Il passaggio dalla «poesia della favola» (Platone) – ossia dalla concezione dell’arte come dono degli dei, espressione immediata e diretta del racconto mitologico quale verità superiore alla condizione del vissuto quotidiano – alla «poesia della riflessione» (Schiller) – ossia all’autocoscienza del mondo abbandonato dagli dei dove la ricerca della verità è tutta riposta sulla personale responsabilità degli uomini – determina storicamente la consapevolezza dell’autonomia dell’arte, il cui valore è demandato non più alla trascendenza dell’uomo verso la serenità dell’eterno ma alla sua stessa autotrascendenza verso l’inquietudine del quotidiano.

Il trionfo del libero mercato nell’epoca aurea della Restaurazione ha reso opportune e anzi necessario cogliere nella banalità del quotidiano l’alea del caso quale unica forma legittima di realtà. Morti gli antichi dei, il caso ha definitivamente sepolto il destino dell’uomo. Nella costante ricerca del sacro, l’artista, mortificato dalla «coscienza infelice» (Hegel) del provvisorio, dovrà superare quel vuoto umano ancorandolo alla forma universale dell’arte. La modernità del Romanticismo nasce appunto da questa profonda contraddizione dello statuto dell’arte che deve distruggere la sua fede nella realtà per riscattarsi nella finzione. Ne scaturisce l’attualità del verbo romantico diretto assertore di una dialettica naturale dell’arte in cui la potenza creativa del linguaggio, superando ogni armonia prestabilita, entra nella composizione della forma estetica – l’estrema finzione – senza mai perdere i legami vitali dell’autore con la sua opera, che in essa appunto si riconosce e s’indìa.

Il recupero romantico della soggettività va dunque, come sappiamo, nella direzione di una presa di coscienza delle contraddizioni del mondo, ora non più nascoste dal racconto ancestrale dei miti, ma rovesciate nella insicurezza del quotidiano. L’attribuzione di una carica energetica e creatrice all’operosità dell’artista lo preservano – in quanto soggetto aperto alla bellezza e estrosità della Natura – dall’uniforme riproducibilità dell’operare tecnico del mondo utilitaristico borghese. Nondimeno, è sempre la borghesia che, con l’artista romantico, ha creato l’altra sponda della sua valida conquista della libertà d’azione in campo sociale, economico, politico: al prudente, responsabile «self-made man» essa contrappone il genio creatore scapestrato e ricco di fantasia.

Da tutto ciò deriva una fitta serie di problematiche inerenti alla definizione stessa di Romanticismo, che questa rivista intende individuare, nei suoi diversi numeri, nelle fondamentali antinomie di «organicismo/meccanicismo», «nazionalismo/internazionalismo», «orrore/terrore», e in altre che verranno, per delineare gli ambiti e le scansioni di quel processo di trasformazione antropologico e culturale che sul filo del rapporto fra tradizione e progresso ha condotto alla nascita dell’uomo moderno.

Osserviamo ora solo alcuni aspetti del primo tema che verranno discussi in questo numero.

Il distacco dalla matematizzazione del mondo (da Cartesio a Newton), segna l’avviarsi della cultura borghese verso un naturalismo che privilegia non più la fisica ma la biologia. Dietro le scoperte antropologiche e geologiche dei fossili animali e umani (Buffon, Lyell, Cuvier) ci si avvicina sempre più ad una concezione vitalistica in cui l’uomo occupa un punto determinante nella storia del mondo. L’evoluzionismo di C. Darwin consacrerà questa tendenza a considerare la storia non più come linea diretta dalla Provvidenza né come prospettiva del Progresso, ma come scala di aggregazioni e aggiustamenti fisiologici degli individui e delle specie verso un più alto ordine di esistenza. Di qui il conflitto tra la nuova idea organicista tipicamente romantica, e il perpetuarsi del determinismo meccanicista legato al verbo razionale degli illuministi. La rivendicazione del primato del soggetto porterà i romantici a fondare la loro visione del mondo sul concetto vitalista dell’organicismo, isolando l’individuo in un segreto spazio di evasione; ma altre tendenze ideologiche emergeranno a difesa della comunità, scontrandosi in campo laico (C. Cattaneo) e religioso (J. Donoso Cortes) sulla missione culturale dell’uomo nel mondo, ossia sul rapporto soggetto-oggetto che ritorna storicamente, concretamente, come relazione individuo-stato.

Organicismo e meccanicismo si combattono dunque all’esterno e all’interno del Romanticismo come modelli assoluti di soggettivazione e socializzazione dell’uomo. La battaglia medievale tra corpo e anima si riproduce ora nel conflitto tra il vitalismo originario del soggetto e la sua rubricazione nella nuova società produttivistica, nel dilemma tra l’autenticità e l’incongruenza dell’atto creativo, fra l’originalità e l’obsolescenza dell’arte (Leopardi, Byron, Shelley). Nondimeno la legge sovrana del mercato non concede al genio romantico che una libertà storicamente e socialmente limitata, facendolo prigioniero della sua visionarietà, per cui la sua attività risulterà soggetta allo stesso principio della produzione di merci: la ricerca della novità. Questa ricerca e la volontà dei romantici di uscire definitivamente dalle vecchie norme dell’estetica classica, calibrate sulla «misura aurea», mescolando i generi letterari e artistici (Goethe), entrando a capofitto nella multiformità e grevità della natura, dove bello e brutto, luce e ombra si alternano e spesso si confondono in curiose miscele, passando dal grazioso al grottesco (Hugo), dal prosaico al sublime (Wordsworth).

In tale tematica ricadranno i principi della «novità» come atto rigenerativo, della Natura come sorgente di energia e di mistero, e del linguaggio come rapporto di comunicazione-valore.

Questa rivista mira a cogliere il processo di formazione e di sviluppo della cultura romantica attraverso le contraddizioni di fondo che emergono alla fine del XVIII secolo, caratterizzando la storia del mondo moderno, con l’impatto della Rivoluzione Industriale in Inghilterra, con le Rivoluzioni in America e in Francia, con la crisi dell’aristocrazia in Germania e la nascita di una coscienza nazionale in Italia e in Grecia.

La rivista peraltro non vuole chiudere il Romanticismo entro stretti limiti epocali ma registrarne e indagarne gli effetti nella nostra civiltà contemporanea. La questione romantica è aperta a tutti i metodi di lettura del testo e della sua contestualizzazione e in particolare intende valersi della prospettiva comparatistica quale strumento di ricerca e messa a punto di dimensioni e livelli artistici e letterari diversi e anche opposti dell’opera, per meglio definirne la valenza estetica e sociale.