentamento alternativi in caso di un futuro naufragio della relazione. Riprese a recitare per poco tempo nelle province inglesi, fino a tornare sui palcoscenici londinesi al fianco di uno dei maggiori attori dell’epoca, W.C. Macready. Successivamente riuscì a trovare un percorso affiliato ma diverso dalla recitazione, che occupò almeno quindici anni della sua vita: la lettura e interpretazione in solitaria di opere shakespeariane.

Poco dopo la prima di queste letture, Kemble e Butler divorziarono e la tutela delle figlie avute dalla coppia venne affidata al padre. Kemble riprese la propria carriera e mise in scena rappresentazioni sia in Inghilterra che in America, dove riscontrò un discreto successo soprattutto negli ambienti puritani, dove ne venne apprezzata la teatralità scevra di associazioni al palcoscenico. Nonostante non fosse né la sola né la prima a cimentarsi in letture di opere teatrali a una sola voce (sperimentata persino dal padre e dalla zia Sarah Siddons), fu sicuramente una delle interpreti più abili nel panorama dell’epoca, fino al ritiro dalle scene avvenuto nel 1863. Nel trentennio successivo si divise tra l’Inghilterra, Philadelphia e il suo cottage in Massachusetts.

A Londra riallacciò i contatti con le personalità più in risalto dell’epoca e visse nell’alta considerazione della società di cui rientrò a far parte.  Si cimentò in opere teatrali e romanzi, ma della sua produzione si ricordano principalmente le opere autobiografiche: il già citato Journal of a Residence on a Georgian Plantation in 1838-1839, Record of a Girlhood (1878) e Records of Later Life (1882).

Morì a Londra nel 1893.

Bibliografia

https://www.britannica.com/biography/Fanny-Kemble “Fanny Kemble, Enciclopedia Britannica” [Ultima Consultazione 09/01/2020]

 

Dorothy (Dora) Jordan (1761-1816)

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Dorothy (Dora) Jordan (1761-1816)

Dorothy Jordan, conosciuta anche come Dora Jordan, nacque a Londra nel 1761. Figlia illegittima di Francis Bland, Colonnello dell’esercito, e Grace Phillips, attrice di teatro, passò la giovinezza in Irlanda. Nel 1784 il padre lasciò la famiglia e a Dorothy fu assegnato il cognome della madre.

Attrice e cantante, fece il suo debutto nel 1779 nel ruolo di Miss Peggy in The Country Girl (adattamento di David Garrick di The Country Wife di Wycherley), allo Smock Alley Theatre di Dublino. Il teatro, all’epoca, era gestito da Richard Daly, del quale divenne ben presto amante e da cui ebbe un figlio illegittimo, Francis. Nel 1782, fu costretta a lasciare l’Irlanda per sfuggire allo stesso Daly, a cui doveva ingenti somme di denaro.

Giunta a Leeds, iniziò a lavorare con il manager Tate Wilkinson, il quale le assegnò Jordan come cognome d’arte e la accolse nella sua compagnia di York. Cornelius Swan, critico e studioso di Shakespeare presso l’Università di York, riconobbe in lei un grande potenziale e decise di guidarla nell’interpretazione dei ruoli del massimo drammaturgo inglese, dopo aver trovato il denaro necessario per pagare i suoi debiti. Per tre anni Jordan recitò nella compagnia di Wilkinson, finché non fu notata dall’attore William Smith che la raccomandò a Richard Sheridan, impresario del Drury Lane, il quale decise di scritturarla. Iniziò così la sua fruttuosa collaborazione col teatro dove poté inoltre conoscere Richard Ford, uno dei maggiori azionisti, che divenne suo amante e dal quale ebbe tre figli.

Nel 1790 il Principe William Henry, duca di Clarence, dopo averla vista recitare, si interessò alla sua storia e si innamorò di lei. Dopo aver scoperto che Jordan era celibe e con figli, Henry decise di ospitarla nella sua residenza e di provvedere al sostentamento dell’attrice e della sua prole. La coppia non fu tuttavia mai legalmente sposata – cosa che attirò loro anche una serie di critiche pubbliche – e si sciolse nel 1811. Durante la relazione, Jordan aveva continuato a lavorare presso il Drury Lane, ma aveva collaborato anche con il Covent Garden e con numerosi teatri di provincia: nel 1801 a Canterbury, l’anno successivo a Liverpool, nel 1803 a Birmingham, nel 1808 aveva intrapreso a Bath la prima delle sue stagioni annuali, per poi spostarsi a Bristol, Chester, Leicester ed in seguito a Manchester.

