Roberto Baronti Marchiò, Andrea Peghinelli

Nato dalle suggestioni di una più ampia ricerca nazionale sul British Risorgimento che ha prodotto tre densi volumi di cui si dà qui conto tra le «Notizie», il presente numero è dedicato al mito e allo sbalorditivo seguito popolare che Giuseppe Garibaldi riscosse nel mondo anglosassone. Se l’Eroe dei due mondi fu l’uomo più famoso del suo tempo – divenendo probabilmente la prima vera celebrità mediatica della Storia – furono le sue doti di leader carismatico capace di trascinare i suoi uomini alla vittoria anche nelle imprese più disperate, la passione rivoluzionaria che gli faceva abbracciare le cause di tutti i popoli oppressi, la caratura morale della sua persona a suscitare grande ammirazione ed entusiasmo in Gran Bretagna.

Eroe romantico e affascinante incarnazione di nobili ideali rivoluzionari, come nessun altro leader di levatura internazionale Garibaldi suscitò oltremanica una ammirazione tale da fargli occupare un posto di assoluto rilievo nel Pantheon inglese del pensiero liberale e radicale, accanto a personaggi quali Oliver Cromwell, George Washington e Abramo Lincoln. Tanto più che al fascino irresistibile dell’eroe cosmopolita e a quello del rivoluzionario sempre pronto al sacrificio, Garibaldi univa un sincero spirito di abnegazione e un altrettanto schietto disinteresse per ricompense ed onori che gli inglesi apprezzavano davvero moltissimo, leggendo nella sua azione rivoluzionaria le stesse nobili motivazioni che avevano animato la loro Glorious Revolution del 1688. Così, al pari di quanto avvenne in Italia, anche in Gran Bretagna la sua figura fu oggetto di una sorta di culto laico, un culto che prevedeva tra le altre cose la raccolta e la venerazione – quasi fossero reliquie – di quanto a lui appartenuto: dagli oggetti personali, alle ciocche di capelli, alle armi, alle camicie rosse, fino alle gocce di sangue che avevano macchiato la bende dopo il noto ferimento in Aspromonte.

La figura e le imprese di Garibaldi furono così evocative da mettere in moto dei potenti processi immaginativi che riuscirono a infiammare gli animi di un gran numero di inglesi, a sollecitare l’inventiva di molti poeti e drammaturghi, e a suscitare l’entusiasmo e la convinta identificazione della popolazione inglese con la causa italiana. Difatti, in Gran Bretagna la popolarità di Garibaldi fu davvero vastissima, e trasversale a tutte le classi sociali, alle idee politiche e al gender e tale da generare speranze, entusiasmo e un’incredibile partecipazione, come dimostra la trionfale visita a Londra del 1864 che è l’emblema della dimensione popolare sia del Nizzardo sia del Risorgimento italiano in terra d’Albione.

All’ammirazione e al fervore popolare non corrispose però un altrettanto convinto sostegno da parte del mondo politico inglese, in particolare quello legato all’ambiente di governo e vicino alla corona. La Gran Bretagna, che in quell’epoca oscillava tra una politica finalizzata a incoraggiare la pace sociale attraverso le riforme, e una politica di intervento tesa a soffocare le insurrezioni al fine di evitare più vasti conflitti europei, guardava con sospetto a questa figura di eroe che seppur dotata di una levatura morale non comune rimaneva pur sempre un rivoluzionario e un repubblicano! Ne consegue che Garibaldi fu spesso al centro di imbarazzi e polemiche politiche, restando – a livello istituzionale – una figura controversa.

Ad un episodio rivelatore di tali complessi e a volte contradditori rapporti che legarono Garibaldi al mondo anglosassone, specificamente americano in questo caso, si rivolge il saggio di Giuseppe Monsagrati che analizza il tentativo compiuto dai vertici dell’esercito unionista (e nordista) di arruolare Garibaldi per affidargli il comando militare delle sue truppe nella Guerra civile americana. Il saggio, con il rigore dell’analisi documentale, fa chiarezza su questa pagina di Storia che risulta inquinata da falsi documenti e da operazioni diplomatiche non sempre limpide. Se già il Times di Londra sconsigliava agli americani di avanzare qualunque seria proposta, e a Garibaldi eventualmente di accettarla, il saggio analizza i motivi che fecero fallire questa trattativa che sembrò sul punto di realizzarsi, ma che invece non portò mai l’eroe italiano a vestire la giubba blu dell’esercito unionista americano.

All’analisi di questo rapporto fatto di entusiasmo popolare ma di sostanziale diffidenza da parte dei vertici politici inglesi è dedicato il saggio di Roberto Baronti Marchiò. In questo caso il significato inevitabilmente politico della visita di Garibaldi in terra d’Albione del 1864 è analizzato attraverso la lente d’ingrandimento dell’incontro che l’eroe italiano ebbe con il poeta Laureato Alfred Tennyson. Difatti, pur nelle formalità e negli scambi di cortesie che i due eminenti uomini si scambiarono nell’occasione, nel corso di questo incontro emersero tutte le tensioni e le diffidenze che il governo inglese e la stessa Regina Vittoria nutrivano nei confronti di un leader rivoluzionario e repubblicano, le cui gesta e i cui ideali potevano essere sostenuti e incoraggiati fintanto che avevano luogo in paesi distanti dalle coste inglesi. L’articolo ricostruisce le giornate precedenti il trionfale ingresso di Garibaldi a Londra e individua nelle incomprensioni di questo incontro con Tennyson alcuni dei motivi che porteranno il Generale italiano, sollecitato da pressioni superiori, a cancellare il suo tour nelle città inglesi e a rientrare frettolosamente a Caprera.

