Il
dibattito sul romanzo nel tardo settecento tedesco
Prof.ssa Carla Consolini (aprile 2008)
Per
comprendere la situazione della produzione letteraria tedesca
occorre tenere presente il contesto storico nel quale ci si
muove. La Germania del XVIII secolo presenta una realtà
politica e territoriale estremamente frammentata, come testimonia
la presenza della locuzione, atta ad indicare la realtà
socio-politica dell'epoca, Germania delle trecento patrie.
Il romanzo si origina e si sviluppa, in terra tedesca, contemporaneamente
alla discussione sul genere stesso.
I maggiori romanzi del secolo, l'Agathon di Wieland (1766),
il Werther di Goethe (1774), Fräulein von Sternheim di
Sophie von La Roche (1771), sono coevi del trattato sul genere
scritto da Blanckenburg (Versuch über den Roman, del
1774).
Il fenomeno della creazione di una letteratura di lingua tedesca,
autonoma rispetto alle influenze esterne, riguarda non soltanto
il genere romanzo, ma anche la produzione teatrale, come si
può arguire dalla lettura della Hamburgische Dramaturgie
di G. E. Lessing.
Gli anni '70 del secolo si configurano, nella storia della
letteratura tedesca, come il periodo di una grande rinascita
che coinvolge i due generi che furono veicolo delle idee dell'epoca.
Contrariamente a quanto avvenuto in altri paesi, per esempio
la Francia, l'Inghilterra e l'Italia, la Germania, sconvolta
dai turbamenti politici della Riforma e della guerra dei trent'anni
(1618-1648), non aveva assistito ad un Rinascimento letterario
di matrice laica.
La rivendicazione di autonomia di cui una cospicua parte dell'intellighenzia
tedesca si fece portavoce era in parte una reazione alla forte
influenza delle letterature straniere nella produzione di
lingua tedesca.
Un esempio è fornito dalla mole di traduzioni e rifacimenti
(le robinsonnades) del Robinson Crusoe di John Fielding. Pubblicato
in Inghilterra nel 1721, il romanzo penetrò immediatamente
in Germania attraverso numerose traduzioni.
Cosa rendeva tanto appetibile la storia narrata da Fielding?
Robinson Crusoe è la storia di un borghese; esso sembra
preludere il mito, caro alla nascente borghesia imprenditoriale,
dell'uomo che si fa da sé. Le numerose robinsonnaden
tedesche sembrano rappresentare il desiderio di avere un Robinson
proprio per ognuna delle regioni dell'Impero.
Il romanzo è un mezzo che conosce una enorme diffusione.
Inizialmente fu messo all'indice come “deviante”
(probabilmente per il fatto che, prima dell'età dei
Lumi, il genere si era specializzato per lo più come
romanzo erotico o galante).
Il pubblico del romanzo, tra la fine del XVII e l'inizio del
XVIII secolo, era per lo più un pubblico femminile;
il genere era considerato letteratura d'intrattenimento.
Per questa ragione sia l'Illuminismo che il pietismo si opposero,
il Germania, a questo tipo di opera letteraria.
Gli anni '70 rappresentarono un'inversione di tendenza.
L'Agathon di Wieland fu un romanzo di estrema erudizione,
in anticipo sui tempi (fatto che ne decretò lo scarso
successo di pubblico). Tuttavia, esso riabilitò, agli
occhi della critica, il genere.
Il romanzo tedesco nasceva già maturo; non ci fu mai,
in terra tedesca, una gestazione del genere.
L'Agathon lo nobilitò e gli conferì il diritto
di essere inserito nella letteratura alta, avendo dimostrato
la possibilità, per questo genere ritenuto deprecabile,
di essere colto e di trattare argomenti profondi. In esso
convivono elementi tipicamente secenteschi (il sogno e la
fantasia) e metamorfosi della classicità, elemento,
quest'ultimo, che coinvolge la produzione letteraria nel più
ampio dibattito sull'imitazione degli antichi inaugurato dal
Winckelmann.
Nel panorama della critica letteraria contemporanea G. Lukacs,
T. Adorno e W. Benjamin si sono interessati al romanzo.
Secondo l'opinione di Lukacs, la forma del romanzo è
come nessun'altra espressione della mancanza trascendentale
di una copertura; la soluzione du una fondamentale dissonanza
dell'esistenza.
Adorno, invece, definisce il romanzo come “un'epopea
negativa, più atto ad esprimere la negatività
del positivo”.
Sono fondamentali in questo senso i concetti di noia e ripugnanza,
già presenti nel Werther di Goethe, figurazione letteraria
dell'eroe moderno.
Questi, secondo W. Benjamin, non ha via, è un essere
che si frantuma. Quello che sembra mancargli sono delle caratteristiche
che possano essergli peculiari e definirlo dal punto di vista
identitario.
Werther, incarnazione dell'eroe moderno, forza la componente
edonistica del XVIII secolo, portandola alle sue estreme conseguenze,
in una sorta di necessità di godimento cannibalesca.
Convergono in questo eroe il libertino e la figura di Don
Giovanni. Nella sua ricerca spasmodica del piacere, l'eroe
goethiano è però condannato alla perenne insoddisfazione:
qualsiasi godimento gli viene a noia.
Marilina
Gianico