Trasferitasi a Chelsea dopo la separazione, seppe da subito imporsi sui palcoscenici londinesi come la prima attrice comica inglese, divenendo così la controparte della musa tragica del tempo, Sarah Siddons. Fra i suoi ruoli comici più famosi vi furono Imogen dal Cymbeline, Rosalind in As You like It, Beatrice in Much Ado about Nothing e Viola in Twelfth Night, tratti da opere di Shakespeare. Interpretò inoltre Hippolita in She Wou’d and She Wou’d Not di Colley Cibber, Roxalana in The Sultan di Isaac Bickerstaff, Lady Teazle in The School for Scandal e Lydia Languish in The Rivals di Richard Brinsley Sheridan. Si misurò anche in parti tragiche ricoprendo i ruoli di Ophelia in Amleto e Cora in Pizarro di Sheridan (adattamento dall’originale di August von Kotzebue).

Attrice vivace e briosa, fu molto applaudita nelle parti che richiedevano travestimenti maschili, chiamate breech roles, come Bollario in Philaster di Beaumont e Fletcher, Viola di Twelfth Night, Priscilla Tomboy in The Romp, Little Pickle in The Spoiled Child e Sir Harry Wildair in The Constant Couple di George Farquhar. Fu inoltre la prima a recitare nel ruolo di Angela in The Castle Spectre di Matthew Lewis, Flavia in Vortigern di William Henry Ireland, Cora in Pizarro di Sheridan e Imogen in Adelmorn the Outlaw di Lewis.

Per ragioni economiche, in quello stesso periodo, prese parte ad una serie di spettacoli in giro per il paese. Nel 1788 fu invitata a Cheltenham in occasione della visita di re Giorgio III e della regina Charlotte, nello stesso anno era poi apparsa a Reading e nel circuito di Bath, Portsmouth e Southampton, che continuò a visitare periodicamente anche negli anni successivi. L’anno seguente si spostò invece ad Edimburgo, e successivamente tra York,  Margate e Canterbury, fino al 1801. Il 1802 la vide a Liverpool e Preston, il 1803 a Birmingham e, nonostante l’età relativamente avanzata e le condizioni di salute in costante peggioramento, fino al 1810 si recò anche a Chester, Leicester, Manchester e Worcester.

Solo nel 1815 si ritirò dalle scene per trasferirsi a Boulogne, in Francia, dove intraprese un vero e proprio esilio volontario, probabilmente dovuto alle sue precarie condizioni di salute o alla sua situazione economica, perennemente instabile. Morì sola nel luglio 1816 a Parigi.

Lo stile di recitazione di Jordan fu sempre descritto dai contemporanei come particolarmente innovativo: l’attrice abbandonò infatti l’atteggiamento rigido e il dialogo manierato della scuola di Kemble, portando sulla scena una naturale vivacità e freschezza. Per le sue doti e capacità attoriali, fu particolarmente apprezzata da Charles Lamb e da William Hazlitt, che la ricoprì di lodi in uno dei suoi Dramatic Essays; fu inoltre l’attrice preferita di sir Joshua Reynolds. La sua prima biografia ufficiale, Life of Mrs Jordan di James Boaden, fu pubblicata nel 1831.

English Translation
Dorothy (Dora) Jordan (1761-1816)

Dorothy Jordan, also known as Dora Jordan, was born in London in 1761. She was the illegitimate child of Francis Bland, an army colonel, and Grace Phillips, a theatre actress. She spent her childhood in Ireland. In 1784, her father left the family and she took the surname of her mother.

Jordan made her debut as a singer and actress in 1779 in the role of Miss Peggy in The Country Girl (an adaptation of Wycherley’s The Country Wife by David Garrick), at the Smock Alley Theatre in Dublin. At the time, the theatre was under the management of Richard Daly, who soon became her lover. They had an illegitimate child together, named Francis. In 1782, Jordan was forced to leave Ireland to get away from Daly, to whom she owed a great deal of money.