La grande risonanza che ebbe sulla stampa britannica la trionfale visita di Garibaldi a Londra è presa come spunto di riflessione nel saggio di Tiziana Morosetti per passare in rassegna le differenti e altalenanti modalità di ricezione degli eventi del Risorgimento italiano. Difatti, a partire dai moti rivoluzionari del 1848 fino alla spedizione dei Mille l’attenzione mediatica variò consistentemente a seconda delle contingenze storiche e delle vicissitudini di politica interna. È molto interessante, quindi, osservare come le gesta del Generale siano sì l’elemento che maggiormente catturava l’attenzone dei sempre più numerosi lettori, ma rientrino anche in un più ampio e complesso fenomeno politico-mediatico attraverso il quale i movimenti indipendentisti europei erano raccontati dal giornalismo anglosassone.

Oltre che l’interesse della stampa, le imprese di Garibaldi stimolarono l’immaginario di autori teatrali che nel giro di pochi anni dedicarono ben quattro spettacoli molto diversi tra loro all’epopea garibaldina. Laura Russo ne esplora la portata e sottolinea l’importanza che anche il teatro Vittoriano ebbe nel contribuire alla costruzione dell’immagine di Garibaldi quale eroe popolare. Difatti, i quattro spettacoli – Garibaldi (Astley Amphitheatre, 17 ottobre 1859), Garibaldi’s Englishman (Princess, 24 dicembre 1859), The Garibaldi “Excursionists” (Princess, 8 novembre 1860), Garibaldi in Sicily (Adelphi, 22 aprile 1867) – rappresentano bene i generi cosiddetti minori più in voga all’epoca, dall’ippodrama alla farsa passando per il melodramma, che, in un più generale fenomeno di ibridazione delle forme nato sul finire del secolo precedente, rappresentavano ormai l’ossatura della programmazione dei teatri londinesi. La parabola del «personaggio teatrale» di Garibaldi tocca l’apice dell’invenzione letteraria nel melodramma di William Sawyer Garibaldi in Sicily, che si distacca dalla realtà storica per correre in modo spericolato dietro a una ricostruzione a tinte forti dell’immagine di Garibaldi, tipica del melodramma.

In quest’ottica, la vicenda dello yacht a vapore che alcuni facoltosi esponenti del mondo finanziario londinese decisero di donare a Garibaldi offre lo spunto per una più ampia considerazione sugli interessi economici e politici che si muovevano dietro la fascinazione per la figura dell’eroe dei due mondi. Di tale episodio, Enrico Verdecchia ne offre un racconto avvincente nel suo contributo.

lnfine, la concomitanza delle celebrazioni per il terzo centenario della nascita di Shakespeare con la visita di Garibaldi a Londra e le vivaci proteste

che seguirono la controversa e improvvisa partenza del Generale evidenziano quanto fosse importante per il movimento riformatore sostenuto dai radical appropriarsi di quei simboli che potevano garantire visibilità alle loro lotte. In particolare, nel suo saggio Andrea Peghinelli illustra come si arrivò alla cosiddetta «Garibaldi’s crisis» che esplose proprio al culmine delle celebrazioni shakespeariane e diede adito a diverse letture di quell’episodio. La più intrigante è quella che vede Garibaldi rappresentato nelle vesti di Coriolano nella processione shakespeariana esibita nel numero speciale di Punch, interamente dedicato all’anniversario shakespeariano, che offre uno stimolante spunto di riflessione sulle possibilità interpretative di tale associazione.

Chiude la sezione dedicata al Nizzardo il saggio di Vincenzo Salerno che melanconicamente evoca il tramonto del sogno di un’Italia «diversa» da parte di un Garibaldi ormai anziano e stanco che decide di abbandonare la vita politica: «Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita». Tuttavia, ci presenta il caso di Felice Cavallotti che fu poeta, scrittore e parlamentare dal 1873 al 1898 quando morì tragicamente nel corso di un duello. Definito da Carducci «l’ultimo dei romantici» Cavallotti, sebbene condivida la stessa delusione provata dal Generale circa gli esiti dell’unificazione italiana, nel suo mescolare passione politica e poesia sembra voler far sopravvivere ancora per un po’ il «sogno» di Garibaldi, quel sogno di cui l’Italia e tutta l’Europa avevano ancora un estremo bisogno: «Povero vecchio, ritorna a sognar».

Completa questo volume «garibaldino» un’antologia di poesie scritte da alcuni eminenti poeti e scrittori vittoriani a testimonianza del potenziale immaginifico che le gesta e il fascino di Garibaldi seppero liberare anche tra gli autori più noti e protagonisti di quella tormentata stagione storica.

immagine editoriale garibaldi
“Presentation of a Sword at the Crystal Palace”,
Cassell’s Illustrated History of England, vol. IX, 1865