Having made her way to Leeds, Jordan started to work with manager Tate Wilkinson, who gave her the stage surname Jordan and took her in as part of his York company. Cornelius Swan, critic and scholar of Shakespeare at the University of York, saw great potential in her and decided to guide her into acting in roles written by great English playwrights, after finding the necessary money to pay her outstanding debts. For three years, Jordan acted in Wilkinson’s company, until actor William Smith noticed her talent and recommended her to Richard Sheridan, manager of the Drury Lane theatre, who decided to enrol her in his company. Therefore, her fruitful collaborations with the theatre began, where she was also able to meet Richard Ford, one of the theatre’s stakeholders, who became her lover and with whom she had three children.

In 1790, after seeing Jordan onstage, William Henry, duke of Clarence, fell in love with her. After finding out she was a single mother, Henry decided to welcome her into his home and provide for her and her children. However, the two of them were never legally married — which brought them public criticism — and they broke up in 1811. During their relationship, Jordan continued to work at the Drury Lane theatre, but also collaborated with Covent Garden and many other theatres: in Canterbury in 1801, in Liverpool the following year, in Birmingham in 1803. In 1808, she spent the first two seasons of the year in Bath and then moved on to Bristol, Chester, Leicester and Manchester.

After breaking up with Henry and moving to Chelsea, Jordan hit the stages of London as the first English comic actress, becoming the counterpart of the tragic muse of the time, Sarah Siddons. Some of Jordan’s most notable comic roles were Imogen in Cymbeline, Rosalind in As You Like It, Beatrice in Much Ado About Nothing and Viola in Twelfth Night, from Shakespeare’s works. She also played Hippolita in Colley Cibber’s She Wou’d and She Wou’d Not, Roxalana in Isaac Bickerstaff’s The Sultan, Lady Teazle in The School for Scandal and Lydia Languish in Richard Brinsley Sheridan’s The Rivals. Jordan also starred in tragic roles such as Ophelia in Hamlet and Cora in Pizarro (an adaptation by Sheridan of August von Kotzebue’s original work).

A lively actress, Jordan was applauded in roles that required male outfits (called ‘breech roles’) like Bollario in Beaumont and Fletcher’s Philaster, Viola in Twelfth Night, Priscilla Tomboy in The Romp, Little Pickle in The Spoiled Child and Sir Harry Wildair in George Farquhar’s The Constant Couple. Jordan was also the first actress to play Angela in Matthew Lewis’s The Castle Spectre,

Flavia in William Henry Ireland’s Vortigern, Cora in Sheridan’s Pizarro and Imogen in Lewis’s Adelmorn the Outlaw.

For financial reasons, in this same period, Jordan took part in a series of shows around the country. In 1788, she was invited to Cheltenham for the visit of King George III and Queen Charlotte. During that same year, she also worked in Reading, Bath, Portsmouth and Southampton, where she came back periodically in the following years. In 1789, she moved to Edinburgh, and later to York, Margate and Canterbury, until 1801. In 1802, she performed in Liverpool and Preston, in 1803 in Birmingham, and, despite her age and health conditions, she kept travelling to work also in Chester, Leicester, Manchester and Worcester. She retired in 1815 and moved to Boulogne, in France, where she went in a voluntary exile, probably due to her precarious health and unstable economic situation. She died alone in Paris in 1816.

Jordan’s acting style was described by coeval critics as particularly innovative: she indeed abandoned the rigid attitude and artificial dialogues introduced by Kemble, in favour of a more natural style characterised by vivacity and freshness. She was extremely appreciated by Charles Lamb and William Hazlitt for her talent and acting style. Hazlitt praised her in one of his Dramatic Essays. She was also Sir Joshua Reynolds’s favourite actress. A first official biography of her life, Life of Mrs Jordan, by James Boaden, was published in 1831.

Translated by Aisha Gueye
Revised by Dott.ssa Valentina Pramaggiore

Bibliografia/Bibliography:

Moody, Jane and Daniel O’Quinn (eds), The Cambridge Companion to British Theatre 1730-1830 (Cambridge, Cambridge University Press, 2007)

http://www.oxforddnb.com/view/article/15119 [Paul Ranger, ‘Jordan, Dorothy (1761–1816)’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004; consultato il 19/05/2016]

Mary Ann Yates (1728-1787)

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Ritratto di Mary Ann Yates di Tilly Kettle, 1765.

Mary Ann Yates (1728-1787)

Mary Ann Yates (Graham, alla nascita) fu un’attrice e impresaria teatrale. Prese il cognome Yates dal marito Richard, anch’egli attore. Destinata a imporsi come una delle più grandi interpreti tragiche di metà Settecento, la sua prima apparizione su un palcoscenico avvenne a Dublino nel gennaio del 1753, dove recitò senza successo la parte di Anna Bolena nell’Henry VIII di Shakespeare. Sui palcoscenici londinesi probabilmente apparve per la prima volta il 25 febbraio 1754, più precisamente al teatro Drury Lane, nella parte di Marcia in Virginia di Henry Crisp, al fianco di David Garrick nel ruolo di Virginius. La sua successiva apparizione fu nel 1756 al Drury Lane, dove recitò nei panni di Alcmena nell’Amphitryon di John Hawkesworth. Questa performance fu apprezzata dall’attore Richard Yates, che sposò nello stesso anno. Durante la stagione 1757-58 Mary Ann recitò nel ruolo dell’eroina eponima in Jane Shore di Nicholas Rowe, fu però la sua interpretazione nella tragedia The Orphan Of China (1759) che confermò il suo successo al Drury Lane, dove rimase fino al 1767, affinando le proprie doti di attrice con l’aiuto del drammaturgo Arthur Murphy. In questo periodo recitò molti dei principali ruoli femminili di repertorio dei palcoscenici londinesi dell’epoca, nonché in molte opere nuove. Yates interpretò, tra gli altri, i personaggi di Cleopatra in Antony and Cleopatra, Constance in King John, Imogen in Cymbeline, Desdemona in Otello, Cordelia in King Lea e Belvidera nel Venice Preserv’d di Thomas Otway. Inoltre interpretò Marcia in Virginia (1754) di Henry Crisp, Alcmena in Amphitryon (1756) di John Hawkesworth e Mandane in The Orphan of China (1759) di Arthur Murphy.

Nel 1766, dopo la morte di Susan Cibber, Mary Ann chiese una maggiorazione del proprio compenso, ma i manager del teatro di quel periodo, David Garrick e James Lacey, rifiutarono, nonostante l’attrice dichiarasse di aver chiesto molto meno di quanto la stessa Cibber riceveva. Decise pertanto di trasferirsi al teatro Covent Garden, dove debuttò sempre nel ruolo di Jane Shore il 16 Ottobre 1767. Nella stessa stagione interpretò ruoli del calibro di Lady Macbeth, Cleopatra in All for Love di Dryden, Queen Gertrude in Hamlet e due delle eroine più celebri della commedia shakespeariana, Portia in The Merchant of Venice ed Isabella in Measure for Measure. Dopo un periodo a Edimburgo, fra il 1771 e il 1773, tornò a Londra dove, assieme a Frances Brooke, scrittrice e drammaturga, rilevò la direzione del King’s Theatre, per poi tornare a recitare al Drury Lane, dove, tra l’altro, risultò essere l’attrice più pagata del teatro.

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Mary Ann Yates nel ruolo di Medea, William Dickinson, 1771.

Nel marzo 1779 venne scelta per recitare il Monody to the Memory of Mr Garrick di Sheridan, nonostante la concorrenza di diversi colleghi uomini. Nel 1781 riapparve al Covent Garden dove recitò per l’ultima volta il 29 marzo 1783 nel ruolo di Hermione in The Winter’s Tale. Dopo un periodo in cui si fermò per motivi di salute, tornò in scena nel 1785 in vari spettacoli. Non vi sono notizie di sue performance nel 1786: probabilmente l’attrice soffriva già di idropisia, che la portò alla morte nel maggio 1787 nella sua casa a Pimlico.

Mary Ann Yates fu indiscutibilmente una delle più celebri attrici tragiche delle scene inglesi del Settecento, negli anni tra Susan Cibber e Sarah Siddons. Come quest’ultima, anche Mrs Yates era nota per l’eleganza raffinata e il portamento maestoso e, come scrisse il drammaturgo e biografo teatrale James Boaden, “[she] courted a likeness to the statues of antiquity in the solemn composure of her attitudes“. Fu molto ammirata dal pubblico teatrale. Tra i suoi estimatori, Horace Walpole e William Godwin.

Sitografia

https://theodora.com/encyclopedia/y/mary_ann_yates.html “Mary Ann Yates”, Encyclopedia Britannica 1911 [Ultima consultazione il 09/01/2020].

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-30196 Thomson, Peter. “Yates [née Graham], Mary Ann”, Oxford Dictionary of National Biography, DOI : https://doi.org/10.1093/ref:odnb/30196. [Ultima consultazione il 09/01/2020].

Helena Faucit (1817-1898)

Helena Faucit (1817-1898)

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Nata a Londra (o Greenwich) nel 1814 da una famiglia di attori. Studiò teatro con Percy Farren e divenne una delle attrici teatrali più note del tardo periodo romantico e della prima età vittoriana. Debuttò al Richmond Theatre nell’autunno 1833 nel ruolo di Giulietta di William Shakespeare. Nonostante la sua performance, considerata molto naturale e spontanea, la giovane attrice non soddisfò le aspettative di Farren, che solo dopo altri due anni di studio la considerò pronta per il debutto a Londra. La sua prima apparizione nella capitale fu al Covent Garden il 5 gennaio 1836 come Julia in The Hunchback di James Sheridan Knowles al fianco di Charles Kemble. Lo spettacolo ebbe molto successo e Faucit firmò un contratto di tre anni con il teatro. Giunta sulle scene al momento giusto, poiché la brillante ma breve carriera di Fanny Kemble era da poco finita, Helena Faucit si trovò praticamente senza rivali nel campo del dramma in versi e ottenne una ampio consenso critico. Il 25 febbraio 1836 interpretò il ruolo di Margaret in “Separation” di Joanna Baillie. Recitò anche in Romeo and Juliet (10 marzo) e il 6 giugno sostituì Ellen Tree come Clemanthe nell’Ion di Thomas Noon Talfourd. Quando, nel maggio 1836, William Charles Macready si trasferì dal Drury Lane al Covent Garden, volle Faucit nel ruolo della Duchessa di La Vallière a fianco del suo Bragelonne in “The Duchesse” de La Valliere di Edward Bulwer Lytton. Durante la stagione 1836-37, quando recitò sia con Charles Kemble sia con Macready, interpretò ben nove eroine di Shakespeare. Fino ad allora ella aveva sempre interpretato ruoli tragici o romantici, ma rivelò anche un certo talento comico. Sebbene Faucit si fosse innamorata di Macready, l’uomo tentò di mantenere il rapporto su un piano puramente platonico e di spronare Helen a migliorare sempre più le sue capacità interpretative. Il ruolo drammatico di maggior rilievo dell’attrice fu quello di Pauline in The Lady of Lyons di Bulwer-Lytton (1838), accanto al quale va ricordata la sua magistrale interpretazione di Hero in Woman’s Wit di Knowles. Nel 1839 Macready si spostò all’Haymarket, dove lo seguirono molti attori e attrici tra cui Faucit.

Dopo un periodo in cui dovette fermarsi per problemi di salute, Faucit ritornò all’Haymarket il 25 aprile 1840 e continuò la sua carriera interpretando ruoli in diverse opere. Nel 1842 si unì alla compagnia del Drury Lane e fece la sua prima apparizione il 14 febbraio. Nelle stagioni successive interpretò ruoli che accrebbero la sua fama. Tra queste va ricordata la sua interpretazione di Lady Macbeth, ruolo affidatole a causa dell’assenza di Mary Warner. Celebre fu la sua Rosalind in “As You Like It“, la sua interpretazione shakespeariana più famosa. Furono anni di intense tournées in Inghilterra, Scozia e Irlanda. Durante un viaggio a Edimburgo Faucit incontrò Theodore Martin, che sarebbe diventato suo marito nel 1851. Si recò a Parigi con Macready nel 1844 dove recitarono insieme in numerosi drammi. Ben presto, però, la star maschile fu irritata dal fatto che gli applausi più scroscianti del pubblico francese erano quasi sempre riservati alla sua partner. Tra i due ci furono delle incomprensioni e finirono per non recitare più insieme. La sua carriera proseguì con crescente successo. Tornata in Inghilterra, apparve varie volte a Londra, ma più spesso in provincia. Nel marzo 1857, a Edimburgo, il diciannovenne Henry Irving (1838-1905) recitò Pisanio a fianco della sua Imogen, nel Cymbeline di Shakespeare. Faucit continuò instancabilmente a recitare e la sua ultima comparsa in scena fu il 2 ottobre 1879 a Manchester come Rosalind in As You Like It.

Copyright Royal Shakespeare Company Collection / Supplied by The Public Catalogue Foundation

Dopo il matrimonio con Martin, l’entusiasmo per il teatro la spinse a non ritirarsi dalle scene. Continuò a interpretare le eroine della sua gioventù, sebbene venisse talvolta criticata a causa dell’età troppo avanzata per ruoli di questo genere. Partecipò inoltre a qualche evento di beneficienza a Londra e tornò qualche volta all’Haymarket fino all’ultimo spettacolo del 1879. Negli ultimi anni fu colpita da vari attacchi di nevralgia e infine morì il 31 ottobre 1898 a Bryntysilio, la sua casa in Galles, salutata come una delle più grandi interpreti di drammi in versi dell’Ottocento.

Lo stile recitativo di Helen Faucit fu definito ‘deeply pathetic’. Fu spesso lodata da Alexandre Dumas, mentre Théophile Gautier apprezzò specialmente le sue capacità recitative nei ruoli shakespeariani. In Gran Bretagna, Thomas De Quincey fu tra i suoi maggiori estimatori.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-9200?rskey=YOyvDy&result=1   Carol J. Carlisle, “Faucit, Helen (1814–1898)”, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004 [Ultima Consultazione 09/01/2020]

Frances Abington (1737-1815)

Frances Abington (1737-1815)

 

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Di umili origini, Frances Abington, il cui nome da ragazza era Frances o Fanny Barton, nacque a Londra nel 1737 e crebbe nei bassifondi nei pressi del teatro Drury Lane. La madre morì quando lei aveva solo quattordici anni e il padre, ex soldato delle guardie del Re, si guadagnava da vivere come calzolaio.

Frances lavorò come fioraia (da qui il soprannome di “Nosegay Fan”), come cantante di ballate di strada, come cuoca e domestica di una sarta francese. Grazie a quest’ultima acquisì un notevole gusto per la moda e imparò la lingua francese. Diversi resoconti sulla sua giovinezza suggeriscono un’attività come prostituta. Inoltre, questi racconti sottolineano la sua determinazione nell’acquisire una buona educazione e la sua volontà di farsi strada nel mondo del teatro. Oltre al francese, Frances aveva imparato anche l’italiano.

Debuttò come attrice nell’estate del 1755, grazie a Theophilus Cibber, manager dell’Haymarket. Con una compagnia di giovani principianti, mise in scena The Busy Body di Susannah Centlivre, che venne rappresentato il 21 agosto 1755; Frances Barton interpretava il ruolo di Miranda. Durante questa breve stagione vestì anche i ruoli di Desdemona e Sylvia in The Recruiting Officer di George Farquhar. Successivamente venne ingaggiata dall’attore Edward Shuter per interpretare ruoli minori nei teatri di Bath e Richmond.

Nell’ottobre 1756 apparve sul palco del Drury Lane come membro stabile della compagnia, su raccomandazione del drammaturgo e impresario Samuel Foote, nel ruolo di Lady Pliant in The Double Dealer di William Congreve. Dopo aver recitato in ruoli secondari, terminò la stagione interpretando Lucy in The Beggar’s Opera di John Gay. La sua carriera avanzò a rilento a causa della concorrenza di altre attrici contemporanee, come Hannah Pritchard e Kitty Clive.

Nel 1759 sposò il suo maestro di musica, James Abington, e nel novembre dello stesso anno, dopo alcune incomprensioni col manager del Drury Lane, gli Abington si trasferirono in Irlanda per unirsi alla Brown’s Dublin Company. La prima performance a Dublino di Frances Abington nel ruolo di Mrs Sullen in The Beaux’ Stratagem di Farquhar allo Smock Alley le assicurò un successo immediato. Abington si impose immediatamente a Dublino anche come ispiratrice di nuove mode nell’abbigliamento femminile.

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Il matrimonio con James Abington non fu felice, ed ella ottenne ben presto la separazione. Eppure la sua carriera di attrice continuò a decollare: il successo riscosso nei ruoli di Lady Townly in The Provoked Husband di Colley Cibber e di Lucinda in The Englishman in Paris di Samuel Foote fu straordinario. In seguito, nel 1760, apparve al Crow Street Theatre di Dublino, e da quel momento in avanti, Abington lavorò in entrambi i teatri irlandesi per cercare di ottenere il contratto migliore.

Nel 1765, dopo aver trascorso cinque anni in Irlanda, tornò in Inghilterra con Mr Needham, suo amante da diversi anni, il quale morì a Bath durante l’estate. In seguito alle forti pressioni di David Garrick, Frances Abington tornò al Drury Lane per interpretare il ruolo della vedova Belmour nella commedia di Arthur Murphy The Way to Keep Him. Nelle successive stagioni si impose come una delle attrici comiche più importanti della sua generazione. Straordinarie furono le sue interpretazioni di Lady Betty Modish in The Careless Husband di Cibber, di Beatrice in Much Ado about Nothing, di Millamant in The Way of the World di Congreve e di Miss Walsingham in The School for Wives di Hugh Kelly.

Il rapporto tra l’attrice e Garrick non fu sempre facile. Alcune lettere rivelano che tra i due ci furono spesso discussioni sulle assegnazioni dei ruoli da parte del manager. Dopo un periodo in cui Abington sembrava aver perso la sua vena artistica, nel 1777 tornò sulle scene interpretando Lady Teazle in The School for Scandal di Richard Brinsley Sheridan, ruolo che suscitò anche l’entusiasmo di un critico severo come Horace Walpole.

Dal 1782 Abington si esibì al Covent Garden nel ruolo di Lady Flutter in The Discovery di Frances Sheridan. Nel 1778 Sheridan ingaggiò Elizabeth Farren nella compagnia teatrale del Drury Lane, attrice più giovane di Abington e sua indiscussa rivale. Anche per questo motivo, Frances Abington decise di lasciare il Drury Lane per trasferirsi al Covent Garden. Continuò a calcare le scene fino al 1790, anno in cui decise di ritirarsi.

Dopo il ritiro dalle scene, Mrs Abington riapparve al Covent Garden nel 1797 in occasione di uno spettacolo di beneficenza. Nello stesso anno reinterpretò il ruolo di Beatrice in Much Ado About Nothing. La sua ultima apparizione ebbe luogo il 12 aprile 1799 nei panni di Lady Racket nell’afterpiece Three Weeks after Marriage di Arthur Murphy, ma ella non godette mai di una serata di “benefit” formale.

Frances Abington si conquistò la sua straordinaria reputazione di attrice grazie ai suoi ruoli nelle comedies of manners. Dimenticate le difficoltà e gli squallori degli inizi, alla fine della sua carriera Mrs. Abington si era conquistata una posizione di grande prestigio culturale. Figura alla moda, amica di molte dame dell’aristocrazia inglese, conobbe anche Samuel Johnson, i cui rapporti cordiali con Abington sono narrati da Boswell nella sua biografia.

L’attrice si ritirò dalle scene vivendo agiatamente grazie ai lauti guadagni accumulati durante la sua lunga carriera. Visse gli ultimi anni in oscurità e morì a nella sua casa a Londra il 4 marzo 1815.

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-51 Oddey, Alison. “Abington, Frances”. Oxford Dictionary of National Biography (online ed.). Oxford University Press. [Ultima Consultazione 01/09/2020]

Ellen Tree Kean (1805-1880)

Ellen Tree Kean (1805-1880)

 

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Ellen Tree Kean nacque il 12 dicembre del 1805 a Londra, terza di quattro figlie (tutte attrici) di un ufficiale dell’East India House. Di lei non si hanno notizie certe fino al suo debutto londinese, avvenuto al Covent Garden Theatre, sul finire della stagione 1822-23, all’età di diciassette anni, nel ruolo di Olivia, in una versione musicata di Twelfth Night di Shakespeare. Nel febbraio 1824, dopo un tour con la sorella Maria, stipulò un contratto con il Theatre Royal di Bath, dove debuttò nel ruolo di Lydia Languish in The Rivals di Richard Brinsley Sheridan, e interpretò ruoli da protagonista di commedie per due anni consecutivi, ma con scarso successo. Dopo aver trascorso l’estate a Birmingham, fu ingaggiata dal Drury Lane per interpretare dodici ruoli principali per 10 ghinee alla settimana, e vi rimase per tre stagioni recitando durante le sessioni estive all’Haymarket. Assistette al debutto di Charles Kean al Drury Lane il primo ottobre 1827 e recitò con lui in Lovers’ Vows di Elizabeth Inchbald il 26 e il 27 dicembre 1828. Dopo due stagioni a Bath in cui interpretò ruoli principali in commedie di scarso successo, nel settembre del 1826 riapparve al Drury Lane dove recitò per tre stagioni consecutive, interpretando ruoli comici come Laetitia Hardy in The Belle’s Stratagem di Hannah Cowley, Lady Teazle in The School for Scandal di Richard Brinsley Sheridan, e Miranda in The Busy Body di Susannah Centlivre. Si cimentò anche in ruoli seri, seppur non sempre di successo, come quello di Jane Shore, nell’opera omonima di Nicholas Rowe o di Cora nel Pizarro di Sheridan.9-mrs-charles-keane-nee-ellen-tree

La svolta nella sua carriera avvenne però nell’ottobre del 1829 al Covent Garden, dove recitò come Lady Townly in The Provoked Husband di Colley Cibber e fu la prima Susan in Black-Eyed Susan di Douglas Jerrold, destinata a diventare una delle opere teatrali più amate di metà Ottocento.
Inoltre interpretò Romeo per la Giulietta di Fanny Kemble, e nel 1832 ebbe una parte nel Francis I della stessa Kemble.
Nell’estate del 1830 Ellen recitò a Dublino, Glasgow ed Edimburgo, e interpretò la parte di Julia in The Hunchback di James Sheridan Knowles, che scriverà poi, ispirato proprio dal suo talento, The Wife, Love, John of Procida e The Rose of Aragon.
Nel marzo 1833 Ellen interpretò la parte di Desdemona nell’Otello di Shakespeare, recitando assieme ad Edmund e Charles Kean, mentre in aprile fu la prima Mariana in The Wife, a Tale of Mantua di James Sheridan Knowles. Inoltre, nello stesso anno, Ellen accompagnò Charles Kean in un tour in Germania che fu di scarso successo ma che vide la nascita del loro amore e il loro fidanzamento, nonostante la disapprovazione dei genitori. Nel 1834 la sua Myrrha con William Macready in Sardanapalus di Lord Byron al Drury Lane fu accolta freddamente, ma la sua Rachel in The Jewess fu messa in scena per più di cento serate. The Red Mask e The Ransom (come anche la sua interpretazione in The Jewess, nota per l’empatica virtù della protagonista femminile) misero in risalto la sua femminilità, e le sue interpretazioni memorabili di donne virtuose e sofferte riscossero grande successo di pubblico. Dopo aver interpretato per la prima volta, il 26 maggio 1836, il personaggio di Clemanthe nell’Ion di Thomas Noon Talfourd, ella decise di recarsi in America, dove rimase fino al 1839. Durante il soggiorno americano l’attrice recitò al Park Theatre di New York, per poi lavorare in numerose altre città come Boston e New Orleans; al suo ritorno in Inghilterra riprese a lavorare con successo al Covent Garden. Nel 1840 Ellen continuò a recitare con Charles Kean, divenuto ormai un attore affermato, con il quale si sposò a Dublino il 29 gennaio 1842 e la sera stessa delle nozze i due attori furono in scena insieme in The Gamester di James Shirley. Lo stesso anno Ellen Tree Kean interpretò all’Haymarket una lunga serie di personaggi shakespeariani e nel 1843 naque la figlia Mary. Ellen seguì suo marito in America e in tante tournées, interpretando ruoli principali e secondari. Dopo la morte di Charles (1867) si ritirò dalle scene, isolandosi fino al giorno della sua morte, il 20 agosto 1880.

out of; (c) Royal Shakespeare Company Collection; Supplied by The Public Catalogue Foundation

Bibliografia

https://www.oxforddnb.com/view/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-15205  “Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, September 2004; online edition, January 2008″ [Ultima Consultazione 09/01/2020]